9. Un marito per la mamma

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Sua madre viveva in una villetta sulla costiera amalfitana, un tempo era stata la loro casa delle vacanze ma, quando i suoi genitori erano andati in pensione, decisero di trasferirsi lì "per finire al meglio gli ultimi anni che ci restano".

Il senso di angoscia che gli dava quel posto era paragonabile per grandezza solo alla bellezza del suo paesaggio, a quel mare luccicante che custodiva le ceneri di suo padre:  l'uomo, come desiderava, aveva terminato là la sua vita, troppo presto secondo Gennaro.

Aveva poco più di 60 anni, tanta voglia di vivere nonostante da tempo non stesse troppo bene e un'amore sconfinato per il mare e per sua madre, che ancora guardava la spiaggia ogni sera sperando di vederselo arrivare verso la riva, con una mano alzata per fargli cenno di seguirlo perché "oggi l'acqua è troppo bella", e anche Gennaro immaginava lo stesso, motivo per il quale si teneva ben lontano da qualsiasi cosa potesse assomigliare a delle onde, certe volte perfino la vasca da bagno gli faceva tornare alla mente i pomeriggi estivi passati a cercare i pesci pagliaccio vicino alla scogliera, che in realtà non esistevano affatto nelle acqua di Amalfi ma lui, a 8 anni, dopo aver visto Nemo, ci credeva davvero, e suo padre non aveva cuore di dirgli che tutti quei pesci rossi che indicava con gli occhi spalancati e il sorriso sulle labbra, non erano altro che pesci rossi, come tutti gli altri; anzi iniziava a inseguirli con lui, e con lui rideva quando infilava le mani sotto l'acqua per cercare di prenderne uno ma schizzava via, creando tanti cerchietti intorno a sé.

La casa era piccola, tutta bianca, si alzava su due piani e affacciava direttamente su uno dei lidi del lungomare ed era costantemente accarezzata dalla brezza marina, che ogni mattina lasciava uno strato di sale sulle finestre; negli anni non era cambiata, a parte il salotto, che si era riempito di quadri e fotografie e ogni sorta di oggetto-ricordo e lo rendevano un posto tanto accogliente e familiare, come se quei ricordi li avessero accumulati lì sin dal principio e non nella vecchia casa a Napoli.

Gennaro sapeva che sua madre avrebbe voluto che andasse ad abitare con lei, al piano di sopra, magari con una moglie, ma non poteva: non avrebbe potuto raggiungere la scuola e dopo anni di precariato non ci pensava proprio a lasciare la cattedra. E poi, Amalfi era bella, ma se avesse potuto allontanarsi dalla periferia, sarebbe tornato a Napoli, dove aveva vissuto fino a pochi anni prima.

"Ogni volta spero di vederti venire accompagnato da qualche bella ragazza." Sospirò Alessia ancor prima di abbracciarlo. "Andrà a finire che morirò senza accompagnarti all'altare!"

"Sono felice di rivederti." Rispose nascondendo una risata.

"E non ridere, che è la verità!" Si spostò per lasciarlo passare e chiuse la porta dopo aver salutato una vicina che passava di lì. L'odore del sugo di pomodoro che cuoceva sul fuoco, e che si sentiva già dal cortile, si faceva sempre più forte man mano che si avvicinava alla cucina, dove si sedettero per parlare.

"Ma stai bene? Ti vedo dimagrito."

Gennaro sospirò, sua madre lo diceva tutte le volte, anche quando in realtà ingrassava, ma in quel momento gli fece ricordare l'AIDS e di non averle ancora detto nulla a riguardo nè di essere intenzionato a farlo. Quando aveva scoperto di essere depresso lei gli rimase molto vicino, non glielo aveva mai fatto pesare ma vedeva dai suoi occhi quanto ci soffrisse e che se ne facesse una colpa e lui stava peggio, perché ne era la causa, e allora preferiva tenerlo per sè.

"Sto bene, sto bene. Qualcosa di nuovo qui?"

"Beh, qualcosa sì..." Gli sorrise, gli prese le mani, gesto che significava che avrebbe detto qualcosa di importante, e iniziò una lunga premessa, ricca di "sai che..", "sono sicura che capirai", "so che sarai sorpreso ma...", che servì solo ad infastidirlo: non sopportava i giri di parole.

Non Vince MaiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora