𝟔.

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se tu sei dueditram, io cosa sono?

Non la sentivo da quattro giorni, e dopo ore passate a tormentarmi finalmente avevo trovato il coraggio di scriverle.
Rispose quasi subito, come se non se ne fosse mai andata.

dueditram:
ragazza-del-pedalò

Sorrisi, ricordandomi del nostro primo incontro, della sua figura che raccoglieva conchiglie, nata dal mare.

davvero?

dueditram:
marmellatadipesche.

E subito dopo:

dueditram:
dipende. tu cosa vuoi essere?

Non risposi per qualche minuto, buttata sul letto a guardare il soffitto.
Cosa volevo essere, per Marina?
La sua scintilla, ciò che aveva acceso,  materia buia, corpo che aveva animato con il suo sorriso, il principio della sua creazione, come quando avevamo guardato le barche al porto?

non lo so.

E non lo sapevo per davvero.
Lo sapeva lei, lei sì: lo sapeva, cos'ero.
Io no.

dueditram:
vuoi essere la ragazza che mi incontra oggi nella solita spiaggia alle quattro?

Sospirai.
Mi avrebbe fatto impazzire.
Queste sue promesse mi facevano impazzire.
Mi facevano venire voglia di baciarla.

va bene se ci sono anche i miei amici?

dueditram:
certo.

Mi morsi il labbro e mi alzai dal letto per preparare qualcosa di pranzo.

dueditram:
comunque sia, sei "verde".

Verde.
Verde.
Quanta felicità in una sola parola.

per la maglietta?

dueditram:
anche.

anche?

dueditram:
mi sai di verde. tu ti senti verde?

A quel punto, avevo l'impressione che mi capisse più di me stessa.

verde rende l'idea.

dueditram:
lo sapevo. solita spiaggia alle quattro. se porti la chitarra è più bello.

E alle quattro alla solita spiaggia io avevo una chitarra in spalla e stavo appoggiando i teli sulla sabbia con Dade, Luis, Sara, Giulia e Bì.
Faceva un caldo pazzesco.
Marina arrivò da sola, il viso pallido, le guance e il naso arrossati, gli occhiali in bilico sul naso, i ricci più scomposti e belli che mai.
Si tolse subito i vestiti.
Sotto, il suo solito costume a righe bianche (bianco panna, ora che le guardavo bene) e blu.
La presentai e presentai tutti a lei, brevemente. Fu subito simpatica a tutti.
Era luce ed era impossibile non accorgersene. Gli altri impallidivano di fianco a lei, erano privi di qualcosa che era la sua essenza.
Il suo sguardo era così limpido.
Il suo amore, il suo bene, il suo fuoco così evidenti tramite quella trasparenza.
Una melodia da scoprire in punta di piedi.
Era timida, quasi si nascondeva dietro di me. Ma non mi dava fastidio.
Mi sentivo come se stessi presentando a tutti la mia ragazza. A volte avvolgeva il mio braccio con la mano e mi sussurrava qualcosa all'orecchio e mi pareva meravigliosamente mia, meravigliosamente vicina.
Dissi solo che era una mia amica.
Che si era trasferita da poco qui.
Che l'avevo incontrata per sbaglio in spiaggia.
Mi fece l'occhiolino. Come a sottintendere tutto il tempo passato insieme solo noi due, i nostri minuti sconosciuti al mondo intero se non a me e lei, me e lei soltanto.
Notarono il suo accento milanese.
Parlammo.
Le chiesero un po' di lei, musica, famiglia  cose di questo genere. Marina chiese a loro quasi le stesse cose con frequenti "e tu?" così sinceri, come se volesse conoscerli tutti, nonostante li avesse già capiti; così sinceri da essere spiazzanti. Volle sapere il gusto di ghiacciolo preferito di tutti. E se dopo scuola andavamo al mare qualche volta, di pomeriggio. E se avevano un gatto o un cane. Disse che a lei sarebbe piaciuto un coniglio. E che aveva avuto solo criceti, e un pesce rosso.
Nessuno chiese il nome come avevo fatto io.
Un altro dei nostri segreti, apparentemente: Milo il pesce rosso.
Io rimasi quasi tutto il tempo in silenzio ad ammirarla, trattenendomi dal sistemarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio e baciarle una guancia per sentire il suo profumo davanti a tutti.

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