Prologo Taehyung

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Venti mesi prima

Quando parcheggiai la jeep nel vicolo, ero sprofondato in una nube di pensieri tetri e umore nero. Non ero mai stato in quella zona della città; anzi, a malapena ne conoscevo l'esistenza.
Posai gli occhi sul cruscotto dell'auto.
Le cinque e mezzo del mattino.
Mi ero ripromesso di non rivederlo mai più. Il suo comportamento aveva aperto una voragine tra di noi, spazzando via tutto ciò che eravamo stati. Eppure, in cuor mio sapevo che non avrei mantenuto la promessa: non ce l'avrei fatta a stargli lontano. In fin dei conti era mio fratello e anche quando andava fuori di testa ( il che purtroppo accadeva spesso) rimaneva sempre mio fratello.
Dopo quindici minuti di attesa, Jimin spuntò dal vicolo.
Zoppicava e si teneva il fianco. Mi raddrizzai sul sedile, e i nostri sguardi si incrociarono.

«Maledizione, Jimin», borbottai, mentre schizzavo fuori dall'auto e sbattevo lo, sportello. Mi avvicinai alla luce di un lampione, in modo da potergli guardare il viso. Aveva l'occhio sinistro tumefatto e semichiuso, il labbro inferiore spaccato. La maglietta bianca era macchiata di sangue.

«cosa diavolo hai combinato? », dissi mentre lo aiutavo a raggiungere la jeep.
Gemette e poi provò a sorridere. Poi mogulò ancora.
Chiusi la portiera e mi precipitati al volante.

«mi hanno accoltellato, cazzo. » si passò le mani sulla faccia e si imbrattò ancor più di sangue. Gli scappò da ridere, ma il suo aspetto non lasciava dubbi su come si sentisse veramente.

« ho spiegato a Red che gli avrei portato i soldi la prossima settimana...» si lamentò con una smorfia « e lui ha mandato quei ceffi»
«Gesù, Jimin» sospirai, mettendo in moto e allontanandomi dal marciapiede.
Era quasi l'alba, ma sembrava più buio di prima. «credevo che ormai la vendessi e basta».
Jimin si sistemò meglio sul sedile, poi posò l'unico occhio ancora aperto su di me. «ed è così Tae, te lo giuro» cominciò a piangere. «te lo giuro su Dio che è così». Purtroppo, era evidente che non si limitasse a venderla: aveva ricominciato a farne.
Merda.
«mi stavano per ammazzare, Tae. Ne sono sicuro. Erano venuti per...»
«ZITTO!» urlai, mentre l'immagine di mio fratello mezzo morto si faceva largo tra i miei pensieri.
Ero cresciuto con una costante sensazione di pericolo.
«non stavi per morire, Jimin. E adesso chiudi quella boccaccia».

Piagnucolava per il dolore: sembrava sempre più smarrito e confuso. Le lacrime erano accompagnate da un sordo lamento. «mi dispiace averti coinvolto in questa storia, di nuovo».
Sospirai e, senza nemmeno accorgermene, gli misi una mano sulla schiena per confortarlo. «va tutto bene» mentii.

Da tempo mi ero tirato fuori dai problemi di mio fratello per concentrarmi sulla musica e sullo studio. Andavo al college e mancava solo un anno al momento in cui avrei dovuto decidere cosa fare della mia vita. E adesso, invece di studiare per l'esame che dovevo sostenere da lì a qualche ora, mi ritrovo a soccorrere mio fratello. Grandioso.
Jimin giocherellava nervoso con le sue mani e guardava fisso a terra.
«non voglio più avere a che fare con quella roba, Tae... Stavo pensando che potrei tornare nella band..»
«Jimin!» lo stroncai.
«lo so, lo so. Ho combinato un casino...»
«un gran casino, Jimin.» lo corressi
«ok, va bene. Ma lo sai. L'unica volta in cui sono stato contento dopo quella cosa di...» sussultò alle sue stesse parole.
«l'unica volta che sono stato contento dopo quel giorno è stato sul palco con te e i ragazzi».

Mi balzo il cuore in gola, ma non commentai. Era meglio cambiare argomento.
«Dovrei portarti in ospedale...».
sgranò gli occhi e scosse la testa, deciso. «no. Niente ospedale».
«Perché?». Si limitò a fare spallucce. «la polizia...».
Ero molto perplesso. « ti sta cercando, Jimin?».
Annuì, e io mi lasciai sfuggire un'imprecazione. «Cosa hai combinato?», chiesi, irritato.
«non importa» Gli lanciai un'occhiataccia tale da fargli sputare il rospo
«non è stata colpa mia, Tae, te lo giuro. Qualche settimana fa, Red mi ha chiesto di portare una macchina da un posto a un altro. Non so cosa cazzo ci fosse dentro ».
«droga?»
«non lo so!  giuro su dio che io non lo so»

Ma di che accidenti stava parlando?! Cosa pensava di trasportare, caramelle?!

«in ogni modo... Quando mi sono fermato a fare benzina mi hanno beccato e sono scappato... Beh devo dire che tutti quei giri di corsa alle medie sono serviti a qualcosa..» sogghigna
«ah lo trovi buffo?» Chinò di nuovo la testa, e ancora una volta mi trovai a sospirare. «dove tidevo portare?»
«da mamma e papà».
«stai scherzando vero?! Nostra madre non ti vede da un anno e vuoi andarci conciato così ? E poi papà non sta bene, lo sai..»
«per favore, Tae» piagnucolò.

Impiegammo 20 minuti ad arrivare a casa. I nostri genitori vivevano a qualche chilometro da Daegu, papà aveva promesso alla mamma una casa sul un lago, e finalmente da qualche anno era riuscito a comprarne una.

Jimin mi ringraziò per averlo portato sin lì.
Mi arrampicai sulla barca e scivolai al suo interno, quando uscii nuovamente trovai Jimin che si guardava la ferita.
«non è molto profonda» annunciò, premendo la mano sul fianco. Tirai fuori il coltellino, tagliai uno degli asciugamani e glielo permetti sulla ferita, Jimin mi guardò, irritato.
«papà ti hadato il suo coltello?»
«l'ho preso in prestito»
«papà a me non l'avrebbe neanche fatto toccare»
«già.. Chissà perché»
Non fece in tempo a rispondere che udimmo un grido provenire dal molo. «ma che cosa...» mormorai.
Uscii dal capanno e Jimin mi seguì zoppicando «mamma!» urlai. Un uomo con la felpa rossa le teneva una pistola puntata alla schiena e la spintonava.
«come hanno fatto ha trovarci?!» balbettò Jimin.
Mi girai di scatto, confuso e incazzati «lo conosci?!! »
Ero terrorizzato ed incazzato nero, soprattutto terrorizzato.
Lo sconosciuto ci lanciò un'occhiataccia per squadrarci.
E posso quasi giurare che fece un sorrisetto prima di premere il grilletto.
Poi non appena la mamma finí a terra iniziò a correre.

Jimin urlò con tutto sé stesso, papà aveva udito lo sparo, ci mise poco a capire ciò che era appena successo e nonostante la sua malattia si mise a correre verso di noi.
«mamma... Mamma ti prego» urlava Jimin
Io mi accascia a terra e la abbracciai nel mentre le sussurravo all'orecchio che c'è l'avrebbe fatta.
Ad un tratto mi resi conto che le stavo mentendo e mentivo anche a me stesso.
Non riuscivo a smettere di piangere.

Te la caverai.

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Eccoci qui ho pensato di scrivere questa storia,  per scriverla mi sono ispirata al mio libro preferito, spero che questa rielaborazione vi piaccia

Ditemi se vi piace come inizio
A presto🐯💜

☾Kim Taehyung✫Everything i need• ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora