"Jimin-ah, ciao.
È passato così tanto tempo dall'ultima volta che ti ho scritto, non pensi anche tu?
Ero seduto proprio a questa scrivania, e tu eri da poco andato via. Da tutti, tranne che dal mio cuore.
Così come all'ora, ho sempre custodito il ricordo di te, così come volevi e così come giusto che fosse. E così come una stella dopo la sua morte, che continua a brillare, ad emanare luce nonostante non esista più, tu, allo stesso modo, sei riuscito ad illuminare il mondo di molti, il mio compreso.
Se penso al passato, non posso fare altro che vergognarmi.
Ero un ragazzino così stupido, che non era neanche in grado di badare a se stesso e che pensava di essere talmente forte da riuscire a prendersi cura di qualcun altro, finendo solamente con il distruggere entrambi.
E ti chiedo perdono per essere stato un tale stolto.
Bang Si-hyuk è stato arrestato dopo due anni dalla tua morte, sai? Sono successe così tante cose, che non so neanche da dove cominciare a raccontartele. Un po' come quando da bambini parlavamo intere ore, senza mai stancarci. Però, in quegli anni, eravamo felici.
Ho così tanti ricordi offuscati di quei giorni, di quei giorni dopo il debutto, che fossero felici o demoralizzanti, semplici od ardui.
Forse è perché non voglio ricordarli, forse è perché sono stanco di tutto ciò, del loro peso.
Però me lo ricordo, mi ricordo di come le sue mani scivolarono su di me quando lesse per sbaglio la mia lettera, che non ti è mai arrivata perché, ridendo e prendendosi gioco di me, la strappò davanti ai miei occhi. In mille pezzi.
Se solo non fossi stato così codardo e ti avessi confessato i miei sentimenti a voce, probabilmente le cose sarebbero andate in modo diverso.
Mi aveva detto che ti avrebbe fatto del male se non fossi stato alle sue regole, se avessi provato a denunciarlo, ma come uno stupido, non gli credetti.
E tu stesti male.
Il medico diceva che fosse intossicazione.
E poi ancora.
Ed hai quasi rischiato di non poter più ballare.
Ed ancora.
Sei stato quasi investito.
E lì ho ceduto, sai... Non riuscivo più a reggere il peso del vederti in lacrime, a pezzi, tutto a causa mia.
E ne ha approfittato, in tutto, in qualsiasi momento, fregandosene di come potessi sentirmi, di come potessi stare fisicamente. No. A lui importava avermi e scaricare tutta la sua rabbia, tutto il suo stress, la sua ossessione, le sue perversioni.
Voleva un giocattolo e l'aveva trovato, perché l'aveva capito quanto io ci tenessi a te.
E quanto sono stato stupido a non avere mai fatto nulla, a non aver mai reagito, mai parlato con qualcuno.
E poi mia madre.
Mia madre che sapeva tutto.
Questo l'ho scoperto solo in tribunale, sai? Ridicolo... Non capivo perché mia madre fosse stata accusata assieme a lui. Entrambi malati, entrambi corrotti.
Mi ha mandato da uno psichiatra, e l'ha pagato purché mi facesse credere di essere malato. Mi ha prescritto pillole, facendomi intossicare.
Tutto questo perché lei ne traeva profitto.
Ha preferito dei soldi a suo figlio, con delle scuse così assurde.
Non capisco come io abbia fatto a credere alle sue parole, come non mi fossi accorto di quanto la questione fosse molto più grande.
Però poi... sei arrivato di nuovo tu, che neanche conoscendo la situazione, sei riuscito a capovolgerla, sacrificandoti.
Non sapevi nulla, ma ti sei lasciato guidare dai sentimenti, mi hai letteralmente donato il tuo cuore.
Perché come se il destino avesse voluto prendersi gioco di me, il mio cuore stava cedendo, e poi l'incidente stradale.
Quello è stato il nostro ultimo momento assieme, e non ricordo oramai più la sensazione delle tue braccia che mi stringevano, accompagnate da un pianto disperato, il tuo. Forse è stato in quel momento che il destino ha deciso di darmi tregua, decidendo di prendere te al mio posto. E quanto l'ho odiato. E tuttora l'odio. Avrebbe dovuto prendere me. Solo ed esclusivamente me.
Forse non siamo mai stati destinati a stare insieme, neanche semplicemente l'uno accanto all'altro.
Un po' come il fuoco ed il ghiaccio, o il sole e la luna.
Però dentro di me cresce ancora quel sentimento forte, che solo a ricordare il tuo viso, il mio cuore impazzisce, nonostante io abbia adesso ottantacinque anni.
Sono passati ben sessanta anni ed ancora mi manchi.
Ho versato ogni lacrima del mio corpo, ed anche adesso che sento le mie forze scivolare via, che continuo a scrivere questa lettera per te, probabilmente nelle mie ultime ore, davanti alla tua tomba, non posso fare a meno di chiederti di aspettarmi.
Aspettami, per favore, perché la mia anima è ancora fragile anche al sol pronunciare il tuo nome.
Ho deciso di terminare la mia lettera qui, perché mi sento più vicino a te, sento come se tu fossi accanto a me, come se non te ne fossi mai andato.
Non c'è stato un singolo giorno in cui non sono venuto da te, in cui non ti ho portato dei nuovi fiori, tanto da essere rimproverato per la quantità eccessiva.
Mi dispiace per gli altri ragazzi, è da anni che ho perso con loro i rapporti. È stata tutta colpa mia.
Prima di terminare questa lettera, vorrei chiederti ancora una volta scusa, Jimin.
Ho cercato di mantenere la testa alta come hai sempre voluto che facessi, ho cercato di dare il meglio di me, nonostante tutti gli sbagli che ho commesso.
E spero di averti reso fiero di me, nonostante tutto il dolore che hai dovuto sopportare a causa mia.
Ti amo,
ti amo più che mai, Park Jimin.
Per favore, questa sera sdraiati accanto a me, e portami a casa con te.
Perché vorrei solo chiudere questi occhi oramai stanchi e vecchi,
e far tornare le nostre anime, divise ed incomplete,
ad esserne una sola."The end.
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ʜᴜʀᴛɪɴɢ ʏᴏᴜ; ᴠᴍɪɴ [√]
General FictionDove Taehyung, involontariamente, finisce col leggere i bigliettini di Jimin ed inizia anch'egli a scrivergli. Sequel di "it hurts".