Torchio
Gettò le ovaie sul tavolo come si gettano i pulcini nel macinaossa. La donna davanti a lei piagnucolava, ancora sotto sedativi.
Non si era mai curata troppo della salute psicologica dei suoi pazienti, né del cosiddetto senso del decoro su cui alcuni in quella società morta e drogata ancora farneticavano. Ricucì i buchi nel basso ventre e le iniettò una dose massiccia di antidolorifico locale. «Tranquilla, starai subito meglio» sussurrò secca alla donna appena cosciente. Le poggiò un panno assorbente sulla testa e la lasciò ai suoi ultimi, flebili lamenti. Quando finì di pulirsi mani e gomiti del suo sangue era già quieta, appena riemersa dal baratro della droga. Non riusciva a parlare ma i suoi occhi la guardavano lucidi.
Odore di sangue caldo. La testa le girava. Inghiottì l'ultima pillola da un barattolo sul tavolo e piegò la testa all'indietro per mandarla giù. L'acqua era finita assieme a quel corpo secco a pochi metri da lei, ma per la sua laringe meccanica non fu un problema. Doveva, in qualche modo, evitare di stracciarsi il cervello in astinenza.
Subito aveva creduto di non farcela. Aveva pensato che quello stecchino di donna le sarebbe morta sul letto come l'ultimo vecchiaccio passato di lì. Era tremendamente disidratata e non ne voleva sapere di smettere di urlare. L'avevano scaricata davanti all'edificio come scaricavano i cani randagi che infastidivano le carni dei morti per le strade nei vecchi canili. Urlava come se le avessero mangiato le interiora, il che non era molto distante dalla realtà dei fatti. L'aveva sorpresa mentre sonnecchiava sulle voci lontane del visore interattivo. Aveva dovuto controllare il regolatore del sangue prima di decidere di alzarsi ed intervenire. Ora che la vedeva lì, distesa e quasi in pace, sapeva che i suoi occhi non l'avrebbero ricompensata.
Donava a tutti una morte più lenta, un motivo per non morire oggi ma per farlo domani con la pace nelle ossa. Morire in pace era l'unica cosa che restava da fare in quel quartiere, l'ultimo diritto che reclamavano tutti con le urla e i morsi. Lei glielo dava, li curava e li vedeva morire sereni. Il bambino della porta accanto, la nonna, il disertore, e altrettanti prima di lei.
Ma quella donna no, avrebbe vissuto. Sarebbe uscita dalla porta, e avrebbe fatto almeno alcuni chilometri. Forse avrebbe fatto in tempo a trovare sua figlia, nella strada in cui l'aveva lasciata.
E lei avrebbe fatto in tempo ad urlare e a dimenarsi per l'astinenza e la sete, senza più nessuno attorno; a gettare altre ovaie di altre donne sul suo tavolo insanguinato, e a raccontarsi che ci aveva provato.
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metal press, 強
Science-FictionGettò le ovaie sul tavolo come si gettano i pulcini nel macinaossa. Ora che la vedeva lì, distesa e quasi in pace, sapeva che i suoi occhi non l'avrebbero ricompensata. Donava a tutti una morte più lenta, un motivo per non morire oggi ma per farlo d...