Daichi doveva ammettere che, quella cittadina era proprio carina. Con tutti quei palazzoni antichi, con i mattoni a vista e i grandi portoni. Spesso erano accostati, e si potevano scorgere le casalinghe indaffarate nelle faccende domestiche, mentre probabilmente qualcosa stava bollendo in pentola, visto -o meglio odorato- il buon odore che si riversava in strada, insieme ai gruppi di bambini allegri che giocavano a nascondino tra le strade. Uscivano da ogni dove, sembravano conoscere qualsiasi scorciatoia e nascondiglio esistente tra quelle vie, e probabilmente era così. Si vedeva che erano nati e cresciuti lì.
«Ma quante cose ti sei portato?» domandò Koshi affaticato, dopo aver, per l'ennesima volta, scambiato la mano con cui stava tenendo l'enorme valigia di Daichi, presa in precedenza, per aiutare il nuovo arrivato. Si pentii quasi subito di aver preso il trolley più grande, visto il peso, e le fessure che si creavano tra un sampietrino e l'altro, dove le ruote della valigia si incastravano ogni tre per due. Suga mentalmente, stava maledicendo se stesso, e i suoi avi che avevano avuto la brillante idea di ricoprire le strade di pietre.
«mi trasferisco qui, quindi dovevo portarmi un po' più cose, rispetto ad un semplice viaggio. Poi, nelle valigie c'è lo stretto indispensabile. Un po' di vestiti, qualche paio di scarpe, oggetti personali... Cose così» rispose quello che ormai Koshi aveva appreso si chiamasse Sawamura Daichi. Un ventiduenne giapponese, con corti capelli bruni, leggermente più alto di lui. Indossava un paio di jeans, una semplice maglia a miche corte, che faceva risaltare la pelle color miele, e una felpa aperta sul davanti, di colore nero. Aveva tirato su le maniche fino al gomito, quindi si potevano ammirare i suoi avambracci, e le mani, con le vene ben evidenti.
Si scambiarono alcuni sorrisi e occhiate, entrambi leggermente in imbarazzo, per colpa della loro timidezza, finché Suga non esordì con: «allora Daichi, benvenuto nella tua nuova casa» indicando un portone che probabilmente, in precedenza era stato rosso acceso, ma che col tempo, e gli agenti atmosferici, si era scrostato, proprio come le persiane che sbarravano le finestre, facendo sembrare l'edificio, abbandonato -cosa che effettivamente era, ma se non ci fosse stato il colore scolorito della porta, non sarebbe stata una cosa poi così ovvia al prima occhiata. Era un palazzo molto bello, a tre piani. Il terzo, o quarto dall'inizio di una via, anch'essa molto stratta, come tutte le altre strade in quel paese d'altronde.
«Bene, quindi, ci salutiamo. Siamo entrambi arrivati. Questa è casa mia» ruppe il silenzio Koshi, riferendosi all'abitazione opposta a quella nuova del giapponese. «Quando ti serva una mano, mi trovi qui. Se hai bisogno, abito all'ultimo piano» continuò il più piccolo con un largo sorriso sul volto. Sorriso che venne immediatamente ricambiato.
«Bene, allora ci si vede in giro Suga. E grazie mille per avermi aiutato»
«Di nulla Daichi. Come si dice in questi casi? Buona... Fortuna per la tua nuova vita?»
«Credo di sì» Una piccola risata sfuggì dalle labbra del più alto, che trovava il ragazzo davanti a se, tremendamente dolce e carino. «Ciao Suga, buon pranzo».Detto questo, i due, si separarono, per recarsi nelle proprie case. Avrebbero voluto entrambi parlare un po' di più, ma uno doveva pensare a come poter fare per sistemare la sua nuova casa, mentre l'altro, aveva già un idea su come poter avere un'altra conversazione con il suo nuovo amico.
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Pᴀᴘᴀᴠᴇʀɪ ɴᴇʟ ɢʀᴀɴᴏ [daisuga]
FanfictionDaichi parte. Si trasferisce in Italia, nella cittadina natale di sua nonna, portato dal vento, e dal voler scappare dalla sua famiglia, che non l'aveva mai amato. Così, si ritroverà a vivere, proprio come un papavero trasporto dal vento in un campo...