3. Lo Spirito dell'Orso

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«Losille, fermati.» Una voce femminile ridestò la Guardiana dai suoi pensieri, costringendola a voltarsi: una mano era premuta dolcemente sulla sua, che ancora stringeva con forza la coscia sinistra.

Da quanto tempo Lilia era entrata?

«Forza, dammi qua.» La donna si sporse verso di lei, ricambiandole uno sguardo apprensivo. Non era la prima volta che Losille si lasciava trascinare dalla sua immaginazione, ma la sensibilità che aveva sviluppato le creava parecchi problemi. Dopo il periodo del Disastro, ad esempio, Losille si era completamente rifugiata in se stessa, e solo la notizia della morte del re l'aveva convinta a tornare in società. D'altronde, da quando Izygor l'aveva salvata la sua vita era cambiata radicalmente, e il sovrano era diventato, per lei, l'unico vero padre che avesse mai conosciuto.

«Guarda un po', cos'hai combinato!» Lilia avvicinò l'indice alla sua gamba: un tenue bagliore blu invase rapidamente le sue ferite, rimarginandole in una frazione di secondo. «Fai attenzione, cara.»

La ragazza annuì, e la sua bocca s'increspò in un sorriso: il fare materno di Lilia, in quel momento, era ciò di cui aveva più bisogno.

Non appena la Guardiana si decise a rialzarsi, Edgar fece ritorno nella stanza accompagnato da Ninive: gli occhi della principessa erano gonfi di lacrime, e sul suo viso dominava un colorito rossastro. In quanto erede al trono, la ragazza avrebbe dovuto prendere il posto del padre nella guida del Regno, ma era ancora troppo presto; le sue doti da combattente erano scarse, il suo spirito-guida non si decideva a mostrarsi e la sua capacità di gestire i lutti era disastrosa: come poteva rassicurare il popolo sull'accaduto, se ancora non era in grado di rassicurare se stessa? Ciononostante, Losille si limitò ad appoggiarle una mano sulla spalla: «Ti aiuteremo noi.»

Ninive annuì debolmente, i capelli impregnati delle sue lacrime.
Sarebbe stato l'inizio della sua rinascita.

Sei mesi dopo...

«Seguimi, ci siamo quasi,» sussurrò. La sua voce era calda e profonda, e sembrava che la natura, al solo ascoltarla, si ravvivasse.

«Rallenta, Edgar! Tu non sei costretto a portare questo ammasso di pietre, pesa almeno la metà di me!» ribatté Ninive, intenta a sorreggere la sua corona. Due vene pulsavano con vigore sul suo collo, ormai completamente irrigidito, ma da quando aveva ricevuto la nomina di regina era diventato suo dovere indossarla fuori dal castello, «Almeno sono libera di scegliere come vestirmi,» continuò lei, abbassando lo sguardo sul suo abito in lino.

Edgar ridacchiò di rimando: «Questi poveri aceri sono saturi delle tue lamentele, pensa a sbrigarti,» ribadì lui. Nei suoi occhi luccicavano venature di clorofilla.

«Arrivo, signor saputello!»

I due si erano inoltrati nel bosco più fitto di Muja, lo stesso che Ninive aveva setacciato inseguendo il clandestino. A differenza di quella volta, però, avevano superato il vecchio templio da diverse ore, e le gambe della ragazza iniziavano a reclamare una pausa. Edgar, invece, sembrava rinvigorirsi ogni minuto trascorso nel bosco, così come la natura aveva iniziato a brillare non appena il Guardiano vi aveva messo piede. Ciononostante, solo parte di essa rispondeva al suo passaggio: le foglie degli aceri si erano ormai rinsecchite, e le radici non ricevevano più nutrimento. La terra, ormai completamente inaridita, era il risultato della mancata rivitalizzazione dell'Albero, che Shajara aveva inspiegabilmente arrestato.

Il Legame, Vol. I - Il Risveglio della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora