02; mucchio di polvere

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Nota
Quando il testo è spesso (spesso), stanno parlando in giapponese. Quando invece il testo è in corsivo (corsivo), stanno parlando in italiano. Buona lettura

Dopo vari tentativi, Daichi riuscì ad aprire il portone, ed entrare nella sua nuova dimora. Appena mise piede dentro l'edificio, un odore pungente e molto forte arrivò alle narici del ragazzo, che iniziò a tossire, per colpa di tutta la polvere presente nell'aria, e di quella puzza, che gli aveva invaso i polmoni. Un misto tra odore di chiuso, muffa ed escrementi. Se dovesse pensare ad un odore riconducibile alla morte, probabilmente avrebbe scelto proprio quello lì. Si prospettava una lunghissima giornata di pulizie, per sua fortuna aveva dormito sia in aereo, che in treno.

Uscì di corsa dalla casa, per prendere una boccata d'aria. Per Daichi quella era sembrata la cosa più bella che avesse mai fatto, e l'aria più buona che avesse mai respirato. Dopo alcuni minuti, decise di rientrare, sperando che la situazione fosse migliorata un po' avendo lasciato la porta aperta, ma per precauzione, sfilò dallo zaino, una delle mascherine che si era portato dietro dal Giappone, anche se sapeva che in occidente, non venivano utilizzate più di tanto. Se la mise, e rientrò nel palazzo.

La prima cosa che fece, fu aprire più finestre possibili, facendo circolare l'aria, e fare entrare della luce, per capire quale fosse lo stato della casa. Tra i raggi del sole, la polvere volava, e tutta la stanza -che Daichi intuì fosse stato il salotto-, venne illuminata rivelando scheletri di insetti, palline nere sparse per la stanza, che avevano tutta l'aria di essere escrementi di topo. Nonostante i conati di vomito, decise di continuare il tour, in quella casa degli orrori.

Dopo aver capito, che al pianoterra, c'erano solo il salotto, la cucina ed uno sgabuzzino, che ebbe paura di esplorare, salì al primo piano. Si ritrovò di nuovo al buio, dato che non c'erano finestre aperte, o luci accese, quindi rinizió la missione "aprire più finestre possibili, senza essere attaccato dagli insetti che hanno fatto il nido tra le persiane". Ormai era guerra aperta, tra Daichi e le cimici.

Il giapponese, esplorò quello che, ormai, aveva capito essere il piano delle camere da letto, dato, che nelle due stanze che precedentemente, aveva visitato, c'erano un letto matrimoniale e due singoli. Se tutto fosse andato bene, Daichi avrebbe potuto utilizzare uno di quelli per dormire quella notte, anche se un letto con un materasso, e non solo doghe, sarebbe stato più comodo, ma capì, che c'era bisogno di essere un po' più "elastici", e non focalizzarsi sulle piccolezze, se voleva vivere in quella casa, sarebbe uscito presto di testa sennò.

Quando Daichi si ritrovò davanti l'ultima porta di quel piano, sperò con tutto se stesso, che quella stanza, non fosse ridotta come il bagno che aveva appena visto. Al sol pensiero, la sua colazione voleva tornare al mondo esterno, precisamente sul pavimento davanti a lui. Ma quello che si ritrovò davanti, lo meravigliò: un antico pianoforte a muro. Si mosse quasi con timore verso di questo, come se, se avesse fatto troppo rumore, lo strumento sarebbe scappato. Quando le dita del ragazzo, toccarono la superficie legnosa del pianoforte, il cuore di Daichi perse alcuni battiti. Quello, era il piano di cui sua nonna tanto gli aveva parlato, dove aveva imparato a suonare, per poi insegnarlo al suo nipotino, che fece della musica, il suo rifugio, il suo modo di sfogarsi. Perché quando era arrabbiato, o triste, a Daichi bastava poggiare le mani sopra i tasti neri e  avorio, per sgombrare la mente; sapere che avrebbe potuto continuare a farlo lo rendeva felicissimo. Sapere a chi era appartenuto quel pianoforte, lo rese come un bambino di otto anni, che a Natale dopo aver scartato l'ennesimo regalo contenente vestiti, trova un giocattolo.

Si mise seduto davanti allo strumento, per poi poggiare le mani sopra di esso, iniziò a far abbassare i tasti al passaggio delle sue dita, che cercavano di riprodurre un pezzo che aveva imparato un po' di tempo prima, ma all'ennesima nota stonata, lasciò perdere, e decise di avventurarsi nel ultimo piano, aggiungendo "far accordare il pianoforte" alla lista delle cose da fare.

Pᴀᴘᴀᴠᴇʀɪ ɴᴇʟ ɢʀᴀɴᴏ [daisuga]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora