Capitolo 4

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Come ogni giorno mi trovavo a dover trattenere il respiro a causa dell'aria sporca che si respira in modo affannoso dentro la metro. Tutti i corpi sudaticci e puzzolenti delle persone che riempivano la carrozza, come se fosse una scatoletta di alici, si muovevano dallo spostamento causato dai binari e ogni singolo individuo di qualsiasi genere uno volta ogni tanto si scontravano su di me.

Mi guardavo attorno titubante, cercando comunque di non trasparire alcun tipo di fastidio verso queste povere persone con dei evidenti problemi alle ghiandole sudoripare, sorridendo radioso a tutti. Anche se una parte dentro di me si stava lentamente decomponendo per l'odore di morte che agirava attorno, l'altra era felice più che mai perché finalmente oggi avrei potuto iniziare la mia preziosa lezione su Pirandello.

Ero molto entusiasta di introdurre alla mia classe questo poeta, non solo perché era il mio scrittore preferito per i suoi contenuti profondi e interessanti, ma anche poiché questo sarebbe stato il primo anno dove spiego una parte della letteratura italiana che, secondo i miei calibri, è decisamente migliore di quella coreana.

Prendiamo in considerazione il grande Ungaretti, illustrato ancora una settimana fa per capire il livello di comprensione dei miei alunni. Egli rielabora in modo molto originale e emozionante il messaggio formale dei simbolisti, associandoli con l'esperienza atroce del male e della morte nella guerra e associa desiderio di fraternità nel dolore alla volontà di ricercare una nuova "armonia" con il cosmo. Non è incantevole tutto ciò?

Nel mentre ero immerso nei miei pensieri una mano mi accarezza una coscia dolcemente, forse alla ricerca di riportarmi nel mondo dei viventi. Sentì le sue dita sottili ancorarsi con decisione nella mia carne morbida, mentre il suo pollice compiva dei movimenti circolari rilassanti sopra il tessuto dei miei jeans.

Mi risvegliai velocemente da tutte le mie fantasie di incontrare i grandi poeti italiani e mi girai con altrettanta rapidità verso Hoseok, cercando di mascherare il mio improvviso imbarazzo, sciolto immediatamente dal sorriso radioso del mio compagno.

«Hobi!» lo rimproverai dopo attimi di indecisione con voce incerta, sapendo già come avrebbe reagito in seguito, spostando poi la mano del mio ragazzo dal mio corpo, cercando di confortarlo con un mezzo sorriso. «Mi dispiace, ma sai cosa ne penso di queste manifestazioni di affetto in pubblico» gli sussurrai poi vicino al suo viso, stringendo leggermente le sue dita sulle mie, accarezzandogli il dorso furtivo.

«Nono, tranquillo Tae. Non avrei dovuto, scusa» mi rispose lui con rammarico, sciogliendo le nostre mani unite fino a poco attimo fa e volgendo il viso dall'altra parte del vagone, accavallando le gambe una sopra l'altra e sospirando pesantemente.

Riportai le dita sulla sua spalla accanto alla mia, afferrandogliela dolcemente, cercando poi di richiamarlo per riavere la sua attenzione, volenteroso di rivelargli il mio dispiacere. «HobiHobi, seriamente scu-», però non potei nemmeno terminare la mia frase che una mia studentessa mi si parò davanti, con un sorriso sornione. Con rapidità mi scostai dalla pelle del maggiore, come se le mie dita fossero state in contatto con un ferro rovente e rivolsi tutta la mia attenzione alla ragazza in jeans e t-shirt, anche per allontanarmi per alcuni minuti dai sensi di colpa.

«Professore, che bello vedervi qui in metro!», disse semplicemente lei, non capendo ovviamente la tensione tra me e il ragazzo non più solare come al suo solito.

«Oh, grazie signorina Jeun», le risposi cordiale, usando comunque un tono distaccato, da insegnare e alunna. Jeun era una tra le poche ragazze dei miei corsi che si era aggiunta non perché c'ero io a spiegare, il nuovo professore "belloccio", ma per imparare veramente qualcosa. La ragazza è stata bocciata due volte, come mi aveva raccontato nello specifico in uno dei suoi primi puliti e azzeccati temi dell'anno e -mi ricordo ancora- aveva promesso non solo a me ma anche a se stessa che quest'anno si sarebbe data una mossa, impegnandosi. E così fece. «Cosa le devo la sua euforia?», le domandai curioso, posando i miei palmi sulle ginocchia e guardandola spensierato.

Lei cominciò a muoversi con i talloni, alzandosi e abbassandosi, forse per la troppa agitazione. Si stava trattenendo dal non usare un gergo informale con me, notai vedendola tenere ben saldo il labbro inferiore tra i denti mentre con mani tremanti mi porse un fascicolo plasticato, che fino ad ora non avevo mai notato. «Si ricorda professore che volevo entrare a far parte del giornale regionale?», mi chiese come per rinfrescarmi la memoria, tenendosi improvvisamente all'asta in metallo della metro, a causa di un movimento brusco.

Come potevo dimenticarmi di un suo sogno tanto grande, rivelatomi l'anno scorso mentre si trovava davanti a me piangente, dopo che aveva scoperto di dover ripetere di nuovo il quarto anno, con i genitori alle calcagna. Mi ricordo ancora che, quando i suoi singhiozzi si mischiavano alle parole e la sua pagella era umida a causa delle lacrime, mi aveva sussurrato questo suo desiderio. Jeun al tempo era debole e fragile, anche se per l'apparenza sembrava una dura, fredda e sicura di sé, forse anche data per il suo stile dark che le dona una strana aurea "cattiva", anche se lei infondo possiede un cuore come tutti noi. Ora guardandola bene però, ritrovo nei suoi occhi una donna vera e propria.

«Non ce la farò mai! Nessuno crede in me e i miei genitori sono le ultime persone su cui posso contare. Quando tornerò a casa mi ammazzeranno, questo poco ma sicuro.», continuava a ripetermi tremante come una foglia.
Io l'avevo appoggiata -come faccio tutt'ora- come ogni insegnante dovrebbe fare con un alunno in difficoltà, non ho fatto nient'altro. Niente favoritismi e niente regali, quello che ha ottenuto è sempre stato farina del suo sacco. E ora eccola qua, davanti ai miei occhi con un contratto di lavoro!

Contento più che mai, appoggiai il fascicolo nelle mie coscie e le strinsi la mano libera tra le mie accarezzandola come fanno gli anziani con i giovani, donandole un dolce e solare sorriso. «Oh Jeun, sono così orgoglioso di te!» le affermai sincero, notando i suoi occhi colorarsi di gioia e farsi lucidi.

«Avrei preferito dirglielo in un luogo un po' più appartato come l'aula ma appena l'ho vista non ho potuto trattenermi e-»

«Tranquilla Jeun, semmai ne riparleremo con maggior riservatezza in classe, così potrò leggere con attenzione il contratto e lei mi potrà raccontare le sue considerazioni», la fermai, così da non dovermi sorbire delle scuse infondate. «Lei se lo è meritato e questo è l'importante. Sono veramente così felice per lei», finì alzando una delle mie mani al suo volto, così per asciugarle alcune lacrime che improvvisamente avevano iniziato a solcarle il volto.

Finalmente il servizio pubblico era giunto alla mia fermata, così dovetti alzarmi, ripassando i fogli alla mia studentessa. Prima ancora però che potessi scendere dalla metro con il mio compagno, che forse aveva iniziato a sentirsi il terzo in comodo, la ragazza mi aveva circondato il collo con le sue sottili braccia coperte da una larga maglietta bucherellata nera a maniche lunghe, stringendomi a sé. «La ringrazio per aver sempre creduto in me Professor Kim, la ringrazio davvero. Senza di lei non sarei mai arrivata fino a qua», mi sussurrò infine, prendendomi alla sprovvista.

Non sapendo come ricambiare un tale gesto affettuoso con una mia alunna, decisi di portare una mano sulla sua nuca, accarezzandola dolcemente. «Ringrazia te stessa ragazza... ce l'hai fatta! Tutto questo è solamente merito tuo, io ti ho semplicemente dato una spinta», le mormorai di rimando all'orecchio, distaccandomi infine e girandomi di scatto verso le porte automatiche della carrozza che erano pronte a chiudersi a momenti. «Ora scusami ma devo godermi anche io il mio giorno libero», scherzai sfiorandole per l'ultima volta il braccio sinistro, uscendo successivamente dalla metro, dopo averla salutata.

Messi i piedi per terra, mi voltai in cerca del mio compagno, con ancora un sorriso sornione a vivacizzarmi il volto, che si quasi del tutto spegne non appena i miei occhi si scontrarono con il viso serio di Hoseok. Oh, cavolacci.

Leggi qua mannagina
Oh, quasi mi fa uno strano effetto ritornare a scrivere su questa piattaforma. Però ora eccomi qua, ad aggiornare una storia che mi aveva preso tanto e che, come ho notato, alcuni si erano già affezionato (sigh, ilysm).
Quasi un'anno fa avevo pubblicato l'ultimo capitolo di questa ff e sinceramente dopo di esso non avevo più trovato né l'asportazione né la voglia di continuarla, e di questo mi scuso perché è solito mio iniziare qualcosa per non finirlo. Spero solamente di non essermi arrugginita e vi chiederei di supportarmi con un stellina e un commento di ben ritorno! Mi auguro di essere più attiva e che non dobbiate aspettare ancora un anno per un nuovo aggiornamento. Scherzi a parte ci rivediamo in un prossimo capitolo e spero che questo di passaggio vi abbia tenuto un po' di compagnia.

Love u <3

Pirandello /TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora