Arrivò Novembre.
L'aria era ormai troppo fredda per non coprirsi e i cappotti tornarono nella vita di Gennaro così come il suo perenne raffreddore invernale. Rise al pensiero di quegli starnuti che lo accompagnavano da anni e di cui non si era mai preoccupato: erano sempre stati sintomo di un sistema immunitario malato, ma per lui semplici manifestazioni degli effetti delle prime piogge dell'anno. Fino ad all'ora, quando si rese conto di aver ignorato per almeno otto anni l'unica cosa che avrebbe potuto essere spia della sua malattia.
Un banale raffreddore racchiudeva in sè tutta la sua gioventù, fatta di preoccupazioni eccessive per certe cose e totale disinteresse per altre: l'AIDS era una sorta di punizione, come se la vita volesse fargli pagare quella piccola distrazione tra migliaia di accortezze.
Arrivò in classe con un fazzoletto sulla bocca, i suoi alunni lo guardarono tutti con sospetto e lui sapeva il motivo: si stavano chiedendo se quel giorno avrebbero assistito alla sua morte.
"È solo raffreddore." Borbottò, senza volersi far davvero sentire.
Durante i quindici minuti di ricreazione decise di prendere un caffè alla macchinetta, ma man mano che si avvicinava capiva che non ce l'avrebbe mai fatta: la coda era troppo lunga.
Girò le spalle e fece per tornare indietro. La sua classe successiva era, ovviamente, vuota: ne approfittò per portarsi avanti nella correzione dei temi dei ragazzini di seconda, che aveva rimandato già troppe volte.
"Prof!"
"Mh?" Sollevò la testa dai fogli, "Oh, Lorenzo, sei tu."
"Scusate se sono entrato così, vi ho visto alla macchinetta e allora..." Posò un bicchierino di plastica accanto a lui.
Sorpreso, lo ringraziò e lo invitò a sedersi.
"C'è qualcosa che devi dirmi?""Sì, che ho finito di leggere il vostro libro."
"In tre giorni?"
"Già...avevo un po' di tempo libero."
Divenne rosso e Gennaro non potè fare a meno di ridere, perchè quel ragazzo era in qualche modo simile a lui alla sua età.
"Spero tu ne abbia ancora, visto che ho qualcosa da proporti."
"Un altro romanzo?"
"Anche. Ma in verità volevo chiederti di scriverlo: l'ultima volta mi sembravate contenti in pochi di partecipare. Credo che tu sia la persona più adatta, mi piacerebbe che ti offrissi tu."
"Scrivere? Oh, no, no, troppe responsabilità..." Scosse la testa e le mani nello stesso momento, mostrando tutta la sua riluttanza.
"Hai diciannove anni, è giunta l'ora di accettarle queste responsabilità, non credi?"
"Ma in questo caso non rischio solo io: se dovessi sbagliare ci andrebbero di mezzo anche gli altri, e non voglio."
"Però se non rischi non saprai mai come poteva andare a finire...chissà, magari se accettassi potresti non solo evitare brutte figure ai tuoi compagni, ma addirittura vincerlo il concorso! Invece se resti bloccato nelle tue paure combinerai poco e ti pentirai di tutto." 'Come ho fatto io' avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece.
Lo sguardo di Lorenzo si accese, era stato a sentirlo tutto il tempo con l'interesse sincero di un bambino, i suoi occhi meravigliati erano uguali a quelli che aveva lui a 17 anni davanti ad una lezione di letteratura, quasi si commosse: era quello ciò che voleva suscitare in tutti i suoi alunni.
______________
Discutere della trama, dei personaggi e dei temi da trattare per il racconto fu arduo. Lavorare con diciotto teste diverse non era semplice, se poi quelle diciotto menti rispondevano all'istinto e alla voglia di primeggiare, ostacolando coloro che non ritenevano amici, si trasformava in una sfida. Continuò a ripetersi di non dover intervenire se non come moderatore, nonostante quei litigi inutili e rumorosi lo facessero impazzire.Alla fine della sua ora avevano concluso ben poco, ma Gennaro fu comunque sollevato sia dal fatto che non fossero arrivati alle mani sia di poter abbandonare la classe. Non aspettava altro che tornare a casa.
L'ultimo ostacolo del giorno da superare prima di ottenere l'agognato comfort del suo divano, fu Luigi, che lo aspettava come sempre all'uscita per chiedergli di tornare insieme. Quel giorno però c'era qualcosa di diverso: era a piedi. Ne fu piacevolmente colpito, negli anni aveva sempre rifiutato i suoi passaggi e lui se ne era sempre lamentato, senza andargli mai incontro.
"Se Maometto non va dalla montagna..."
"...Decide di camminare per due chilometri!"
"Merda, sono davvero così tanti?"
"Scusa, ma non sei anche venuto a piedi? Dovresti sapere quanti sono."
"Macchè! Mi hanno dato un passaggio."
Durante il tragitto Gennaro ebbe modo di raccontargli le due ore d'inferno nella 5D. Il suo collega annuiva a tutto come se si aspettasse ogni singola parola: in effetti era così, essendo anche una sua classe-una delle più difficili-la conosceva bene.
"La prossima volta tappagli la bocca con lo scotch, così di sicuro non parlano!" Scoppiò a ridere, ottenendo una gomitata dal più grande.
"Abbassa la voce, se ci sentisse qualcuno potrebbero denunciarci." Ridacchiò a sua volta.
Il modo leggero di affrontare le cose di Luigi era l'opposto del suo-rigido e perennemente preoccupato-lo apprezzava anche se non lo condivideva a pieno.
Passarono difronte casa di Gennaro, davanti al negozio di fiori la solita commessa gli sorrideva in maniera quasi ossessiva, lui ricambiò con un cenno della mano e notò l'altro aggrottare le sopracciglia.
"È quella che ti fa la corte?"
"Non credo sia il termine più adatto, ma...sì, è proprio lei."
"Non si preoccupa nemmeno un po' di nascondere che le piaci, eh?" Continuò a guardarla di sottecchi.
"Hey, cos'è questo?"
"Questo cosa?"
"Questo che stai facendo! Non ti sei mai interessato alla mia vita sentimentale."
"Di quale vita sentimentale parli?" Sghignazzò, poi contò fino a tre e iniziò a correre, inseguito solo dalle imprecazioni di Gennaro.
STAI LEGGENDO
Non Vince Mai
Teen FictionPeriferia di Napoli, 2019. Gennaro è il giovane professore di lettere di un liceo scientifico, ma prima ancora di essere insegnante, è un uomo, ed è malato. Tratto dalla storia: "Beh, ormai è statisticamente impossibile che ti venga, nessun Dio sar...