5. La zona del pentimento

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I cavalli non parlano. I cavalli non uccidono i propri genitori. E se quella bestia fosse stata posseduta da un demone? I demoni sono entità strane, che vengono da una grande città sotterranea... sono praticamente vicini di casa dei nani, ma hanno poco da spartire con loro. Se i nani sono piccole creature burbere, ma con un gran senso dell'ospitalità e la fissa per costruire cose belle, i demoni sono invece quasi sempre falsamente cordiali, mangiano i propri ospiti (o entrano nei loro corpi per impadronirsene) e hanno la fissa di distruggere le cose belle.

L'idea di stare cavalcando un demone mi faceva venire i brividi alle gambe. Ero già spaventata e triste, perciò il mio umore non cambiò.

Proseguimmo per ancora un paio di chilometri, poi la cavalla si fermò e sbuffò

«Sono stanca. Scendi. Ci fermiamo un attimo».

Ormai la taverna non si vedeva più, anche il fumo era sparito oltre l'orizzonte e la linea degli alberi in fiore. Scesi di sella goffamente: non ero abituata a salire su animali così grandi.

«Come ti chiami?» Domandai «Non so ancora il tuo nome...»

«Ed è meglio così» rispose lei, avviandosi a lato di strada «Ti metterebbe solo nei guai»

«Il tuo nome?»

«È un nome famoso».

Ma erano tutti famosi e pericolosi? Il suo padrone, lei, anche il tizio che aveva dato fuoco alla mia casa... sembrava proprio che fossi stata incastrata nel mezzo di una specie di guerra occulta.

«E io che faccio?» Domandai «Ora posso...»

«Non puoi tornare indietro!» nitrì lei, irritata «Vieni con me. Andiamo a cercare dell'acqua e del cibo. Ho una fame tremenda»

«Prima, però, non hai accettato da mangiare. Cioè, hai preso solo dei pomi nottebrilli»

«Non mangio le schifezze da cavalli» rispose lei.

Demone. Demone, era sicuramente un demone. Risi nervosamente.

«Che cosa c'è da ridere?» La cavalla-demone mi guardò con la coda dell'occhio, le orecchie rigidamente in avanti

«Niente. Niente» mi affrettai a dire «Sono solo isterica»

«Alla tua età non ero isterica».

Probabilmente lei aveva la mia età adesso, a giudicare dal suo aspetto. Sembrava proprio una cavalla di sedici anni, a guardarla. Cioè, in realtà sembrava uno stallone pazzo demoniaco e gigante di sedici anni, non una cavalla, ma in quella situazione mi parvero solo dettagli.

Camminammo solo per altri cinquecento metri prima di scorgere un torrente ben consistente. La cavalla bevve avidamente e anch'io mi chinai sull'acqua per prenderne un po' fra le mani e portarla alla bocca. Mi sentii immediatamente rinfrancata dalla freschezza sulla mia povera gola riarsa e scorticata.

Alzai lo sguardo. Sembrava di essere in un piccolo paradiso: alberi di pomi nottebrilli selvatici, con frutti un po' più piccoli e leggermente meno brillanti di quelli coltivati, svettavano contorti sul prato costellato di fiori e vibrante del ronzio di centinaia di api, bombi, calabroni e coleotteri impollinatori. L'aria aveva l'odore di una profumeria, anzi, meglio di quello di una profumeria perché non c'erano le note alcoliche.

Ci trovavamo nella cosiddetta "zona del ristoro", la parte centrale della Strada Azzurra, lunga più o meno sette chilometri, dove i viaggiatori si fermavano per riposarsi e nutrirsi. Più avanti, lo avevo sentito ripetere centinaia di volte, la zona del ristoro terminava bruscamente e si trasformava nella zona del pentimento, lunga una decina di chilometri, così chiamata perché di solito i viaggiatori si pentivano di avere iniziato il viaggio mentre la attraversavano.

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