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Arisa quasi non vomitò mentre si appoggiava a Liria per non crollare a terra. La rosa aveva chiamato tutta l'Inazuma Japan, anche coloro che non erano nella loro stessa città. Aveva chiamato anche Aiden e Joe. Aveva chiamato tutti in pratica. Perché? Al centro del campo da calcio vicino al fiume dov'era solita allenarsi con i sue amici c'erano dei cadaveri. I cadaveri erano tutti stati aperti, gli organi erano sparsi in giro. Mani completamente distrutte, visi pieni di lividi. I cadaveri appartenevano a vari ragazzi e ragazze che conosceva di vista. E li conosceva solo perché spesso li aveva sentiti dire cose brutte a Martina. La castana aveva sempre rassicurato lei e Liria dicendo che se me fregava e non le importava delle loro parole. Mentiva. Questa ne era la prova. Si era vendicata, ma nel modo più più errato possibile.
«Chi diavolo può aver fatto questo?!» chiese Mark con occhi sgranati. Nessuno eccetto Caleb, lei e Liria sapevano della pietra di Alius. Ed ovviamente non si aspettavano nulla di simile. Caleb, infondo, non ha mai ucciso nessuno. Erano rimasti spiazzati. Non sapevano se era meglio raccontare agli altri cosa fosse successo o meno. Arisa raccontò tutto. Spiegò di come la castana stesse male da qualche giorno, disse che Liria e Caleb avevano notato subito l'anellino. E, infine, spiegò anche che relazione avessero i ragazzi ormai deceduti con la castana. Caló il silenzio. Nessuno sapeva che dire o fare. Di certo il calcio non poteva risolvere la situazione, questa volta.

Caleb prese la collana e la mise. Stavolta, però, non gli serviva per chissà quali scopi ma bensì per tener testa a sua sorella. L'aveva vista rientrare a casa. Era il momento di agire. Il punk entrò a passo svelto e appena vide la minore la bloccò ad un muro. Pietra contro pietra. La ragazza non potè liberarsi, lo guardò semplicemente male.
«Che vuoi?!»
«Cosa diavolo ti è passato per la testa?! La pietra di Alius?! Seriamente? Sei una cretina! Idiota!» le urlò contro Caleb levandole l'anello dal dito.
«No!» urlò di rimando Martina cercando di liberarsi dalla presa del fratello. Sembrava di colpo nel panico.
«Tu! Brutto stronzo! Tu dovresti essere il primo a capirmi! Non eri forse tu quello che ha scelto per primo questa via del cazzo?!»
«Sappiamo tutti e due che i nostri scopi erano diversi. E sappiamo entrambi perché scelsi quella strada. È diverso. So cosa fa quella pietra, è per questo che voglio aiutarti. Come tu qualche anno fa rivolevi tuo fratello, io ora rivoglio mia sorella!»
«Non erano diversi i nostri scopi! Bastardo! Volevi il potere, come lo voglio io! Ridammi l'anello! Ne ho bisogno! Ho bisogno di essere forte! Ti prego!»
Martina iniziò a piangere cercando invano di riprendersi l'anellino. Non voleva tornare ad essere presa in giro. Non voleva tornare ad essere debole. Voleva essere temuta, aveva bisogno di sentirsi forte. E solo la pietra riusciva ad aiutarla, o almeno... Così pensava. Sapeva che ciò che aveva detto a Caleb non era giusto. Sapeva che Dark aveva in ostaggio la loro mamma. Sapeva che aveva costretto suo fratello. Eppure, in un certo senso, voleva credere che Caleb avesse scelto quella via per essere forte e non perché non aveva altra scelta. Preferiva vedere suo fratello come qualcuno che sbaglia e lo accetta e non come qualcuno che non può scegliere liberamente. Caleb capiva la sorella. Sapeva che stava soffrendo. Ma non voleva che si distruggesse così. Con un sospiro, si levò la collana e la lasciò.
«Non ti serve. Va in camera, ora»
Lo disse con freddezza, perché sapeva che altrimenti non avrebbe retto. Vedere la sorella così disperata lo distruggeva, specialmente perché non poteva aiutarla. Quindi strinse i pugni e distolse lo sguardo mentre la più piccola correva via piangendo. Non poteva fare diversamente. Doveva aiutarla. E l'anellino non era il modo giusto.

Double FaceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora