Capitolo I - Sempre tutto uguale

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«Scusa, che ore sono?»

Una voce maschile scosse Cecilia dal lieve torpore pomeridiano che da sempre la colpiva nei post-pranzo.

Era abituata a mangiare da sola nel parco vicino all'ufficio tutti i giorni, intorno all'una e un quarto. Era un fatto talmente scontato, che quando il suo capo voleva rovinarle la pausa pranzo non si limitava a scriverle su WhatsApp, ma si presentava lì con tanto di portatile. Subito la mente di Cecilia si stava figurando il profilo furbetto del suo superiore che la guardava dall'alto in basso.

Cecilia restò un attimo in silenzio, riformulando la frase nella sua testa, fino a rendersi conto che non era assolutamente il suo capo a essere venuto a disturbarla. Il ragazzo, il quale continuava a fissarla impaziente, si schiarì la gola per richiamare la sua attenzione.

Probabilmente mi avrà scambiata per una matta, pensò.

«Oh, certo, sì...» biascicò, premendo il bottone laterale del suo smartphone per illuminare il display. «Sono le 13:36. Anzi, le 13:37» rispose, tentando di essere il più precisa possibile e rimediare alla figuraccia.

Il ragazzo annuì dopo averla ringraziata e iniziò ad armeggiare con il suo cellulare, ma rimanendo nei pressi.

In quel momento un'idea si fece varco nella mente della ragazza: e se fosse stato un tentativo di approccio?

Le sembrò un dubbio legittimo. Perché mai qualcuno avrebbe avuto bisogno di chiedere l'ora avendo un cellulare a portata di mano?

Era impossibile negare che Cecilia avesse la tendenza di volare troppo con la fantasia. Era una di quelle persone che credeva ancora al colpo di fulmine, che ogni volta che andava in un nuovo posto s'illudeva di trovare l'amore della vita o che, puntualmente ed erroneamente, identificava nell'ultima persona che aveva incontrato la sua anima gemella, scambiando normalissime domande per interesse. Tuttavia, questa volta il dubbio sembrava legittimo e persino chi si vantava di essere realistico e di non storpiare i fatti oltre ciò che apparivano, le avrebbe dato ragione che quel ragazzo aveva tentato di rimorchiarla.

Proprio in quel momento in cui rifletteva che aspetto avesse, lo sconosciuto rimise il cellulare in tasca e si avviò, ringraziandola nuovamente senza troppe cerimonie, lasciandola sbattere contro la consapevolezza che le aveva semplicemente chiesto l'orario. Un'altra occasione in cui la fantasia di Cecilia si è dovuto scontrare con la mera realtà.

Un po' amareggiata per l'accaduto e per la convinzione di essere ormai senza speranze, decise di avviarsi verso l'ufficio ponendo fine a quella 'penosa' pausa pranzo.

«Sei già di ritorno?» le domandò il suo collega Luca, mangiucchiando una focaccia.

Lavoravano nello stesso team da circa un anno e mezzo ed era il suo diretto responsabile, al dire il vero; una cosa che Cecilia non si rassegnava ad accettare avendo lei circa due anni in meno rispetto a lui.

«Ehm... sì! Tu non sei uscito?» rispose, mentre attendeva che il suo computer si riavviasse.

Luca annuì. «Qualcuno deve portare avanti la baracca e dato che tu devi fare il tuo riposino quotidiano, eccomi qui!» si lodò da solo, nonostante fosse perfettamente cosciente che il loro lavoro non fosse l'unico fattore a impattare sul profitto aziendale.

Cecilia e Luca si occupavano dell'acquisto diretto e indiretto degli spazi pubblicitari per Softender, azienda leader nella produzione di carta per uso igienico e domestico. Uno spazio pubblicitario in meno o uno in più non avrebbe di certo cambiato le sorti dell'azienda, dato che molto spesso la gente non riesce a distinguere tra le marche di rotoli di carta igienica e rotoloni da cucina.

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