10.W -denial-

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Camminava per le strade buie. Non sapeva dove si trovava e non sapeva il suo nome. Faceva paura, poteva facilmente spaventare un bambino fosse stato il protagonista di uno di quei racconti di terrore. Aveva un suo fascino in realtà, si muoveva a scatti, lentamente. Aveva braccia lunghissime, fin troppo per il suo corpo e le dita altrettanto smisurate,contratte rigidamente, quasi come le raggrinzite dita di un vecchio. Non aveva un volto, o meglio, le cavità degli occhi erano presenti...ma erano vuote. Erano quasi più espressive di un paio di occhi veri. Non parlava, si sentiva solo il fruscio delle sue vesti malandate che setacciavano l'asfalto. La sua pelle sembrava fatta di corteccia, era spessa e rossiccia. La capigliatura folta e riccia raggiungeva il terreno e si mimetizzava con gli stracci che coprivano il suo corpo smilzo e longilineo.

Un sorriso sinistro si fece spazio su quel volto deforme. Era giunta l'ora.

Si mosse velocemente ma comunque in modo aggraziato, come se avesse improvvisamente ripreso vita. Volteggiava una melodia che nessun altro avrebbe potuto sentire, mentre si dirigeva verso il suo obiettivo.

Arrivò poco dopo in un parchetto lì vicino, una ragazza si dondolava con malinconia su un'altalena dalle catene arrugginite. I capelli le coprivano il viso, di tanto in tanto tirava su dal naso. I singhiozzi riecheggiavano nella notte. Chissà cosa era successo a quella povera anima. Era visibile anche ad un cieco quanto fosse fragile e sola in quel momento. Così si avvicinò cautamente alla preda strisciando le sue membra lungo l'erba umida, allungò una mano tremante verso il viso della ragazza. Lei nemmeno si spaventò, si lasciò sfiorare il viso da quelle dita lunghe e avvizzite, piegò il capo come ad invitare la creatura a prenderle il viso di porcellana fra le mani. Che visione tanto meravigliosa quanto triste.

La giovane, inspiegabilmente sapendo chi fosse quella misteriosa creatura le fece un cenno con il capo e le donò un mezzo sorriso. In risposta un timido fruscio.

Le sfiorò il petto delicatamente, poi immerse il dito indice in lei, arrivando dritto al cuore. Era un dolore che poteva sopportare, era quasi liberatorio, nulla in confronto  a quello che aveva provato fino a quel momento. La creatura roteò le dita con l'intenzione di afferrare l'organo pulsante della giovane. Non avrebbe preso la sua vita, avrebbe catturato il suo dolore, la sua capacità di amare.

Mostro! Penserete voi, lo so. Ma non è così, le sue intenzioni erano delle più pure. Voleva privare loro di quella terribile sensazione.

Così  lo tirò fuori e lo osservò,pieno di vita emanava una luce sinistra poiché era stato avvelenato, poi rivolse uno sguardo alla ragazza, che sembrava essersi tolta un peso. Ringraziò la creatura con uno sguardo affaticato e ricominciò a dondolare sulla giostra cigolante.

La 'cosa' si spostò di qualche centimetro e immerse le grandi mani in una borsa in cuoio, che portava a tracolla, nascosta dagli abiti sudici. Ripose il giovane cuore al suo interno, insieme a tutti gli altri, al sicuro. Così nessuno gli avrebbe più potuto fare del male.

Così si allontanò, i fruscii nella notte la precedevano, la sacca in cuoio dondolava sulla sua spalla ossuta. Un altro cuore in quella sacca logora, un altro peso di cui si prese carico.

Dovete sapere però che non aveva sempre infestato le strade notturne di quella cittadina maledetta.

Anche in questo racconto, il mostro non è e non sarà mai quella creatura misteriosa. I mostri siamo noi, tutti noi. Avidi ed egoisti, distruggiamo sempre ciò che ci circonda, ciò che ci è caro.

La sua chioma spettinata si muoveva a ritmo del vento, mentre vagava lungo le strade notturne, di nuovo. Era una sorta di rituale, stessa città, stessa ora, una nuova vittima. E anche quella sera sarebbe stato così, qualcuno la stava aspettando.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 01, 2019 ⏰

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