XIII

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Michelle's P.O.V
Mi svegliai di soprassalto sentendo la suoneria del mio telefono.
"è lei la signorina Smith?" chiese una voce a me sconosciuta "si, sono io, chi parla?" risposi "siamo il 911, sua madre si trova in ospedale in coma etilico " il mondo si fermò.
Sapevo che beveva troppo ma le volevo bene, era la donna che mi aveva cresciuta, forse non era riuscita a proteggermi ma mi amava. "in che ospedale? " chiesi io senza perdere tempo "Bellevue hospital center, Manhattan, terapia intensiva" rispose l'uomo "arrivo subito" dissi senza giri di parole.
Decisi che svegliare Tom non sarebbe stata un'ottima idea, quindi indossai i primi vestiti che trovai, chiamai un taxy e corsi in ospedale. Erano circa le due di notte, fortunatamente le strade erano praticamente vuote quindi non ci misi tanto.
Arrivai all'entrata e chiesi informazioni all'infermiera che faceva il turno di notte.
Corsi per tutto l'ospedale alla ricerca della stanza dove era ricoverata mia madre.
La trovai.
La stanza 157.
Ci entrai, ed improvvisamente desiderai di avere Tom al mio fianco.
Nella sala si trovavano due persone.
Mia madre in coma e il mio patrigno.
"dove sei stata puttanella in questi giorni eh? È tutta colpa tua se tua madre si trova qui." disse ghignando
"ora ti toccherà una bella punizione per essertene andata" disse lui prendendomi il braccio. Ero sotto shock, stavo realizzando che era veramente colpa mia. Se non me ne fossi andata avrei potuto evitare che arrivasse a questi livelli.
"ora andiamo a casa, tua madre per un po' non si sveglierà quindi sarò io a prendermi cura di te" mi strattonò e mi fece uscire. Avevo lo sguardo perso, non parlavo, non facevo resistenza, ero distrutta.
Uscendo dalla clinica, Frank mi chiese dove erano tutte le mie cose. Tacqui.
Mi arrivò uno schiaffo in pieno volto.
Una lacrima dopo l'altra iniziarono a sgorgare dai miei occhi. Niente singhiozzi, solo lacrime a vuoto.
Tom's P.O.V
Mi girai nel letto per baciare la mia bambolina, erano le tre di notte.
Mi voltai, nessuno.
Andai nel bagno, nessuno.
Nella camera degli ospiti, nessuno.
Nel salotto, nessuno.
Controllai se i suoi vestiti fossero ancora li. Si, erano lì, intatti ed ordinati.
Iniziai ad andare nel panico. Composi il suo numero di telefono una ventina di volte senza alcuna risposta.
Maree di messaggi inviati ma non letti.
Niente.
Mi sedetti sul divano, sperando che a momenti entrasse. Rimasi lì minuti, ore, nessuno.
Alle quattro un'amica di vecchia data mi chiamò "hey Tom, hai presente Frank? L'uomo che ti aveva dato seri problemi l'anno scorso? Ecco. Due ore fa l'ho visto in ospedale. Volevo avvisarti prima ma non eri online..."
Non mi interessava assolutamente niente di quell'uomo, poteva fare quello che voleva, avevo altro a cui pensare "senti Jane, Frank può fare quello che vuole, in questo momento ho cose molto più importanti a cui pensare" risposi freddo. "Tom non mi hai fatto finire, ti ricordi quando ti consigliai il negozio dove trovare l'abito per la tua ragazza? Tu mi mostrasti la sua foto..." le dissi di continuare "ecco, oggi ho visto una ragazza simile entrare nel ricovero di sua madre, e poi venire trascinata via e picchiata da Frank, non so se possa essere lei..." in quel momento mi irrigidii "cosa sai di sua madre?" chiesi tutto d'un fiato "niente, mi sono occupata del suo caso in rianimazione, abita nel South Bronx, ha avuto un coma etilico due ore fa e ho fatto chiamare sua figlia da un collega per informarla". "ah, grazie mille Jane per le informazioni, ci sentiamo" dissi io fingendo il menefreghismo più totale.
Quel bastardo.
Michelle's P.O.V
"DOVE SEI STATA!?" mi urlò contro lui. Non dissi niente.
Uno schiaffo.
Una lacrima in più.
"ora che non c'è più la tua mammina qua ci si diverte"

~la mattina seguente~
Frank era tornato all'ospedale per controllare la data in cui mia mamma sarebbe stata dimessa. Aveva chiuso a chiave le finestre e mi aveva chiusa nella mia stanza.
I ricordi della notte precedente erano offuscati, ricordo la splendida serata con Tom che si trasformò in un inferno con Frank.
Tom.
Chissà che cosa avrebbe passato.
Il mio Tom.

Cercai di alzarmi da quel letto, ma invano. Le poche forze che avevo non bastavano.
Cercai di aggrapparmi alla sedia e ci riuscii.
Mi guardai nello specchio attaccato all'armadio.
Il labbro inferiore spaccato il volto coperto di lividi.
Mi spogliai.
Vidi gli stampi rossi delle sue dita sulla mia schiena, sul mio petto.
Iniziarono a scendere altre lacrime vuote.
Mi sentivo sporca.
Mi infilai sotto le coperte e recuperai le ore di sonno perse quella notte.
Volevo tornare a casa.

Suddenly Togheter ~//^Tom Felton ^//~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora