Daphne stringeva nel pugno il ciondolo che portava al collo, una moneta romana, mentre Victor si sedeva nella poltrona di fronte alla sua con due tazze fumanti. Le poggiò sul rotondo tavolo in mogano, in un angolo dell'enorme salone ricolmo di divani.
«Scusa se ti ho fatto aspettare. Quanto tempo è passato, eri proprio giovane. Quanti anni hai adesso, ventinove? Giusto. Così giovane, senza tuo padre. Spiegami meglio. Che significa trovato? Sta bene?».
La ragazza si fece in avanti con la schiena. I suoi occhi su quelli perplessi dell'uomo, un po' vitrei e spenti sotto le scompigliate sopracciglia grigie.
«In realtà non l'ho trovato, non fisicamente almeno, ma ci ho parlato al telefono. Niente di più».
«È stato lui a chiamarti? - Victor aprì una bustina e lasciò annegare lo zucchero - Non è che magari, che ne so, si tratta di qualcuno che si sta spacciando per lui? Si sa cosa accade spesso in questi casi».
«No, sono stata io a chiamarlo, non ci sono dubbi sul fatto che sia lui, ma non vuole dirmi dove si trova. Pare abbia paura di qualcosa, forse è solo confuso».
Daphne assaggiò il suo caffè amaro, Victor girò il cucchiaino come se assieme allo zucchero stesse cercando di scogliere chissà quale agglomerato di pensieri. Corrugò la fronte e la stropicciò con le dita prima di parlare.
«Già... Ma come sei arrivata a lui? Non ho capito».
Daphne frugò in borsa e tirò fuori una busta da cui estrasse delle foto.
«Non abbiamo saputo più nulla di lui, mai nessuna idea in tutti questi anni, e allora mi sono messa alla ricerca dei luoghi che ha fotografato. Queste istantanee erano in uno dei cassetti della sua scrivania. Insegne di hotel e ristoranti, paesaggi, strade, monumenti, persone... Un giorno sentii parlare di uno strano uomo, era una voce che arrivava da lontano. Ne cercai l'origine per molto tempo e arrivai a una donna che diceva di aver incontrato un uomo, nel paese dove lei va spesso con la famiglia, che continuava a parlare delle montagne: tutti i giorni fissava una piramide sperando di trovare dei monti al suo posto, e lo raccontava a chiunque. Non poteva che essere mio padre, io non avevo dubbi».
Victor non proferì parola, sembrava più giovane della sua età, con i capelli mossi e folti, ben pettinati all'indietro se pur ingrigiti. Ma da vicino le rughe testimoniavano tutti i suoi anni e una grande stanchezza.
«E ti ha detto dove l'ha incontrato?».
«In un locale dove mio padre si recherebbe a volte per mangiare, ma non so dove, non ha voluto dirmelo. Anche se sospetto sia in Ecuador, nelle zone del vostro ultimo viaggio. Ci ho provato in tutti i modi, ma niente. Mi ha detto però che sarebbe tornata da lui e lo avrebbe convinto a chiamarmi. Ho aspettato, aspettato, ho aspettato per mesi. Quasi non mi muovevo da casa. E finalmente una settimana fa mio padre ha chiamato. Era così contento, sai? Si è scusato di non averlo fatto prima, ha detto di aver pensato a me e mia madre tutti i giorni ma non poteva farsi sentire, per il nostro bene».
«E non ti ha detto niente altro?».
«No, proprio nulla. Sono qui da te perché pensavo fossi l'unico in grado di portarmi da lui».
«Io? E perché mai? - Victor scosse la testa - Non so Daphne, mi pare assurda questa storia».
«Lo capisco, ma forse si trova nei luoghi dell'ultimo viaggio, non so perché ho questa sensazione... Una piramide nella foresta, stava cercando di tornare lì. Solo tu puoi sapere dove si trova».
Daphne accarezzò la tazza. Il tepore del caffè risalì le sue guance e il ciondolo tintinnò sulla ceramica.
«Che bella la tua collana... Tuo padre ne aveva una uguale. - commentò Victor - Non so cosa dirti, ma sì - bevve un sorso e strinse le labbra con lo sguardo puntato sulle foto - Sì, proviamo».
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Dov'è andata a finire la piramide?
Misterio / SuspensoAdam Lessard viene descritto da tutti come eccentrico, gran bevitore, e negli ultimi mesi prima della scomparsa assume comportamenti strani e ripetitivi. Continua a dire che deve cercare una piramide e che lì deve tornare. Una notte, nel 1972, se ne...