Il mal di testa da congestione lo accompagnò per tutta la giornata seguente, insieme alle occhiaie e agli sbadigli. Aveva dormito non più di quattro ore e le sentiva tutte.
"Che aspetto di merda!" Gli aveva urlato dietro Luigi quella mattina senza salutarlo, prima di entrare in un'aula, lasciandolo confuso e contrariato nel corridoio.
Si preparò ad affrontare le occhiate sospettose, o quantomeno incuriosite, che gli avrebbero lanciato i suoi alunni a vederlo così stravolto e, ora per ora, passarono tutte e sei. A lui non restava altro da fare che aspettare Lorenzo e farsi consegnare i primi abbozzi del racconto, così che potesse iniziare a correggerlo e dare una direzione precisa alla trama prima che iniziasse a svilupparla: aveva deciso di non farlo in classe per evitare che gli altri ne approfittassero per saltare una lezione (li conosceva bene, avrebbero iniziato a fare domande su domande solo per distrarlo).
"Siete sicuro di stare bene?" Fu la prima cosa che gli chiese il ragazzo quando lo vide arrivare.
Rispose, irritato, con un cenno del capo.
Prima che per colpa di qualcuno (chi?) tutti sapessero del virus, nessuno si era mai destabilizzato nel vederlo stanco, o con il raffreddore, o con la tosse che lo colpì mentre spiegava a Lorenzo come si sarebbero organizzati per il lavoro.
"Tranquillo, è colpa del freddo." Si sentì in dovere di giustificarsi a vederlo spaventato com'era. "In un paio di giorni te lo restituirò con una scaletta, così che tu possa seguirla. Vedo che hai raccolto molte idee, bravo."
"Quando dovrei finirla?"
"Prima delle vacanze vorrei avere una prima bozza così da revisionarla insieme verso febbraio, che a gennaio tra la gita e le interrogazioni sarebbe impossibile."
"Va bene, allora vado..."
"Aspetta." Lo fermò. "Con Giuseppe? Tutto bene?"
"Sì, prof. Lo sto ignorando, non mi importa ciò che dice." Fece spallucce come se davvero le provocazioni del coetaneo lo lasciassero indifferente.
Lui per la testa non aveva altro che Sara e solo Sara sarebbe stata una buona ragione per dannarsi, anche se a lei non lo aveva mai detto, perchè se da un lato ne era perso e bramava averla e nei momenti di irrazionalità si diceva che sarebbe riuscito a conquistarla, dall' altro aveva la quasi-certezza di essere quanto più lontano possibile dal suo fidanzato ideale. Bastava guardare Giuseppe, che era il suo opposto: lo disse ad alta voce e se ne accorse solo quando vide il professore sorridere. E lui arrossì, altro punto a favore della sua stessa tesi.
"Già, Sara in effetti è proprio diversa da te, ma questo non le può impedire di apprezzarti, devi solo...farglielo capire."
"Dite? E in che modo dovrei fare? Insomma, quando avremo i risultati del concorso la scuola sarà quasi terminata e avrò solo pochi giorni per tentare di approcciare e trovare degli interessi in comune..."
"Cosa ti impedisce di provarci già adesso?"
"Giuseppe forse?" Sbottò contrariato e Gennaro scoppiò a ridere per quella reazione tanto impulsiva e tanto distante dal suo carattere.
"Giuseppe non può impedirle di fare due chiacchiere con un amico, non credi? Ho notato che litigano spesso, questa potrebbe essere una buona scusa per iniziare a parlare con lei."
"Del tipo hey ciao ho visto che litighi spesso con il tuo fidanzato, io non ti urlerei mai contro: usciamo?" Alzò un sopracciglio, "Sembrerei un idiota."
"Beh forse proprio così no. Ridacchiò. "Inizia chiedendole come sta".
Prima che il ragazzo potesse rispondere, Luigi fece irruzione nell'aula, salutò Lorenzo e poi si rivolse al maggiore con tono fintamente reverenziale e il solito ghigno che sembrava lo schernisse: "Professore, quando ha finito...la sto aspettando fuori".
"Scusa?" Gli lanciò un' occhiataccia, "E perchè mai?"
"Non è il caso di parlarne qui. A dopo!"
"Se dovete andare fate pure." Disse Lorenzo, imbarazzato.
"Sì, non farci caso, fuori da scuola è più infantile dei tuoi compagni."
"Oh no, no, è così anche in classe!" Rise grattandosi la testa e Gennaro sospirò rassegnato, non essendo affatto stupito dalle sue parole.
"Che vuoi?" Si sedette sul sedile accanto a lui, senza preoccuparsi di non sbattere la portiera, cosa che Luigi gli rimproverò subito.
"Ti accompagno a casa e per la strada ti racconto..."
"Non torno mai in auto, dammi un buon motivo per farlo oggi."
"Oddio, quanto sei pesante!" Roteò gli occhi, sbuffò e mise subito in moto l'auto per non dargli il tempo di scendere.
"Va beh, almeno dimmi ciò che devi, ora sono curioso."
"D'accordo." Fece un respiro profondo. "Ma non dare di matto. Visto che siamo amici da tanti anni voglio farti sapere che sto uscendo con una persona e...è un uomo, se te lo stai chiedendo."
Gennaro guardò il suo amico: stringeva il volante tanto da far sbiancare le nocche, aveva il respiro pesante e teneva i denti stretti e la mascella contratta. Giurò di non averlo mai visto tanto nervoso: lo era perchè aveva paura di una possibile reazione negativa? Questo dubbio fu sciolto dalle sue successive affermazioni:
"Io tengo molto alla tua amicizia, perciò la tua opinione è importante per me."
"È una cosa fantastica." Balbettò, riscuotendosi dallo stato di trance in cui era caduto nel cercare di assimilare la notizia.
"Sul serio?"
"Certo! Perchè non dovrebbe esserlo. Anzi sono stupito dal fatto che qualcuno ti abbia preso!" E rise, per sdrammatizzare e per fargli capire che quel dettaglio non gli importava, come a lui non era mai importato della sua condizione. "Sali da me, così mi racconti tutto."
Mentre Luigi parlava di come aveva incontrato il suo nuovo innamorato e rispondeva alle sue domande, Gennaro non poteva fare a meno di sentirsi sì felice per lui, ma anche malinconico, ora che sembrava il solo ad essere rimasto...solo. Avevano tutti trovato l'amore mentre lui nemmeno si impegnava a cercarlo.
"Oh, e la cosa più importante: si chiama Rian!"
Gli occhi di Gennaro si sgranarono e sobbalzò come se lo avessero colpito alle spalle: "Rian?"
"Sì, ha origini irlandesi...ma se lo vedessi lo capiresti subito, biondo com'è."
Lo sapeva bene: Rian era decisamente irlandese e lui era ufficialmente il re delle coincidenze.
"Non pensare male, ma io l'ho già conosciuto..."
"In che senso?"
"È il figlio del nuovo compagno di mamma."
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Non Vince Mai
JugendliteraturPeriferia di Napoli, 2019. Gennaro è il giovane professore di lettere di un liceo scientifico, ma prima ancora di essere insegnante, è un uomo, ed è malato. Tratto dalla storia: "Beh, ormai è statisticamente impossibile che ti venga, nessun Dio sar...