Nei 22 giorni successivi...

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Per poco più di tre settimane ci incontrammo tutti i giorni nello stesso posto, alla stessa ora.

Ogni mattina lei era lì su quella panchina, ad abbracciarmi ancor prima che mi avvicinassi abbastanza per poterlo fare. Lei con gli occhi viveva, lei con quelle due iridi era capace di qualsiasi cosa volesse. Lei era cosciente che gli unici limiti di una persona sono il pensare di avere dei limiti e la forza della propria anima.

Lei infrangeva le leggi del mondo, come la vecchia e mitologica Medusa che pietrificava chiunque la guardasse direttamente negli occhi, però quest’ultima è solo una figura creata dall’uomo (e pure brutta!) Lei è reale, vive, lo fa tutt’ora e ha ancora quell’attitudine di portarti dove vuole quando qualcuno incrocia il suo sguardo. Io quando percorro il sentiero che porta a quei due occhi di un azzurro celestiale mi sento altrove, come trascinato dalla corrente del mare, inizio a vedere i pesci, le alghe, i coralli e il riflesso della luna, vedo i suoi raggi permeare fino in fondo, fino a toccarmi. Il tempo diventa apparente, e ad ogni passo sono altrove. Un attimo prima ero sul fondo del mare, ora sono in cielo, saltello sulle nuvole, volo con i falchi, con le aquile, scendo all’impicchiata, sento il vento che mi sfiora, che m’abbraccia. Un altro passo e sono sulla luna, nell’universo; altre volte su una cometa o qualche altro astro. Prendo la rincorsa e mi tuffo in quel mare che visto da lì ha le dimensioni di una biglia di vetro che più m’avvicino più s’espande. E così passo dopo passo in un viaggio sovrumano finisco dentro ai suoi occhi. Il suo corpo inizia ad avvolgere il mio e la mia anima ad intrecciarsi con la sua nel petto suo. Faccio un giro dentro di lei, passo da un braccio a me, poi all’altro; vado dai piedi alla testa come se stessi percorrendo il cardo, poi il decumano fino a stringerci per mano.

Ci staccavamo, ci abbracciavamo; poi di nuovo, come se fosse passata una eternità. Ci baciavamo, poi ci abbracciavamo ancora e ancora una volta si ripeteva quel loop.

Noi parlavamo non del più e non del meno. Ci raccontavamo l’un l’altro il viaggio, i viaggi che facevamo dall’estrazione dell’anima all’astrazione. Ci confrontavamo sulla storia, sulla filosofia, sull’ideologia. Parlavamo di stelle, sogni, scienza, matematica, di ragione e tutte quelle cose con cui al mondo d’oggi non si può parlare con nessuno o quasi. È che la semplicità ha invaso le persone. Una semplicità sciocca, stupida e noiosa che le ha rinchiuse in una gabbia di vetro, prosciugando le loro anime della loro bellezza. La cosa più brutta è che a loro va bene così. Alla società, a quello stupido gregge che segue la razionalità non piacciono le cose complesse, i discorsi interessanti. Nell’illuminismo si seguiva la ragione, tutto doveva essere razionale, ma a quel tempo l’umanità faceva progressi in quasi tutti i campi. Ora stiamo vivendo invece un regresso, una perdita d’informazioni spaventosa e questo si può definire in qualsiasi modo si voglia ma tutto ciò è bello.

Parlavamo anche di questo, di quanto il benessere sia diventato un parassita ai giorni d’oggi, di quanto stia consumando le persone e il mondo.

Ci piaceva usare il tempo così: investendolo in una crescita personale.

Il tempo quando stavamo insieme non seguiva leggi. Dopo una infinità di attimi non passava un secondo e a volte in un momento, in un solo battito era già passata un’ora. E un’ora era il tempo che avevamo prima di separarci e andare a scuola, a volte per poi rincontrarsi e riconciliarsi.

Le vacanze natalizie si facevano sempre più vicine man mano che il sole calava e sorgeva. Le interrogazioni e le verifiche erano sempre più frequenti e dovevamo studiare, non tanto e non poco. Studiavamo il giusto, il necessario non per prendere la sufficienza, ma quanto secondo noi era sufficiente per noi stessi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 30, 2020 ⏰

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The breath of an Angel - Il respiro di un AngeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora