1▪︎Avete un buon odore Milady

39 2 0
                                    


Sorrisi, strette di mano, convenevoli, parole di cortesia, reverenze.
Un vorticare di persone mi passa davanti, non ricordo nemmeno più in quanti siano  già venuti a scambiare  qualche futile formalità con mia madre mentre mi presenta all’invitato di turno. Sembrano un’orda di barbari che affluisce dalla porta d’ingresso.

Mia madre  è radiosa, sta finalmente presentando alla società la sua unica figlia. Credo che il sorriso le rimarrà su fino alla fine della stagione, e la stagione è solo all’inizio. Io invece non ho alcun  motivo per sorridere, tra queste persone è presente colui che presto mi porterà via il tesoro più caro: la mia libertà.

Sono qui in piedi da ore, quando finalmente arriva l’ultimo ospite. Non mi sembra vero poter finalmente muovere i piedi, il primo passo fa persino male.
“Un passo alla volta mia cara, non vorrai cadere proprio ora?”. Mi sussurra benevola mia madre. È stanca anche lei, ma è più brava di me a nasconderlo. Procedo a passo lento ed accorto verso un punto d’appoggio quando vengo assalita da quelle che dovrebbero essere mie amiche, e che dovrebbero aver pietà di me e lasciarmi sedere.
“Elèna, siamo tremendamente felici per te!”.
“Il tuo abito è una favola.”.
“Hai già messo gli occhi su qualcuno?”.
“Non tenerci sulle spine!”.
Mi riempiono di domande senza lasciarmi parlare, rivolgo loro un sorriso sincero, il primo di questa sera.
“Stai forse ridendo di noi?”. Chiede Arabella incrociando le braccia snelle.
“Certo che no, come  potrei.  Siete l’unico piacere di questa giornata.”. Rispondo sincera.
“Non dire così.”. Arabella e Lillian  sono le mie più care amiche, sanno della mia avversione per il matrimonio, anche se non la comprendono.
Ho del tutto perso il mio primo ballo accogliendo ospiti. Mio padre è una personalità di spicco e dovevo immaginarmelo che avrebbe invitato tutte le figure di maggior influenza della società da bene, ma non ero preparata a tutto ciò.
“Rimarrei più che volentieri a chiacchiere qui con voi, ma se così facessi mia madre non me lo perdonerebbe. Ballate anche per me!”.
Mi rivolgono un sorriso compassionevole.
Cammino piuttosto lentamente, i miei piedi sono  estremamente doloranti. Per fortuna quella tortura sta per finire, molti ospiti se ne sono già andati e non vedo l’ora di ritornare nella mia camera per immergere i piedi nell'acqua fredda. Per buona sorte domani ho l’intera giornata per riposare, anche se la sera dovrò subire una estenuante nottata di quadriglia, polka, valzer, e chissà cos’altro. Spero nessuno mi inviterà a ballare.


Sciocco da parte mia pensarlo, o sperarlo. Tutte le mie speranze di passare inosservata questo ballo si sono vanificate. A quanto pare sono una preda ambita tra tutti questi gentiluomini, alcuni di loro hanno quasi il doppio dei miei anni. Ecco un altro tassello da aggiungere al mio muro dell’invidia, gli uomini, anche superati i trenta, sono  considerati scapoli, mentre noi donne, se entro qualche stagione non troviamo alcun pretendente siamo considerate alla stregua di una vecchia zitella.
Lo trovo tremendamente ingiusto!
Ho solo diciassette anni, eppure potrei finire tra le braccia di qualcuno che potrebbe essere mio padre, il solo pensiero mi disgusta.
All’improvviso mi sento stordita dall’intensità di questa idea, che il fischio incessante alle orecchie ritorna più forte di prima, quasi da coprire la musica che mi circonda. Mi guardo attorno, volti, fronzoli, corpi che ballano, mi sento soffocare. Chiedo scusa alle persone con le quali stavo parlando e mi dirigo verso… dove non lo so nemmeno io, questa casa mi è d’un tratto  estranea.
Mi manca l’aria. So bene che è sconveniente per una giovane attraversare la sala da ballo senza una scorta ed uscire, ma non intravedo mio fratello da nessuna parte, e sento che potrei svenire qui dentro. Il che sarebbe ancora più scandaloso.
L'anticamera della sala da ballo è vuota, ma esaminandola noto una balconata dietro ad una tenda.
Devo assolutamente uscire.
Lascio socchiusa la porta dietro di me e mi appoggio con le mani alla ringhiera in pietra. Chiudo gli occhi ed inspiro l’aria fresca della notte, la mente si libera quasi all’istante, ogni pensiero che fino a quel momento mi tormentava svanisce nell’aria pungente. Continuo ad inalare aria fresca finché non comincio a sentire il freddo finalmente intaccare la pelle surriscaldata. Apro gli occhi e osservo la luna, che nella sua ultima falce, di rimando brilla ancora più forte.

“Non dovreste stare qui fuori.”.
Una voce afferma nell’oscurità alle mie spalle. Mi irrigidisco dallo spavento, mi volto lentamente solo per scorgere un uomo che non avevo mai visto prima.
“Voi dovete essere la sorella di Frederick, vostro fratello vi sta cercando.”. Continua mentre tiene aperta la porta della balconata intimandomi ad entrare. Non sarò stata via per più di 5 minuti.
“Vi ringrazio.”. Come fa questo uomo a conoscere mio fratello, io di lui non mi ricordo affatto?
Cercando di camminare il più in fretta possibile rientro dentro e vengo subito avvolta da un piacevole calore. Come prima l’anticamera è vuota, c’è solo mio fratello che a passo svelto viene verso di me con sguardo preoccupato.
“Dio Elèna  dove sei stata? Sei sparita per quasi un’ora. Sei congelata, misericordia!”. Afferma portandomi le braccia sulle spalle, cercando di riscaldarmi.
“Un’ora? Ma se sono passati solo pochi minuti.”. Lo correggo, ne sta facendo un melodramma.
“Non importa se è stata un’ora o un minuto, a quelle persone lì fuori occorre un secondo per mettere in giro un pettegolezzo sgradito.”.
“Hai ragione, perdonami.”. Non do alcuna spiegazione sul mio stato d’animo, o del perché ero uscita sola, non capirebbe. Si gira verso il suo amico, con la luce fioca della candela non è facile osservarlo.
“Letum lei è mia sorella Elèna.”. Si approssima mentre gli porgo la mano. Inaspettatamente, senza distogliere lo sguardo dal mio, porta la mano nuda alle sue labbra e la sfiora in quello che sarà un gesto leggiadro volto a carpire sensazioni a me estranee. Non ero mai stata toccata in quel modo da un uomo, la sfrontatezza, le labbra umide e morbide, le labbra di un uomo così spavaldo, e le sue stanno baciando la mia mano. Sento le guance arrossarsi leggermente. Che mi succede? Non mi ero mai sentita così.
“Lady Elèna.”. Il mio nome è come seta su quelle labbra rosse.
Riprendo velocemente il controllo da quella breve confusione e faccio una leggera riverenza. Chi è costui ?
Rientriamo senza farci notare troppo. Mentre i miei due accompagnatori sono presi da una conversazione di poco interesse per me, osservo Letum. Che strano nome da dare ad un figlio, se i miei studi di latino non sono stati vani significa morte.
Le luci nella sala sono più numerose, ed oltre le labbra rosse, adesso noto il pallido azzurro dei suoi occhi, e un viso estremamente levigato da fare invidia a qualunque signora in questa sala, persino a me. I capelli ricadono morbidi ai lati del viso facendogli da cornice scura, esaltando così ancora di più il viso cereo ed armonioso. Non ho mai osservato un uomo così a lungo, né da così vicino.

Prendo il mio carnet praticamente vuoto e sorrido.
“Sorella, perché sorridi così? Il tuo carnet da ballo e spaventosamente vuoto.”. Afferma sfacciato mio fratello.
“Non me ne preoccupo affatto, fratello caro.”. Rispondo sorridente.
“Sorella cara, così non troverai mai un marito.”. Prima che possa rispondere, sento la voce calma di Letum:
“Posso avere l’onore del prossimo ballo?”. Il mio sorriso si arresta, il respiro si blocca in gola e la mia mente torna in confusione. Non riesco a trovare nemmeno la più futile delle scuse per declinare quell’offerta così stuzzicante.
“Con piacere.”. Rispondo, sorpresa dalle mie stesse parole.
“Caro amico, non dovevi farlo solo per compassione.”. Afferma Frederick dandogli una pacca sulla spalla.
“Allora vi lascio in buona compagnia, e vado a cercare una dama anche per me.”. Con un mezzo inchino sparisce dalla vista.
“Non fraintendetemi, non l’ho fatto perché siete la sorella di Frederick, né per compassione.”. Si giustifica quasi.
“Non importa davvero, non ne sono offesa.”. Rispondo sincera. Dopo qualche istante mi porge cordiale la mano e mi conduce verso il centro dove altre coppie sono già posizionate. Molti occhi ci osservano, forse, proprio come me, non sanno chi sia questo aristocratico.
Con una mano ghermisce la mia, mentre con l’altra avvolge il mio corpo e la posiziona sopra la scapola, pericolosamente vicino all’orlo del vestito, avvicinandomi a lui. Essere così vicini mi crea quasi disagio. Ho già parlato con altri uomini, ma non ho prestato attenzione a nessuno di loro.
Cominciamo a muoverci al ritmo della musica da sala, è un bravissimo danzatore, i suoi movimenti sono fluidi, divengono un tutt’uno con quelle note.
“Avete un buon odore milady.”. Attesta all’improvviso. Forse ho sentito male. Vedendomi disorientata continua a spiegare: “Vogliate perdonare la sfrontatezza, ma siete la prima dama che incontro da molto tempo, che tra tutti questi strati di essenze floreali, non ha un odore nauseabondo.”. Quelle parole così impertinenti mi lasciano accaldata in viso ancora una volta. “Vogliate perdonare la mia insolenza.”.
“No, non vi scusate. Io, e a quanto pare anche voi, e queste persone, la pensiamo in modo diverso sull’igiene. Anche voi…”. mi blocco prima di risultare inopportuna con un uomo facendogli notare che l’ho annusato. Anche se ciò implica che lo ha fatto anche lui. Tutto questo è estremamente inopportuno. Mi sento eccessivamente infervorata e turbata per la situazione.
“Anche io, cosa?”. Chiede con un  sorriso malizioso, oserei dire che mi sta provocando apertamente. Non rispondo. Da brava inglese cambio argomento.
“Come conoscete mio fratello, non vi ho mai notato tra i suoi rapporti?”.
Accenna un sorriso divertito, si è accorto immediatamente del mio goffo tentativo  di cambiare tema, e non insiste oltre.
“Ci hanno presentati durante una battuta di caccia qualche anno fa. Mi ha reso noto che avrebbe partecipato a questa stagione per farvi da chaperon occasionalmente, allora ho deciso di tornare a Londra anche io quest’anno.”.
“Comprendo.”. Lascio cadere il discorso. La danza prosegui in silenzio, come da etichetta a fine ballo mi accompagna da mio fratello, ma non si congeda, rimane con noi per tutta la serata, e a quanto pare la cosa non mi dispiace affatto. Con mio rammarico, ho dovuto però ballare con altri 4 gentiluomini e un ultimo ballo con Frederick.
Non so da quando, però la mia mente è occupata da un unico pensiero, l’acqua fredda nella quale immergerò i piedi al ritorno nella mia stanza, questo solo pensiero mi rallegra e fa sopportare gli ultimi balli.

Letum ci accompagna alla carrozza. Prima che possa salire, afferra senza preavviso la mia mano inducendomi a voltarmi verso di lui, e la bacia ancora, indugiando più del dovuto. Non proferisce parola, ma i suoi occhi scrutano apertamente il mio corpo da capo a piedi, mi sento a disagio sotto a quello sguardo misterioso.
Nessuno mi aveva mai guardata così sfacciatamente. 
Mi scruta come, come se non indossassi nulla. Il solo pensiero mi rimanda in confusione ancora una volta questa sera, finché non ritiro velocemente la mano e goffamente salgo sulla carrozza, intanto che odo lo spettro della sua risata. Mi tocco il collo con le mani per raffreddare quella strana sensazione che pervade il corpo, forse ho la febbre.

Salve a tutti, spero vi piaccia questa nuova storia!
Mi scuso in anticipo per la presenza di eventuali errori!

▪︎Nana▪︎


Finché Morte non ci separiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora