capitolo 39

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Mike se ne infischiò delle raccomandazioni di Claire. Era già successo il finimondo, per lui! Claire se n'era andata furiosa da casa sua.

Uscì, mezz'ora più tardi, o forse di più. Si passava la mano nei capelli mori e si chiedeva se quelle parole, dette da Claire, avessero un senso più profondo.

Lui, il senso, non lo trovò.

Camminava piano, pensava a qualcosa da dire, a come farsi perdonare. In venti minuti fu lì. Ma se avesse saputo, sarebbe corso. Si sarebbe teletrasportato da lei, l'avrebbe presa fra le braccia: l'avrebbe amata.

Bussò alla porta e nessuno venne ad aprire. Suonò, e nessuno si degnò di una risposta. Mike così abbassò la maniglia - che casa di Claire era sempre aperta - ed entrò. "Claire?" La chiamò.

François uscì dalla camera di Mary, guardò il ragazzo perplesso. "Claire non c'è." Disse.

"Signore, non per contraddirla, ma è venuta qua più di un'ora fa." Mike non ci pensava. Claire aveva smesso. Claire prendeva le medicine. Chi ci avrebbe pensato? Claire, di sicuro. Perché lei pensava sempre al peggio.

"Non l'ho sentita." Disse François, assente. "Cercala in camera sua."

Mike annuì, e si diresse verso la camera della bionda. "Claire, mi dispiace." Sussurrò, aprendo la porta. Accese la luce, e il vuoto della stanza si trasferì nel suo petto. Mike divenne bianco, in quel momento.

"Claire!" Urlò disperato, aprendo la porta della camera del padre, quella di Mary. Vide la porta del bagno quando già le lacrime gli bagnavano le guance. "Claire, ti prego. Ti prego. Non farmi questo. Ti prego." Sussurrava fra sé e sé, singhiozzando. "Fa che sia aperta, fa che Claire non sia qui dentro." Pregava, non sapeva chi, ma pregava.

Con lentezza la sua mano toccò la maniglia, piano la portò giù e provò a spingere. Bloccata. Chiusa a chiave. Mike era disperato. La voleva raggiugere, la doveva raggiungere. "Come può non essersi accorto che è entrata?!" Sbraitò contro François, e lui rimase in silenzio, ripensando alle parole di Claire.

Voglio essere io la bambina. Ne ho il diritto.

François si avvicinò piano alla porta, spostò Mike che piangeva. Bussò con una leggerezza infinita. "Claire? Se apri sarai tu la bambina." A Mike scappò un singhiozzo. Nessuna risposta.

Cos'è peggio di un silenzio, in momenti come quelli?

Mike iniziò a prendere a spallate la porta, facendo rumore. Piangeva, urlava, prendeva a spallate la porta. Era disperato. In quel silenzio, lui, ci andava stretto.

Un'ultima spallata e non si sa con quale forza, ma la porta andò giù.

Claire era stesa sul pavimento, gli occhi spalancati verso il soffitto, sul suo viso un sorriso dei suoi: di quelli stretti, che ti sfottono, che ti fottono.

Claire, in quel bagno nero, spiccava. Era bianca, ricoperta di rosso. Mike cercava l'oggetto con cui si era fatta del male, per buttarlo, per bruciarlo. Un coltello. Guizzava lo sguardo ovunque, e non lo fermava mai sul corpo di lei.

Sullo specchio, uno sputo. Una P. Lo sputo scendeva ancora sulla superficie, la P insanguinata si era mischiata alla saliva di lei.

"Me l'avevi promesso." Disse Mike. E poi pensò: ma mi aveva avvertito.

Claire, su quel pavimento nero, era finalmente bianca. Il bianco a cui tanto aspirava.

Mike, in quel bagno nero, in quel momento, si poteva confondere con le piastrelle. Nero.

"L'ho persa."

E mi dispiace, Claire, se arrivo sempre troppo tardi.

Cuore di lattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora