Capitolo XVII - Miracolo (prima parte)

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"Ho perdonato errori quasi imperdonabili.

Ho cercato di sostituire persone insostituibili e di dimenticare persone indimenticabili.

Ho agito d'impulso.

Sono rimasto deluso da alcune persone,

ma anche io ne ho deluse alcune.

Ho abbracciato per proteggere.

Ho riso quando non si poteva farlo. Mi sono fatto amici per l'eternità.

Ho amato e sono stato amato, ma sono anche stato respinto.

Sono stato amato e non ho saputo ricambiare.

Ho gridato e saltato per la gioia.

Ho vissuto d'amore e fatto giuramenti eterni,

ma ne ho anche rotti molti.

Ho pianto ascoltando musica e guardando fotografie.

Ho chiamato solo per ascoltare una voce.

Mi sono innamorato per un sorriso.

Ho pensato di poter morire di nostalgia e...

Ho avuto paura di perdere qualcuno di speciale

ed ho finito per perderlo.

Però sono sopravvissuto!

Sono ancora vivo!

Non mi stanco della vita!

E nemmeno tu devi stancartene... Vivi!

Combattere con determinazione è un bene,

abbracciare la vita e vivere con passione.

Perdere con classe e vincere con audacia,

perché il mondo appartiene a chi osa

e la vita è troppo bella per essere insignificante."

Cit. Charlie Chaplin - Vivi

■●■

Sabina non riusciva a crederci.

Era impensabile anche solo l'immaginare una cosa del genere.

"Suo figlio è vivo... È un miracolo" erano questa le prole che continuavano a ripetersi nella sua mente.

Le gambe le tremavano, il fiato le divenne sempre più pesante e un leggero stridulo rauco le fuoriuscì dalla bocca in maniera del tutto involontaria.

Talmente fu lo stupore del momento, che la signora Zanetti si dimenticò persino di essere ancora in chiamata con l'ospedale.

«Pronto? Signora Zanetti... Signora, mi sente?» continuava a ripetere come un disco rotto il dottore dall'altra parte della cornetta.

«Sì dottore, la sento» disse Sabina con voce assente, quasi come se fosse stata riportata forzatamente alla realtà.

«Ha capito cosa le ho detto? Suo figlio è vivo. Non sono affari miei ovviamente, ma le consiglio di passare qui in ospedale per venirlo a trovare. È ancora un po' scosso ma sta bene. Tutto nella norma».

«Sì dottor Rossini, ho capito. Può attendere un attimo in linea così parla anche con mio marito? Perché se glielo dico io non mi crederà mai».

«Certo signora, attendo» fu la risposta secca e fredda del dottore.

Sabina sembrava essersi tramutata in una furia.

Con una velocità disumana saltò completamente, con grandi balzi, le scale dirigendosi a passo spedito in giardino dove Luigi e Giacomo si erano appena rialzati da terra, sporchi di sangue proveniente da quegli animali crudelmente ammazzati.

Appena la signora Zanetti prese coscienza di quello che era accaduto si fermò all'istante, completamente impietrita dallo scenario quasi apocalittico che si trovò davanti.

Carcasse di animali di varie speci erano sparse in modo irregolare su tutta la superficie del giardino.

Fiumi di sangue rosso cremisi tingevano ogni cosa.

Un forte e acre fetore di morte appestava tutta l'aria.

Anche Rita e la piccola Silvia rimasero inorridite da tutta quella folle mattanza.

Rita, quasi come per cercare di proteggere la piccola, strinse la figlia in un forte abbraccio, non permettendole di guardare ulteriormente quella scena degli orrori.

«Giacomo, ma che cosa hai fatto?» chiese la moglie urlando a squarciagola.

«Non è successo niente non ti preoccupare. Sistemeremo tutto».

La signora Zanetti non riusciva a guardare in faccia il marito e, a causa di tutto quello sdegno, quasi si dimenticò di avere ancora il dottor Rossini in linea.

Una leggera vocina gracchiante, proveniente dal telefono che Sabina stringeva nella mano destra, la ridestò dallo stato confusionale in cui versava pochi attimi prima.

«Pronto? Signora Zanetti? Che succede?».

«Niente dottore» rispose mortificata la signora Zanetti, «Adesso le passo mio marito».

Giacomo, non capendo cosa la moglie volesse fargli capire con quel gesto, prese il telefono dalle mani della moglie e con voce alterata disse.

«Dottore, mi ascolti bene... Se mi ha chiamato per dirmi che devo procedere con le pratiche funebri per mio figlio, sappia che sta chiamando nel momento sbagliato. Non... ».

«Signor Zanetti, stia zitto un attimo e mi ascolti. La sto chiamando per dirle che suoi figlio si è risvegliato. È vivo. Non so come questo sia possibile ma, come ho già detto a sua moglie, dev'essere stato un miracolo. Non riuscirei a spiegarlo razionalmente».

Giacomo si lasciò andare ad una risata fragorosa.

Non credeva alle parole del dottore.

Non riusciva a prenderle sul serio.

«Un miracolo? Lei che ne sa di miracoli? Se questo è uno scherzo dottore io...» non riuscì a terminare la frase.

Quel "la ammazzo" gli si bloccò in gola.

Non era un uomo così.

Non era cattivo.

In quel momento però il dolore lo aveva trasformato in un vero e proprio mostro senza cuore.

In quell'istante si ritrovò a far ballare lo sguardo tutto intorno a lui, capendo solo in quel momento le atrocità che aveva compiuto.

Una serie di lacrime continua e ininterrotta iniziò a rigargli il volto.

Si sentiva un verme, un uomo orribile, degno solo delle peggiori punizioni che la terra o Dio potessero infliggere.

«Signor Zanetti... Si sente bene?» chiese il dottore sentendo la voce di Giacomo rompersi in un pianto infantile.

«Davvero mio figlio è vivo» riuscì a biascicare tra un singhiozzo e l'altro.

«Sì. Adesso è nella sua stanza, la 311. Dovreste venire qui. A suo figlio farebbe solo piacere».

«Va bene dottore, grazie» disse il signor Zanetti chiudendo la chiamata.

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