Cap.2

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La locanda del Giglio aveva più recensioni positive del miglior albergo del centro, in cui decantavano le gentilezze della famiglia che lo dirigeva e gli speciali dolci che si gustavano a colazione. 

Si era fatta convincere dai commenti entusiasti soprattutto per la familiarità con cui venivano trattati gli ospiti.

Arrivò nell'unico bar della piazzetta antistante la funicolare e lì chiese indicazioni gustando un caffè espresso italiano che le ridiede il sorriso.

La locanda del Giglio era una piccola struttura color del tramonto, a conduzione familiare, ben messa all'esterno, con un bellissimo giardino curato che si affacciava su uno strapiombo sul lago che meritava solo lui 5 stelle. 

Ai lati della struttura incredibili distese di Iris selvatici di tutti i colori, che erano volgarmente chiamati, appunto, gigli, da cui il nome della locanda. Queste macchie di colore rendevano poetica quella costruzione, facendola assomigliare ad un quadro impressionista.

Sophie attraversò il vialetto acciottolato superando un alto cancello interamente ricoperto di edera che schermava al passante l'intera struttura. Entrando nella piccola hall, che era più o meno grande come il suo soggiorno in città, si accorse che dietro il piccolo bancone della reception c'era un uomo di spalle (due grandi spalle a dire il vero!), intento a sistemare depliant della zona. 

Sophie si scoprì ad ammirare quell'altro "belvedere" di zona.

La stazza dell'uomo e l'ampiezza delle sue spalle lasciavano immaginare estati passate a nuotare o a vogare su canoe troppo instabili e che richiedevano forza extra.

"Buongiorno, mi scusi, sono Sophie Roland, ho prenotato via Booking una singola da oggi. So che è presto per il check-in ma sono arrivata prima dell'alba e vorrei sapere se posso lasciarvi in custodia almeno il bagaglio." Disse in un italiano impeccabile grammaticalmente, ma con un accento lieve che tradiva la sua provenienza.

L'uomo si voltò con un sorriso sulle labbra che lasciava intuire come le sue scuse fossero state superflue. 

"Buongiorno signora Roland, sono Matteo, la stavamo aspettando. Non importa che sia presto, la sua camera è già pronta e se vuole può occuparla da subito."

Il sorriso e il viso che lo conteneva erano quelli degni del fisico che si era soffermata ad ammirare. Decisamente, pensò, che quel luogo poteva annoverare almeno un altro paesaggio mozzafiato da ammirare, oltre l'alba e i tramonti.

"Signorina" precisò Sophie senza realmente saperne il perché. Non era necessario specificare la sua singletudine ad uno sconosciuto.

"Mi scusi signorina Roland" sottolineò sornione il tipo. Era ovvio che si stesse divertendo da quello scambio di battute, ma mantenne l'aplomb della sua posizione e si lasciò sfuggire solo un sorriso a mezza bocca senza aggiungere altro.

Matteo fece il giro del bancone e prese il borsone dalle mani di Sophie.

"Se vuole seguirmi l'accompagno fino alla sua camera, signorina." Sophie si lasciò liberare da quel peso e ne fu grata perché non era tenuto a farlo, se non per galanteria.

Sophie non colse subito la bonaria sottolineatura e pensò che la cortesia dell'uomo fosse di troppo per i suoi parametri. Non voleva sembrare distante o superba, non dopo quella gentilezza e quei sorrisi.

"Puoi chiamarmi Sophie comunque, credo di avere più o meno la tua stessa età."

"Va bene, speravo di passare presto al TU in effetti. Io ne ho 40 già suonati." 

Sophie deglutì a quella confessione e capì che aveva esagerato col suo commento sull'essere coetanei. Ora avrebbe dovuto dire la verità e ammettere di essere molto più grande e quindi essere involontariamente giudicata una "donna matura". Cosa che odiava profondamente.

"Scusami io sono più vecchia allora, ne ho già 47" pensò che, tanto valeva dire la verità comunque, non avrebbe potuto fingere perché i documenti al check-in l'avrebbero smascherata.

"Perché usi la parola vecchia, sei solo un po' più grande, di solo 7 anni per giunta. E oltretutto non dimostreresti neanche la mia età se non lo dicessi, sei una bellissima donna. Praticamente sembro io quello più grande." 

Le aveva fatto diversi complimenti nella stessa frase e tutto senza mai scadere nella classica gigioneria italiana. Sophie ne era piacevolmente colpita.

Sorrise arrossendo alle sue spalle, guardandolo posare sull'uscio della camera il suo bagaglio. Aspettava che aprisse e se ne andasse, ma Matteo entrò con lei e la scortò fino al piccolo balconcino a strapiombo sul lago. Le tese la mano e guardandola con un paio di occhi color del carbone, le diede il benvenuto in Italia lasciandola senza fiato per la seconda volta in una sola mattina.

"Benvenuta sul lago di Como Sophie, per qualunque cosa non esitare a chiedere. Mi trovi sempre all'ingresso."

Sophie lasciò quella mano con una strana e familiare sensazione. Avrebbe voluto imbracciare la sua Canon per fermare per sempre quel sorriso agli occhi di Matteo e contemporaneamente avrebbe voluto fare dietro front e ritornare verso casa.

L'entusiasmo di quell'incontro durò il tempo di un pensiero per lasciare spazio, subito dopo, all'ansia di rimettersi in marcia e di continuare il suo viaggio senza lasciarsi distrarre.


L'ultima estate di SophieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora