Capitolo 1 - Le Fiamme Ardenti e la Luce Gelida

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Non era passato molto tempo da quando Dake aveva letto, per ricordarsi meglio, le regole dei duelli a carte. Non che odiasse fare a botte, anzi: aveva anche un coltellino da usare nelle risse, cosa che lo aveva salvato diverse volte. Andava spesso nei pub, a bere o a rilassarsi, e capitava sempre più spesso che gente ormai senza speranze passasse le sue giornate ad ubriacarsi, sperando di dimenticare i problemi di quella vita nel terrore. Ma da ubriachi spesso prendevano a botte chiunque passasse loro vicino. E in questi anni aveva sviluppato una sorta di istinto omicida verso chiunque lo minacciasse. Aveva appreso in pochi anni a non avere pietà e a porre la sua vita prima di quella degli altri. Solamente grazie a questa tendenza all’individualismo era riuscito a sopravvivere.

Un’altra cosa che aveva imparato, negli anni di terrore, era stato l’evitare di sporcarsi di sangue, o di perdere del sangue. I Soldati Neri sapeva rintracciare chiunque fosse collegato al sangue nel mondo esterno, e lui sapeva evitare di farsi riconoscere da quei soldati. Fino alla sera prima, perlomeno. Sospettava di essere ricercato dopo la fuga della notte prima. L’essere ricercato comportava dei problemi praticamente a tutta la sua vita. Come se non ne avesse avuti abbastanza in quei dannati sette anni. Non avrebbe più potuto uscire di casa senza essere additato come farabutto, ma quello sarebbe stato il problema minore: non avrebbe potuto muovere passo senza essere ricercato dai Soldati. Una grande seccatura per uno come lui, un’anima libera che preferiva di gran lunga rimanere all’aria aperta, per quanto inquinata fosse l’atmosfera del regno, invece di rimanersene a casa.

Il ragazzo abbandonò questi pensieri di fronte a un rumore contro la porta della casa. Qualcuno stava bussando. Si mise a sedere e poi si alzò, svogliatamente, avvicinandosi a passo lento mentre i colpi contro la porta si facevano più veloci e violenti. “Ci sono...” sbadigliò Dake mentre la porta veniva aperta e, con un cigolio, mostrava la persona all’entrata, una ragazza sui sedici anni i cui capelli rosso chiaro parevano sporchi di sangue, un dettaglio che impensierì il giovane.

“Scusa? Chi sei?” domandò senza troppo garbo il ragazzo. Altro particolare introdotto dagli anni nel terrore, la totale mancanza di educazione. “Che cavolo vuoi?” continuò a domandare. Non ricevette risposta, non subito. O, meglio ancora, la ricevette sotto forma di gomitata, rapidamente schivata con un movimento indietreggiante della testa. Dake sorrise. Un altro scontro. Si era già riposato, una piccola sosta di circa mezz’ora, ed era bastata a ritemprare totalmente il suo corpo fisicamente sfinito dall’incontro precedente con i Soldati Neri. La ragazza continuava a rimanere impassibile anche di fronte all’eccitazione del ragazzo per l’imminente battaglia, come se fosse totalmente distaccata dalle emozioni umane.

Il sedicenne si sentiva sicuro, sia in termini di sicurezza da scontro, in quanto era riuscito a prevedere e a evitare l’attacco dell’avversaria senza praticamente alcuna esitazione, sia in fatto di movente, in quanto era sicuro che la ragazza altro non fosse che un superiore dei Soldati Neri. Inoltre, se fosse riuscito a sconfiggere in battaglia una personalità di così alto rango, sarebbe stato totalmente sicuro di non aver problemi con i Soldati Neri. Sarebbe bastata una rissa a liberarsene, secondo lui, dopo essere riuscito a sconfiggere una persona di alto grado.

La ragazza indietreggiò per poi avanzare con la mano aperta protesa in avanti. Una manata, forse? Un attimo di indecisione per il ragazzo, che si trovò con la mano della ragazza schiacciata in faccia. Non gli faceva male, allora perché quella tizia l’aveva preferita a un pugno, mossa che gli avrebbe potuto fare diverse cose non troppo piacevoli? Aveva sentito spesso alcune strane voci, secondo cui i pugni dati dai Generali, così si chiamavano le persone di alto rango, causavano normali sanguinamenti del naso come potevano causare svenimenti, fracassamenti del cranio o, addirittura, indurre al coma. Senza contare la morte.

La sua domanda trovò presto risposta, anzi, quasi subito: nei palmi delle mani della ragazza si manifestò un bagliore inizialmente non identificabile, ma che, dopo qualche secondo che Dake passò nell’incertezza, si trasformò in una fiammella. Questa si staccò dalla mano della ragazza e le due fiammelle, una volta che s’incontrarono, si fusero e divennero più grandi. “Va bene,” pensò il ragazzo, “dev’esserci una soluzione.”

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