Quella notte

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-Quindi ti ha rimesso a posto Magnus?- disse Clary. –Ha detto Luke...

-Cavoli se lo ha rimesso a posto!- Intervenne Isabelle. –È stato fantastico. È arrivato, ha detto a tutti di uscire dalla stanze e ha chiuso la porta. In corridoio continuavano a esplodere scintille blu e rosse e il pavimento tremava.
-Io non ricordo niente- disse Alec.
-Poi è stato seduto al capezzale di Alec fino al mattino per assicurarsi che al suo risveglio stesse bene.- aggiunse Isabelle.
-Non ricordo neanche questo- Si affrettò a dire il ragazzo.
Le labbra rosse di Isabelle si curvarono in un sorriso. –Chissà come ha fatto a venirlo a sapere Magnus. Gliel'ho chiesto, ma non me l'ha detto.-
Città di ossa, Epilogo.


"Allora, stregone, che cosa desideri da me?"
Il demone che aveva appena evocato sembrava insolitamente gentile. Magnus pensò che fosse piuttosto strano, considerando che venisse da uno degli inferni più tenebrosi di tutti. Si chiamava Agares e, sebbene il suo aspetto non fosse ben definito, in mezzo alle fiamme bluastre, assomigliava un po' a Donald Trump.
"Ti facevo più... non so, dispettoso? Sai, un po' demoniaco, con membra cadenti, voce minacciosa e tutto il resto, che si rifiuta di assecondare la mia volontà a meno che non lo obblighi." Disse semplicemente, e la risata del demone riecheggiò in tutto il loft. Presidente Miao si posizionò tra le gambe di Magnus, più per curiosità che per paura.
"Chiederò comunque un pagamento. Ma non tutti i demoni sono come tuo padre", si limitò a dire Agares, e a quella risposta Magnus capì di cosa si trattasse: era uno dei tanti demoni che sottostavano a suo padre, e che non avevano nessuna voglia di mettersi né contro di lui, né contro suo figlio. Per sua fortuna, quel demone minore ignorava i veri rapporti tra lui e il demone che lo aveva "generato", altrimenti non sarebbe stato così accondiscendente. Magnus non aveva nessuna intenzione di rivelarglielo.
"Capisco" disse, dopo un tempo veramente troppo lungo. Il demone minore si limitò a mormorare in modo indistinto e chiedere: "Allora, stregone?"
"Ho una richiesta da dei miei clienti, mondani. Hanno perso loro figlio e vogliono che torni a casa, costi quel che costi. So che puoi farlo", aggiunse, troncando qualsiasi giustificazione sul nascere, "Sei il demone dei terremoti, delle fughe e dei ritorni da casa giusto?"
"So anche fare delle omelette deliziose", cinguettò, come se lo avesse riempito di complimenti; a Magnus non interessavano le sue doti culinarie. Anche se, in effetti, a parlare di cibo gli era venuta fame.
Si guardò intorno, in cerca di un pezzo avanzato di pizza, o una busta di patatine.
"Se hai un po' di farina e latte posso cucinarle io", continuò a dire il demone, come se fosse del tutto normale che un ologramma fiammeggiante potesse mettersi ai fornelli e cucinare per lo stregone che lo avesse soggiogato nel suo salotto.
"Non cucino dal millenovecentotrentanove", rispose Magnus, "Dubito che troverai ingredienti commestibili, qui." In realtà non era vero, ma una bugia a fin di bene poteva concedersela. Insomma, non mentiva mai lui. "E poi. Non ti ho invocato per un brunch."
"Ah giusto, giusto... il ragazzo perduto. Potrei farlo tornare, sì."
"Vivo", precisò Magnus. Il demone, a quella specificazione, sembrò un po' contrito. "Costerà di più."
"Che cosa potrebbe mai costare? Perfino i gatti e i cani sanno trovare la via di casa."
"Perché non chiedi a loro allora?"
Magnus odiava i demoni che si credevano indispensabili, perché non lo erano. Gli era già passata la voglia di quell'incarico, stava per bandirlo e preparare un discorso da dire alla famiglia, della serie "mi dispiace, vostro figlio si sta facendo gli affari suoi". Ma la paga era esageratamente buona. Fece un profondo respiro e tentò ancora.
"Andiamo. Che cosa vuoi in cambio?"
"Un terremoto. Piccolo piccolo. Qualche trentina di morti, non di più."
Magnus si massaggiò le tempie, mentre rispondeva con calma: "Non te lo posso lasciar fare."
"Una dozzina?"
"Puoi far accadere un terremoto qui."
Il demone sembrò guardarlo torvo: "E quale sarebbe il divertimento?"
"Pensaci: daresti fastidio al sommo stregone di Brooklyn, figlio di Tu-Sai-Chi. Se sei fortunato potresti anche uccidermi. Non voglio orrende cicatrici sulla fronte, io." Sperò che cogliesse il riferimento a Harry Potter, ma ovviamente non fu così. Il demone, tuttavia, sembrò ponderare l'idea. Magnus si chiese quanto ci volesse a prendere una decisione.
Non si era accorto che, nel frattempo, davanti ai suoi occhi era comparso un foglio bruciacchiato: si era materializzato come dal nulla, lasciandosi ondeggiare placidamente fino al pavimento. Presidente Miao, pensando che fosse un giocattolo per lui, cominciò a stropicciarlo.
"Il tuo gatto", disse il demone, e Magnus fu tanto confuso che alzò un sopracciglio e, come gesto automatico, lo prese in braccio, come per proteggerlo. "No eh! Il mio gatto non è in vendita! Prenditela con quelli della tua stazza, vile vigliacco!"
"... Volevo dire", precisò il demone, quasi offeso, "Che il tuo gatto stava mangiando il tuo messaggio di fuoco."
Oh.
In effetti c'era un pezzo di carta a terra, o meglio, i resti di tale. Magnus si chinò a ricomporlo allontanando Presidente Miao da quella che non doveva essere la sua cena. Il demone osservava la scena un po' divertito.
Il messaggio sembrava scritto di fretta, con una calligrafia molto disordinata. Riconobbe immediatamente la firma e, un attimo dopo, riuscì a interpretare meglio il suo contenuto:

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 19, 2019 ⏰

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