Capitolo 3

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Piangere.

Avevo una gran voglia di piangere.

Forse per la felicità di aver finalmente terminato quel viaggio o per la frustrazione di aver sopportato l'ennesima sfortuna di quella giornata.

Però sembrava che fossi ancora vivo, più o meno.

Potevo permettermi di piangere per quella vittoria.

<<Allora, piccoletto, entriamo?>>

Annuì con un lieve cenno del capo in direzione del medico legale, prima di camminare spedito verso l'entrata del "Sweet Dreams Cafè".

Sperai che almeno tutta quella fatica sarebbe stata ripagata, con notevoli passi avanti nella risoluzione del caso.

Sorpassai il mio collega più anziano e spinsi con decisione la pesante porta in legno, che non risparmiò neanche un singolo tipo di suono cigolante e fastidioso.

Appena entrato notai che l'arredo era semplice e minimale, i tavolini e le sedie leggeri e consunti, come ci si poteva aspettare da un bar di lunga data situato nella zona più antica della città.

<<Ma in quale catapecchia mi hai portato?>>, mi costrinsi ad ignorare il commento a bassa voce, per fortuna, di Oikawa e prestai attenzione solo all'invitante profumino che aleggiava nell'aria.

La morsa allo stomaco mi ricordò che ero ancora a digiuno, idiota.

<<Posso fare qualcosa per voi, giovani?>>

Da dietro il bancone di legno massiccio, che mi sembrava quasi essere stato ricavato direttamente dal tronco di una quercia, ci accolse una signora parecchio in là con gli anni.
A prima vista mi sembrò in tutto e per tutto la classica nonna premurosa e che ne rispettasse tutti i classici standard.

I cappelli bianchi raccolti in una crocchia disordinata, i pesanti occhiali da vista che scivolavano sul naso, il vestito leggero color pervinca e il sorriso bonario e amichevole.

Pensai con nostalgia a tutta la mia famiglia, in particolare alla mia defunta nonna e alla mia sorellina.
Dovevo ricordarmi di chiamarla al più presto.

<<Signora è lei la proprietaria di questo cafè?>> le chiesi, mentre sentivo su di me gli sguardi di tutti i clienti, dalle nonnine che avevano smesso di parlare dei loro nipoti mentre sorseggiavano il caffè solo per prestare attenzione a noi due estranei, al gruppo di vecchietti che giocavano a carte.

<<Oh, sì giovanotto, io e mio marito lo gestiamo da molti anni. Desiderate qualcosa?>>

<<Si possiamo avere due tè freddi?>>

Stavo quasi per chiedere alla nonnina qualche informazione, quando ero stato brutalmente interrotto da una voce squillante che proveniva alle mie spalle.

Mi girai e non riuscii a contenere in alcun modo l'espressione scioccata che indirizzati ad Oikawa, che sorrideva senza problemi.

<<Perché quella faccia, piccoletto? Non dirmi che preferisci il tè caldo! Io ne sono un amante, ma con trentacinque gradi all'ombra preferisco evitare!>>

<<Nessun problemi ragazzi, vi porto subito due tè freddi, accomodatevi dove volete>>

La proprietaria ci sorrise per poi allontanarsi a preparare i nostri ordini (che in realtà erano quelli di Oikawa, a me non piaceva neanche il tè, ma pensai che era meglio tenere per me quell'osservazione).

<<Oikawa, non sono qui per il tè, devo raccogliere informazioni sulla vittima!>>

Trattenni il mio tono di voce, che normalmente era alto e esagerato, per poter conservare almeno qualche ultima briciola di riservatezza e suonai ancora più stressato e lamentoso di quanto volessi.

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