ship: MikaYuu
song: Angela (Flower Face)saudade: Nostalgia per una persona, un luogo o una cosa che è lontana nello spazio e nel tempo. Un sentimento vago, nostalgico e malinconico per qualcosa che potrebbe non esistere nemmeno.
Te lo ricordi, che dormivamo insieme con le mani incrociate sotto le coperte e carte di caramelle sparse sul cuscino? «Se dormiamo vicini ci sogneremo.» Il tuo modo di arrossire mi faceva venire voglia di leccarti le guance e toglierti via quell'imbarazzo infantile che ti rendeva così carino da farmi tremare. Ci tenevamo strette le mani sotto le coperte, tu accocolato tra le lenzuola bianche sembravi solo un'altra delle pieghe del materasso, perchè eri chiaro, come la luce filtrata dalle tende che ci sorprendeva abbracciati alle otto di mattina. Sognavo di baciarti con la bocca piena di succo alla fragola. Sognavo i pomeriggi sotto gli alberi di ciliegio, con l'aria dolce che mi gonfiava i polmoni, tu che mi sorridevi e i tuoi occhi blu che cadevano dagli alberi come petali di fiore. Te lo ricordi, Mika, che arrossivi sempre quando ti raccontavo dei miei sogni?
Sai, non lo facevo per farti imbarazzare, mi piaceva semplicemente vederti sorridere di nascosto sotto le coperte. Mi piaceva quando mi prendevi le mani dai polsi come fossero stati steli di girasole e mi portavi fuori sotto l'aria di gennaio, che era sempre impregnata dell'odore dei caminetti accesi e della malinconia che cadeva su di noi sottoforma di pioggia. Mi piaceva quando parlavi e parlavi e parlavi con la testa tra le mani e i gomiti piantati sul pavimento. Muovevi le gambe in aria e non la smettevi di sorridere. Ai miei occhi eri già un angelo, ancora prima che il mondo andasse in rovina.
E mentre il tuo ricordo mi consuma i battitti, penso che di te non vorrei eliminare niente, nemmeno la tua muta sofferenza. A volte mi fa sentire in colpa, ma so che era parte di te come lo erano i tuoi occhi bagnati di innocenza. Faceva parte di te, che soffrivi in silenzio, che ti rodevi le unghie per non roderti le ossa, che preferivi essere ferito piuttosto che ferire gli altri. La sofferenza faceva parte di te perchè eri gentile, troppo gentile. Avresti dovuto pensare a te stesso, prenderti cura delle tue ferite, lasciare che agli altri ci pensasse la vita e smetterla di voler salvare sempre tutti, perchè nessuno può salvare il mondo. E poi a te chi ci pensava? Io ero un bambino egoista, e tu lo sapevi bene. Ma ora non voglio rimproverarti. Non è mia intenzione farlo. Vorrei soltanto essere quel raggio di sole che si era posato una mattina sulle tue guance bianche senza chiederti il permesso di accarezzarti il viso. Vorrei essere quei fiori selvatici che regalavi ai bambini con le mani scorticate e piene di graffi, perchè per raccoglierli dovevi strisciare tra rovi spinosi. E poi vorrei essere quel vento che ti aveva fatto tremare una notte di dicembre, stretto in un cappotto nero che si portava addosso l'odore della cioccolata calda. Sei sempre stato così bello, o lo eri solo quando il vento giocava con il tuo profumo? Io vorrei solo essere la terra su cui calpestavi insetti nei tuoi moti di rabbia, guardarti attraverso gli occhi che tu hai guardato, parlarti dalla labbra che sanno dire il tuo nome senza il bisogno di tremare. Vorrei essere il tempo che ha masticato la tua vita soltanto per fermarmi e farti vivere in eterno. Vorrei solo questo, puoi accontentarmi?
Io, sai, sono una persona semplice. Mi accontenterei di vedere il tuo respiro condensarsi sui vetri delle finestre. Mi accontenterei anche di stare seduto accanto a te sulle rovine di una stazione di treni, tu con il viso pallido e io che cerco di parlare ma non ci riesco. Non apprezzeresti i miei nuovi amici, lo so, lo sai, lo sanno anche loro. Avrai smesso di credere nelle altre persone, e io ti capisco, ma dato che non sono capace di soffrire in silenzio come te ho il costante bisogno che qualcuno mi stia accanto per afferrarmi quando l'abisso mi sembra un posto comodo in cui lasciarmi cadere. Rideresti di me e della mia ingenuità se sapessi con quanta facilità io adesso mi fidi degli altri. Però, a mia discolpa, fidarmi di te è stato così semplice che una volta saputo il tuo nome ero già pronto ad affidarti tutta la mia esistenza. E ti ricordo che tu l'hai accettata con il sorriso, con quel sorriso così dolce che ho desiderato abbracciarti, e mi hai detto che da allora in poi ti saresti fatto carico di tutto. Perdonami se adesso ti cerco negli altri. È difficile, per me, vivere nell'insicurezza. Mi hai viziato fin dall'inizio e ora non so badare a me stesso. Se fossi rimasto, la mia vita sarebbe ancora tra le tue mani e io non vagherei alla ricerca della tua sicurezza negli altri. Dove ti sei perso? Perchè la tristezza non va più via?
Mika, te li ricordi i tramonti su Tokyo? Mi portavi sul tetto a guardarli quando io mettevo su il broncio e scalciavo e incrociavo le braccia al petto e dicevo di odiarti, di odiarvi tutti, di odiare il mondo intero. Il cielo era denso dove il sole scivolava lungo i vetri dei grattacieli e liquido dove la notte ingoiava le nuvole e faceva splendere le prime stelle. Mi calmavo in un attimo, vittima dei tuoi sguardi, che illuminati dal tramonto sembravano dei fiordalisi. Mi guardavi con tenerezza, con dolcezza, con tranquillità, come i bambini, come le margherite sul ciglio della strada, senza pudore, senza imbarazzo. Per te era semplice: ti bastava guardarmi, tutto qui. Ho sempre voluto prenderti il viso tra le mani e lasciarti macchie del mio amore sulla pelle bianca, per farti capire, con semplicità e dolcezza, che di quegli sguardi non ne avrei mai avuto abbastanza. Che di te non ne avrei mai avuto abbastanza. Ma ogni volta che provavo a toccarti, tu ti eri voltato a guardare il sole. Dimmi, percepivi già l'arrivo della catastrofe?
Io l'ho capito subito che ti avrei voluto bene. L'ho capito dal tuo nome, Mikaela, che tu eri fatto di zucchero e limone, che mi avresti ingarbugliato lo stomaco con i tuoi sorrisi, che mi sarei innamorato, in una mattina di metà maggio, aspettando un treno in ritardo e masticando la tua immagine. Mika, il tuo nome è una caramella che si scioglie in bocca. Voglio assaggiare i tuoi pensieri, voglio sentire l'amaro che si mescola alla tua dolcezza. Mika, Mika, che ne è dei tuoi sorrisi? Sono ancora come li ricordavo? Li stai conservando per me?
Ti ricordi che sprecavamo la nostra paghetta in dolcetti e gelati al tè verde? Tu ti leccavi tutte e cinque le dita quando il gelato ti si scioglieva tra le mani, e poi mi guardavi e ridevi con la bocca sporca di verde. Avrei voluto leccarti via il gelato dalla faccia anche solo per guardarti arrossire. Ricordo la spontaneità con la quale ti addormentavi poggiato sulla mia spalla in quelle giornate che non ti lasciavano respirare. Non ti facevi molti problemi a prendermi la mano per far intrecciare le nostre dita. Non pensavi che la testa avrebbe potuto scoppiarmi, che sentivo farfalle frustarmi lo stomaco, che avevo la gola prosciugata e in bocca il sapore agrodolce del succo di pompelmo. Mi piaceva il modo in cui pronunciavi il mio nome, l'odore dei ciliegi che ti si appiccava sempre sulla felpa, il sorriso che avevi quando entravi nella mia stanza con i piedi scalzi e un libro in mano, che volevi a tutti costi leggessimo insieme. Mi piaceva guardarti e nuotare in quei silenzi che lasciavamo cadere su di noi come una coperta. Mi piacevi tu. Mi piaceva la tua armonia.
Mi stringo ai tuoi ricordi e penso che la solitudine mi stia lentamente dissanguando. Che ne è stato della tua ingenua logica, della tua gentilezza, della tua muta sofferenza? Che ne è stato di te, di noi, di quel mondo tanto dolce che potevamo mordere come un frutto? Rimpiango di non averti mai baciato. Avrei conservato il sapore delle tue labbra nelle tasche, soltanto per tirarlo fuori nelle notti in cui mi convinco che dei tuoi sguardi ormai non è rimasto altro che il colore del cielo.
Mika, t'immagino seduto sulla panchina del parco, i tuoi piedi che non toccano terra, i capelli chiari che si incastrano tra le ciglia e tu che li sollevi con un sospiro. «Resteremo insieme anche quando saremo soli?» Le tue parole sono amare, esacerbate dalla fragilità che ti ostini a nascondermi. «Non devi preoccuparti, non ti lascerò solo.» Ma tu non mi guardi neanche. Ti avevo perso nelle ansie notturne che masticavi da anni, nella solitudine delle notti invernali. Ti avevo perso tra le macerie di un mondo che non provava pietà per i bambini. «Prima o poi dovrai farlo, Yuu-chan. Dobbiamo farlo tutti.»
Un giorno capirò ciò che stavi cercando di dirmi, ma prima voglio portarti via da questo mondo impazzito. Come faccio a ritrovarti? Come si torna indietro? Come faccio a dirti che ti amo se ho finito le parole? Come posso restare con te se mi hai lasciato solo?
Mi mancano i tempi in cui mi dicevi, sdraiati sotto le stelle: «Sai, Yuu-chan, ci sono giorni in cui non riesco a sognare.» Allora stammi sempre vicino, così ci sogneremo a vicenda. Avrei tanto voluto baciarti. Rimpiango di non averlo mai fatto.