sześć

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Il vuoto dei sogni, dei pensieri, del cuore del bambino era quasi tangibile.
Gli altri lo vedevano e lui lo sentiva.

Era come una forza sovrannaturale che lo spingeva in basso, sempre più in basso, desideroso di distruzione.

Gli abissi della mente umana sono tenebrosi, cupi e ti decompongono piano piano, lentamente, così che tu non possa vederlo.
I pensieri come "non sono abbastanza", "non servo a nessuno", "posso fare quello che voglio, comunque non importerebbe a nessuno" riempivano la piccola testa di quel bambino,mentre cercava di aggrapparsi al desiderio di una vita migliore.

Ma si era arreso, si era abbandonato all'abisso nero, alle braccia senza vita della morte.
Lui era lì, disteso in quel vuoto, mentre scendeva, senza opporre resistenza.
Perché doveva?

La sua vita era una di quelle che si dimenticano facilmente tra le piccole news del paesino.
Fare scalpore, diventare virale,se non per il suo corpo deriso, non accadeva ai campagnoli come lui.
Quindi non poteva essere conosciuto per come era veramente fuori da quella bolla di vetro che era il suo paesino.
Ma il suo cuore.. voleva combattere. Voleva. Si sforzava, parlava al bambino. Cercava di trainarlo verso il meglio, fiducioso che non si è nati per soffrire.

Ma il sangue scendeva dalle sue braccia come un fiume in piena, una cascata cremisi che non avrebbe mai dissetato nessuno.
Non serviva neanche a quello.

Il suo corpo sarebbe stato buttato in qualche fossa comune, quelle dove ogni corpo che incontri non ha volto, non ha nome, solo un cumulo di ossa impolverate.

Ma i sogni non volevano arrendersi. Era una battaglia tra la vita e la morte, tra tutto ciò che gli succedeva e la sua salvezza.
...
La morte.

La morte per il bambino era la salvezza della sua anima, non la temeva come tutti, lo accompagnava dalla sua nascita e la pura idea di morire e scoprire cosa ci sia oltre le sofferenze mattutine, lo incuriosiva.
Lo spingeva a desiderare ciò che tutti evitavano, per cui piangevano.
Perché piangere se la persona morta ora se la passa meglio di te che stai seduto su un letto a ferirti lentamente?

Più infondo andava, più pensieri nascevano nella sua mente.
"Non sono buona a nulla" ed affondava la lama.
"E se non fossi nato? Tutto sarebbe andato meglio" e spingeva con forza dentro la sua epidermide, facendo fuoriscire il liquido che puliva le sue sofferenze, come se fosse acqua.
"E se mi taglio, tutto andrà meglio."
E continuava, continuava, con il desiderio che finisse tutto lì.
Che non continuasse, ma ogni giorno si svegliava, pallido e distrutto, ma si svegliava.
Ed ogni giorno a cercare un punto non utilizzato da aprire.
Aperta la pelle in due, riusciva a vedere i capillari spezzarsi nettamente sotto la lama affilata.
Guardava il cielo nel suo campo di grano.

Che spettacolo.

Si guardò la mano piccola e tenera, di un bambino quale era.
Ma subito dopo pianse, urlando silenziosamente.
"L'amore ed il desiderio di vivere hanno abbandonato la mia anima in un baratro profondo, dove solo la morte è lì ad attendermi.
Almeno lei, non mi lascerà mai cadere."

Il ragazzo di campagnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora