Capitolo 3: Tonno

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La prima volta che Francesco vide Nelson fu all'ingresso della loro scuola.

Non sapeva minimamente chi fosse, essendo sicuro di conoscere l'intero istituto, per questo attirò subito la sua attenzione.

Era il primo giorno del suo terzo anno, classe alla quale Francesco era riuscito a passare per miracolo, a detta dei professori, perciò era abbastanza convinto che la prossima promozione gliela avrebbero fatta amaramente sudare.
Se fosse riuscito a trovare un secchione disposto a dargli una mano e a prendere a cuore la sua causa, forse, avrebbe avuto qualche possibilità.

Lo aveva segnato tra i suoi buoni propositi per l'anno a venire: Trovare qualcuno di intelligente disposto ad aiutarlo. E quel quattrocchi mingherlino, intento a parlare con delle ragazze, sembrava proprio fare al caso suo.

Era sicuramente un secchione, gli si leggeva in faccia a chilometri di distanza. Tutto ciò a cui Francesco doveva pensare era come avvicinarlo, farselo amico, e convincerlo a trasformarlo in uno studente mediamente bravo.

Le probabilità che ci riuscisse, però, erano basse, ne era consapevole perché:

1. Non lo conosceva.

2. A causa della sua corporatura massiccia, Francesco non aveva mai fatto simpatia ai ragazzi mingherlini, e anzi, in molti lo evitavano per paura di essere picchiati o bullizzati, nonostante lui non avesse mai alzato un dito contro qualcuno in tutta la sua vita.

3. Francesco, fondamentalmente, era timido.

Non lo avrebbe detto nessuno a giudicare dai casini che combinava in classe, ma era così. Per lui, avvicinare qualcuno non disposto a fare casino con lui, era peggio di essere inseguito da un branco di cani randagi affamati.

Infatti, gli ci volle qualche ora per conoscere il suo nome e settimane prima di essere notato da Nelson, pur essendo nella stessa classe.

Un altro problema era che avrebbe preferito parlargli nei momenti liberi e senza nessuno attorno, tipo all'uscita, alla fine delle lezioni, ma le volte in cui ne aveva l'occasione il mondo sembrava avere una scusa per trattenerlo, e quando, invece, riusciva a liberarsi prima, Nelson veniva praticamente prelevato da dei ragazzi provenienti da un altro liceo.

Ogni volta che lo vedeva allontanarsi senza avergli potuto parlare, gli saliva una frustrazione indescrivibile.

Avrebbe potuto puntare un altro secchione, lo sapeva, tuttavia si era fissato con lui... e quando Francesco si fissava era la fine.

<< Scusa, c'è qualcosa che non va? >> gli chiese Nelson, all'improvviso, avvicinandosi al suo banco.

<< Eh? Cosa? >>

<< Mi stai fissando da qualche minuto e inizio a trovarlo un po' inquietante! Quindi... >>

Era l'ora di disegno tecnico e probabilmente, preso dai suoi pensieri, Francesco aveva passato più tempo del dovuto a fissarlo.

Si era fatto beccare come un deficiente alla prima cotta.

Ci pensò qualche secondo prima di rispondere.

Se gli avesse detto che si era soltanto incantato, Nelson sarebbe andato via e sarebbero passate altre settimane prima di riuscire ad avere un dialogo con lui.

Doveva inventarsi una scusa se voleva tenerlo lì.

<< No, io... io... ho dimenticato a casa le squadre e il compasso, non è che mi presteresti i tuoi? >>

Mai scusa fu più geniale.

Nonostante fosse poco convinto, il ragazzo gli prestò i suoi attrezzi da lavoro e dovette trasferirsi al suo banco perché servivano anche a lui.

BON: Because Of NelsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora