Dake camminava a passo lento per le vie della città. Era notte. Una delle regole più severe imposte alla città era il divieto di trovarsi fuori di casa dopo il tramonto. Le pene potevano essere svariate, a seconda dell'orario in cui si veniva scoperti, ma il ragazzo aveva più volte gettato una fugace occhiata al suo orologio da polso, vedendo un inquietante orario che superava la mezzanotte. L'unica prospettiva che vedeva nel caso fosse stato trovato sarebbe stata quella di morte. Una prospettiva agghiacciante, specialmente dopo che aveva sentito dei metodi di morte usati: non c'era la normale ghigliottina, che assicurava una morte veloce e indolore, ma morti come la crocifissione, l'impiccagione e, addirittura, essere posti in una gabbia piena di Vraal, le creature simili a cani, ma molto più feroci, una specie geneticamente modificata di quelle che erano tenere creaturine.
Le regole, nel Regno, erano solitamente proibizioni: nessuno aveva diritti ma tutti avevano doveri. Le uniche persone che non erano soggette a queste regole erano i misteriosi Soldati Neri, un corpo di guardia che pattugliava le vie di tutto il regno, e il misterioso Gulldor, l'essere che dominava sul regno.
Un velo di tristezza passò sul volto del ragazzo quand'egli pensò a come erano cambiate le cose: gli anni dell'infanzia erano passati felici, poi, d'un tratto, tutto cambiato. Non c'era voluto molto. Era bastato l'arrivo di quell'essere, di quel Gulldor, nel Regno, per sottomettere tutto al suo volere. Un mago, dicevano in molti. Un folle, secondo Dake.
Non aveva senso, non poteva avere senso. Non poteva morire solamente per l'essersi addentrato in un frutteto alla ricerca delle mele, frutti che il ragazzo amava, tanto buoni quanto proibiti. Il Folle era goloso di quei frutti, e quindi un altro divieto era stato posto.
Rumore di passi. Piccole imprecazioni da parte del ragazzo. Le sagome dei Soldati Neri nell'oscurità. La paura. Gli eventi si susseguirono in una rapida sequenza, permettendo al ragazzo solamente di sfiorare una scatola che aveva attaccato alla cintura. Il Porta-Mazzo. Un bagliore di speranza in tutto quel buio di disperazione, finalmente.
Con un sorriso che gli si dipingeva sempre più grande in volto, portò le mani ad aprire, con movimenti febbrili, la scatoletta rossa, per poi cercare con movimenti spasmodici un qualcosa tra tutti quei pezzi di carta apparentemente identici. Un bagliore negli occhi. Finalmente.
Alzò la carta e la lanciò a terra: con un breve bagliore si espanse sul terreno, diventando praticamente mimetizzata, ma i Soldati Neri avevano visto quel debole bagliore e si erano avvicinati minacciosamente.
Dake si nascose dietro un mucchietto di barili, aspettando con un sorrisetto che la mossa fatta poco prima facesse effetto. Accadde tutto in un istante. Un quasi impercettibile rumore, e la carta si attivò, creando una buca sotto i piedi dei Soldati e facendoli cadere. La carta Buco Trappola aveva fatto il suo effetto, quindi tornò sotto raggi di luce nel Porta-Mazzo dell'utilizzatore.
Non ci volle molto, i Soldati Neri chiamarono rinforzi. Dake era nei guai. Sebbene quella carta lo avesse salvato, ora era nei casini come e più di prima. Le carte, una innovazione tecnologica destinata a pochi eletti, e Dake era tra quelli. Ponendole nel Lancia-Carta si potevano posizionare dove si voleva, e i loro effetti erano spesso molto utili, come quello appena utilizzato.
Non poteva perdere tempo, e non lo fece: niente altre carte, avrebbe potuto attirare attenzione, ora tutto spettava alla sua abilità fisica, quindi prese a correre lanciandosi a grandi passi nei piccoli tappeti erbosi, tentando di attutire il rumore dei suoi passi. Il minimo rumore poteva essere fatale.
Grandi balzi sull'erba. Dolore al gomito. Spaventato se lo guardò, vedendo un lungo taglio che lo attraversava, lasciando colare il suo liquido vitale sull'erba. "Maledizione" pensò, spaventato. I Soldati Neri erano dotati di piccole pistole praticamente infallibili, eppure erano riusciti a colpirlo di striscio. Forse non volevano ucciderlo. Forse... il pensiero si manifestò, orribile e inoccultabile, nella mente del ragazzo: quei Soldati fiutavano il sangue umano come un cane antidroga avrebbe fiutato la cocaina. E poi risucchiavano il sangue dall'essere che lo perdeva. Una delle morti peggiori. Non voleva morire perché gli avevano succhiato il sangue. Non voleva morire e basta, anzi.
Un salto, poi un altro, poi la prospettiva di salvezza, finalmente, un alto muro. In quegli anni di terrore era riuscito, evitando quei Soldati, a sviluppare capacità fisiche sopra la media: un salto e l'avrebbe superato e, con un po' di fortuna, non avrebbe lasciato traccia di sé.
I piedi già non toccavano terra, le fibre dei muscoli si scioglievano e si riscaldavano, quel calore che precedeva un grande sforzo fisico. Tutte le fibre del suo corpo erano in tensione. E poi non riuscì nemmeno a raggiungere la metà di quel muro.
Si sentì bruscamente schiacciato a terra. Alzando lo sguardò con orrore riuscì a vedere solamente due piccoli occhietti rossi. Un Soldato Nero. La bocca si avvicinava al gomito ferito, e dietro, inesorabili, gli altri Soldati, evidentemente ansiosi di gustarsi il sangue del ragazzo.
Un secondo sforzo. Non serviva per saltare, ma per salvarsi, comunque. Non serviva poco, serviva un grande sforzo. Un altro grande sforzo. Come se non fossero bastate, tutte le disavventure di quella sera. Sembravano dover continuare all'infinito, un continuo, dannatissimo, ciclo perpetuo.
Forza, si disse, manca poco. Le gambe si avvicinarono al petto, per poi distendersi. Male. Sforzo fisico. Il corpo del Soldato Nero che veniva lanciato in aria dalla spinta. La salvezza. Fu un attimo di confusione che aleggiò nel drappello di soldati, ma bastò. Uno scatto, una spinta verso l'alto, e il ragazzo atterrò senza fare rumore su un tappeto d'erba, oltre il muro. Un altro rapido movimento a rovistare dentro la tasca dei pantaloni ed ecco anche un cerotto, per evitare che l'odore di sangue attirasse ancora quei dannati esseri.
La salvezza, finalmente la vedeva concreta, quel giorno. Una rapida corsa ed ecco i contorni, sempre più nitidi, dell'abitazione.
Entrò e chiuse a tripla mandata la porta, per poi tirare un sospiro di sollievo.
Si buttò nel divano, sganciò dalla cintura il porta-mazzo e lo lanciò sul tavolo, per poi dirigersi a passo lento verso la libreria, afferrandone un libro: il titolo recava, anche se sbiadite, le ancore leggibili parole 'EVOLUZIONI TECNOLOGICHE'.
Già, pensò, in un mondo in cui la tecnologia è sviluppatissima, il Regno è totalmente sottomesso da un mago e dalla sua folle magia.
Gli occhi passarono in rassegna le varie lettere, prima di raggiungere il capitolo sperato: 'I Duelli'.
Erano un libro stampato personalmente dal Folle, che voleva far sapere al mondo un'altra delle sue folli regole: le dispute, le discussioni, insomma, tutto, poteva essere risolto in un solo modo: con le battaglie.
Potevano essere semplici risse come potevano essere guerre, o potevano essere Duelli a Carte. Queste erano battaglie più sotto pelle, in cui contava più l'intelligenza e l'astuzia della forza fisica, e per questo motivo era un tipo di battaglia disprezzata dai cavalieri neri.
C'era forse un modo per ripristinare l'ordine? Per far tornare la giustizia a regnare? Per eliminare Folle e Soldati definitivamente, e tornare alla vita agiata, felice e spensierata degli anni passati?
Forse. E, se c'era, Dake avrebbe dato tutto per riuscire a raggiungere il suo obbiettivo.
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Yu-Gi-Oh! Links Beyond the Magic
Fanfiction[Fanfiction basata sul gioco di carte Yu-Gi-Oh!, ma senza riferimenti all'opera anime/manga] Da una parte l'Impero, che ha portato il mondo alla pace. Dall'altra la Resistenza, che combatte per degli ideali che crede giusti. E, sopra a tutti, Promet...