Epilogo

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Jeongguk non c'era quando Taehyung uscì dalla clinica di disintossicazione, non era stato fedele alla sua parola.

L'ormai ex stripper, Taehyung si era lincenziato quando aveva saputo di doversi ricoverare nella clinica dove si era recato a chiedere aiuto professionale per liberarsi dalle droghe, aveva trascorso lì dentro la bellezza di tre mesi; ne era entrato a fine luglio e ne era uscito a fine ottobre, in un freddo pomeriggio uggioso, trovandosi da solo come sempre non appena varcati i cancelli.

Era cambiato in quei tre mesi, la sua pelle aveva perso la dorata abbronzatura anche se rimaneva scura da sua natura, aveva perso anche un poco di tonicità muscolare che gli aveva garantito il suo lavoro da stripper che ballava cinque sere su sette a settimana, ed i suoi capelli erano sempre più lunghi e spesso li legava in cipolle sulla sommità del capo, ma non erano più biondo-grigio ed erano tornati alla sua colorazione naturale, di un bel castano scuro, quando un giorno aveva deciso di dire addio al vecchio V e finirla con le tinte.

Ma i suoi occhi erano fulgidi, vivi e brillanti, pieni di vita e aspettativa di vedere il suo amato dopo tre mesi, sicuro lo avesse trovato ad attenderlo perché gli aveva inviato una lettera comunicandogli la data di dimissioni decisa dagli specialisti che lo avevano disintossicato.
A quanto pareva il suo problema con le droghe era stato più grave del previsto e lui lo aveva sottovalutato.

Quando non vide uno straccio d'anima viva sul marciapiede davanti ai cancelli, cercò di non rimanerci male e si disse che probabilmente Jeongguk era solo in ritardo, che forse era intrappolato nel traffico dell'ora di punta di Seoul, che per giungere fin lì ci voleva tempo essendo fuori città.

Alzando lo sguardo al cielo grigio minacciante pioggia da un momento all'altro, Taehyung spaziò tra le punte degli alberi del boschetto che contornava la clinica, fino a riportarli in basso e scrutare la solitaria strada che spezzava quasi a metà quel boschetto, a destra e sinistra per vedere se qualcuno finalmente arrivava.

Si sedette sul muretto dove si innalzava l'alto cancello in ferro sormontato da filo spinato, a dir la verità più che una clinica quel posto sembrava un carcere e metteva una certa soggezione dall'esterno, ma al suo interno c'era un ambiente caldo e ospitale, con personale altamente qualificato e umano che lo aveva sostenuto durante le crisi di astinenza nei primi tempi, e Taehyung era grato di essere venuto lì, sarebbe sempre stato grato per l'aiuto ricevuto.

Il tempo passò e sentì sempre più freddo, quando fu passata oltre un'ora il giovane si decise a tirar fuori il telefono dalla tasca della giacca e provare a chiamare Jeongguk, sperando di non coglierlo alla guida della sua auto e disturbarlo.

Ma non appena schiacciato lo schermo sull'icona del telefono, la chiamata nemmeno partì e subito fu come se cadesse la linea; Taehyung riprovò qualche altra volta ottenendo lo stesso risultato invano, prima di sospirare e inviare invece un messaggio, pensando stupidamente che se Jeongguk aveva il telefono spento non sarebbe servito a niente comunque.

Compose e inviò comunque l'sms, o almeno ci provò, perché al tasto "invia" gli apparve fulmineo un altro messaggio, informandolo che l'utente non poteva raggiungere il numero desiderato.

Il castano rimase a fissare il dispositivo e quel messaggio come ipnotizzato, immobile e sentendo nelle ossa un gelo fin troppo familiare.
"Jeongguk ha per caso bloccato il mio numero?" pensò tra sé con incredulità, eppure l'evidenza dei fatti parlava chiaro. "Ma perché?"

Pensare positivo ad una possibile scusa, tipo che Jeongguk voleva fargli uno scherzo o sorprenderlo in qualche modo, era da idioti romantici dopotutto, e siccome Taehyung aveva perso quella caratteristica da tempo, non gli fu difficile capire come stessero le cose.

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