8. Un amico morto

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Tuttavia, io non volevo cedere alla stessa maleducazione.

«Ciao, io sono Belarda» Dissi, presentandomi «Posso stringerti la mano, o nella tua cultura è considerato scortese?».

Il giovane mi guardò e non batté neppure le palpebre, ma i muscoli della sua faccia si irrigidirono e strinse chiaramente i denti.

«Sta soffrendo?» Chiesi ad Oronzo, colpita da quella strana reazione

«Non... non lo so» ammise il guardiano, sorpreso «Ragazzo? Ragazzo? Stai soffrendo?».

Il giovane pallido si alzò in piedi di scatto e scappò fuori dalla stanza con una velocità che non avrei mai potuto immaginare... e che probabilmente non state riuscendo a visualizzare nemmeno voi. Provate a vedere con l'occhio della mente la corsa dell'uomo più rapido che riuscite a immaginare, un corridore velocista che ha polverizzato tutti i record del mondo. Fatto? Ecco, adesso immaginate che quel ragazzo pallido e spettinato sia molto, ma molto più veloce di lui, così tanto in effetti che potreste perdervi i suoi movimenti con un battito delle palpebre. Spaventoso, vero?

Rimasi come paralizzata: non avevo mai visto nessuno scattare così velocemente, eppure avevo incontrato decine e decine di non-umani nei miei sedici anni!

«È veloce» Commentai, sottovoce.

Oronzo scosse la testa, ma non capii bene perché. Voglio dire, non poteva certo negare che il ragazzo fosse più rapido di un cavallo con le chiappe in fiamme! Forse non mi aveva sentito bene, o magari era solo pieno di disappunto per il comportamento rude del fuggitivo.

Mangiai un dolce. Che fame che avevo! Che me ne importava quindi di ragazzi superveloci che scappano? A nessuno sarebbe importato, con quel cibo davanti.

Mangiai e bevvi, senza riuscire a resistere all'impulso di chiudere gli occhi di quando in quando, immaginando di essere a casa mia. I sapori erano troppo familiari, sembrava la cucina di Aria... potevo quasi figurarmela, in piedi accanto a me, con in mano un mattarello, che mi guardava come se fossi una povera bifolca di una razza inferiore, e che ci crediate o no era un ricordo più che ben accetto. La maggior parte degli elfi non ne possono fare a meno, ti guardano così anche se ti vogliono bene.

Immaginai di essere a tavola con papà, ma dovetti smettere all'improvviso perché sentii le lacrime che si accumulavano troppo rapidamente agli angoli delle palpebre. Deglutii un boccone e un singhiozzo e nascosi nel fondo del mio cervello quei pensieri: dovevo trovare un modo per tornare a casa, adesso, non mettermi a piangere.

«Ti sta piacendo?» Domandò Oronzo, con delicatezza, nascondendosi le mani dietro la schiena

«Certamente. È tutto buonissimo, grazie».

Non riuscivo a dire di più. Non conoscevo quell'uomo e provavo una punta d'imbarazzo: di solito ero io ad accogliere gli ospiti, non ad essere accolta.

«Riguardo a quel ragazzo...» Continuò il guardiano «Non so perché sia fuggito, ma probabilmente adesso è troppo lontano per fermarlo, non credi?»
«Credo... credo di sì...»

«Ma così non puoi convincerlo a non svegliare la principessa»

«Lo so. L'ho notato» deglutii «Ma cosa ci posso fare?».

Oronzo sospirò. Aveva chiaramente riposto un po' di speranza in me, nelle mie capacità di convincere quel ragazzo a non fare sciocchezze, ma sapeva che non era colpa mia se quello era scappato.

«Ti porto dalla tua cavalla» Mi disse, quando finii di mangiare «Così vedrai che sta bene»

«Grazie».

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 24, 2019 ⏰

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