UNA PASSEGGIATA VERSO LA POLTRONA

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Come ti senti in questo momento? Quella domanda che non ti pone nessuno, quella risposta che non ti dà nessuno, l'unica cosa che puoi fare è quella di darti una risposta.

Il più delle volte la risposta rimane evasiva, illusoria, non consapevole di ciò che ti attraversa. Il viaggio nelle tue emozioni può iniziare in qualsiasi momento e la domanda principale è proprio ''come mi sento?'' Ed io rispondo ''sto, io sto''. Qualunque cosa si possa pensare o provare, in quel momento si ''è''. Privi di ogni pregiudizio, privi di ogni barriera creata, per non essere conosciuti e riconosciuti, privi della capacità di comprendere cosa si è, o per lo meno cosa si prova in quell'istante.

Quante volte ho ritrovato risposte in altri, e quante volte avrei voluto essere gli altri, e quante volte non sono stata capace di essere ''me''. Quante volte il giudizio per me stessa e per gli altri ha pregiudicato le relazioni di amicizia, familiari, lavorative. Contenta delle mie idee artefatte su cosa fossero gli altri costruivo comportamenti diversi che non mi hanno portato a nulla di buono: discussioni, litigi rabbia, frustrazione, pensieri di auto-sabotaggio hanno fatto parte delle mie relazioni. Non ho mai accettato, in qualche modo, quello che facevano gli altri. Messa su un piedistallo di relativa autocritica le mie relazioni diventavano costruite, non genuine, da dirigere. Vista come la risolvi-problemi, pratica nelle attività che richiedevano certe competenze, le mie relazioni erano sempre viste come un day-hospital, un prontosoccorso. Dinamiche di consigli-aiuto si riversavano in continuazione, provando piacere nel decidere cosa far fare agli altri, e come renderli vulnerabili davanti alla loro frustrazione, le domande si accumulavano, i giudizi si accumulavano, il disappunto si accumulava. Ma come? Tutte le attese fatte su quelle persone che mi circondavano si trasformavano in delusione, dolore...distacco. Inaspettatamente le persone che ritenevo di classe A cadevano nel vortice dell'insicurezza, ed ero lì a guardare la loro caduta con un giudizio maestoso, quasi appagante.

Altri invece vedendomi piena di sicurezza e chiarezza sentivano di potersi affidare e creare nelle mie parole risolute una sorta di oracolo. Vivevo nella proiezione del ruolo che mi avevano imposto, sentivo di dover avere un decano di regole di comportamento, sentivo che mi avevano dato una medaglia al valore: una stella puntata sul cuore, come un comandante addestrato alla rettitudine morale. Uno schema di abitudine e visione della vita che doveva andare al di là delle mie tendenze, cosa che col procedere mi ha seriamente portato a una visione diversa da quel ruolo che volevano darmi.

Non volevo un'amicizia di questo tipo, non volevo più relazioni in cui loro dipendevano da me, non volevo più quella responsabilità; una relazione genuina era per me diventata un'esigenza diversa.

Succedeva anche che avessi bisogno di essere creduta, di essere apprezzata, di avere l'opportunità di dimostrare di essere brava, di essere appagata da un'ammirazione sana da parte degli altri. Mi aspettavo il riconoscimento per quello che facevo, richiedevo fiducia da parte degli altri, richiedevo accettazione priva di pregiudizio. Un volontario ''benestare'' a quella che ero. Quella sensazione di appagamento da parte degli altri mi faceva stare tranquilla.

Sentirmi di far parte di un processo, sentire di essere complessa, sentirmi aperta all'esperienza, sentirmi al di là delle aspettative altrui, sentirmi al di là delle apparenze è stato folgorante! Il processo del Continuum1, di cui parla C.Rogers2, mi ha resa consapevole della direzione che stavo prendendo nel mio rapporto con gli altri. M'interrogavo, mentre stavo leggendo a che punto del processo, il mio pensiero e il mio stato d'animo erano rivolti in quel momento:

Perché la fiducia va guadagnata? Perché c'è il bisogno di dimostrare la propria affidabilità? Quello sguardo di complicità reciproca, quello star bene e libera di esprimermi, sorridere e vedersi capire, quella mamo nella mano simbolica che ti fa passare il tuo tempo con te e gli altri in modo costruttivo, quel dar fondo in maniera così genuina a quello che sei che ti permette di essere e stare veramente bene, di essere Tu, con tutto quello che porti dentro, con tutta la tua Congruenza, l'essere ciò che si è in quel momento. Carl Rogers2 ammette: ''mi sono espresso in maniera così personale, che proprio il sentimento che mi era sembrato così privato, aveva risonanza in sentimenti di molte altre persone''. La sincerità di essere, e la responsabilità di comprendere i reali bisogni che attraversano mente e corpo, l'esserino accettante (il referente interno)3che non ti pone resistenze. Coinvolta nella gara delle giustificazioni, più ero sincera nell'ascoltarmi, più capivo come esprimermi. La limpidezza con la quale esprimevo il mio sentire diventava un veicolo per le emozioni nelle quali molte persone si sono riviste, visibilmente colpite nell'intimo e così spiazzate da queste risonanze che veniva attivato un processo di ascolto reciproco diverso, profondo. La fiducia, quella straordinaria forma di amore e di accettazione, che solo quando la provi in tutte le sue forme t'invade e ti apre all'esperienza. Ho abbandonato l'idea di dover essere, quell'obbligo intimo e morale che mi diceva cosa dover avere e cosa dover fare, implicando quindi un'idea che mi ero creata di me. Che pace e che paura, un'agitazione incredibile nel viversi in modo nuovo, senza avere nulla di scontato da provare, incredibili avventure fuori dalla zona conosciuta dei sentimenti e delle reazioni che provi. Un ascolto intuitivo, magico e curiosamente saggio, un cammino, nel quale non sapevo dove appoggiare i piedi, ma i fatti mi sono stati amici. Affidarmi alla mia esperienza mi ha portato ad avere la fiducia necessaria nelle mie inesplorate capacità di comprensione personale, mi sono sentita fiduciosa con me stessa e responsabile nel sentirmi in grado di dirigermi da sola. Sentirmi così aperta a queste passeggiate, mi ha dato modo di cambiare l'atteggiamento anche verso i sensi di colpa. Rollo May4 dice che: ''Il senso di colpa è la percezione della differenza fra ciò che è e ciò che dovrebbe essere'' .... Questo non va confuso con la coscienza: il senso di colpa è un aspetto molto ampio dell'esperienza, di qui la coscienza è soltanto una delle espressioni ''. Abbandono piano piano un modo di essere modellato non solo sulle mie aspettative ma anche sulle aspettative altrui.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 10, 2019 ⏰

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