7. Il guardiano Oronzo e lo strano ospite

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Oronzo mi osservava immobile, con le mani intrecciate di fronte a sé, con lo sguardo serafico e infuso di divino come un cherubino magro. Attendeva la mia prossima mossa senza contrarre un muscolo, cosa che mi metteva addosso un certo disagio.

«Io... certo, non voglio svegliare la principessa» Assicurai, e per qualche ragione il mio tono risuonò perplesso alle mie stesse orecchie.

«Lo giuri?»

«Lo giuro, sì»

«E non lo farai, giusto?»

«Ho... appena detto che non lo voglio fare»

«Per favore, assicurami che non lo farai comunque» disse lui. Il suo tono suonava un po' più paziente e si chinò appena verso di me nel pronunciare quelle parole.

«Va... bene» Annuii e alzai i palmi verso di lui con le dita ben distese per vedere che non stavo incrociando le dita né alzando solo pollice ed anulare insieme. Era un'impresa difficile ad un essere umano, conosciuta come Dita Storte dello Spergiuro, ma che, se riuscita, garantiva l'immunità da quasi qualunque giuramento «Non sono venuta qui a liberare la principessa, non lo voglio fare e non lo farò, gliel'assicuro».

Oronzo cambiò atteggiamento. Tornò a sorridermi e, anche se dissimulava parzialmente il sollievo, c'era un che nel suo atteggiamento che faceva sembrare si fosse tolto dalla schiena un peso fisico.

«Immagino tu ti voglia ricongiungere alla tua cavalla, vero?».

La risposta tardò un poco a venire, perché ero tutt'altro che sicura riguardo al volermi ricongiungere con un demone schizzinoso che aveva ucciso i propri genitori.

Mi guardai attorno, come se gli alberi spogli avessero potuto suggerirmi la cosa migliore da fare. La giumenta di Undertaker non si presentava come una persona... un animale... una creatura insomma, troppo affidabile. D'altronde ero sola nella Zona del Pentimento e sembrava quantomeno avventato partire senza nessuna preparazione. La cavalla mi aveva salvato dall'esplosione e, anche se non potevo escludere che lei stessa fosse un pericolo, c'era anche la minaccia aleggiante e indefinita di quello, come l'aveva chiamato (o meglio, come si era rifiutata di chiamarlo) la giumenta.

«Sì, immagino di sì. Grazie».

Di sicuro mi sarei pentita anche di questo.

Mi stavo già pentendo.

«Io non potrò trattenermi molto a lungo, ma non sarai sola» Mi rassicurò Oronzo, iniziando ad incamminarsi a passi eleganti. Lo seguii, chiedendomi cosa ci fosse da fare in una zona spoglia come quella.

In effetti, ora che ci pensavo, davvero viveva lì? A chi sarebbe venuto in mente di fermarsi in un posto tanto inospitale?

«Ah, sì? Intendi, oltre alla mia cavalla?» Chiesi, inciampando con uno sbuffo su una radice affiorante, ma riuscii a non cadere

«Sì. C'è un... viandante» Ripetè Oronzo, distogliendo lo sguardo, irritato.

Lo feci a mia volta di riflesso, ma capii di non essere stata io a dargli fastidio. «Un viandante?» ripetei

«Uno dei giovani venuto qui a tentare la sorte per cercare di avere la mano della principessa. Per fortuna sono riuscito a raggiungerlo in tempo e convincerlo a fermarsi a prendere ristoro, ma vorrà ripartire presto»

«E... sei riuscito a convincerlo a lasciar stare la principessa?»

«No» sospirò lui «Sembra davvero fermo nel suo proposito, anche se non penso possa farcela davvero. Ma non so più come convincerlo».

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