10

35 6 1
                                    

Non era un uccello forte, non aveva ali robuste con cui poter volare. La madre dell'uccello l'aveva capito, seppur con riluttanza. Dava comunque da mangiare a tutti i suoi figli, senza escludere nessuno.
Quando i suoi fratelli impararono a volare, lui restò lì, nell'angusto nido, da solo.
Sbatteva sempre le sue ali, pronto a spiccare il volo, ma non accadeva nulla.
Un bel giorno, gli uccelli crebbero e la madre semplicemente se ne andò, la piccola rondine, invece, rimase sempre lì. In attesa. Ormai non sbatteva neanche più le ali. 
Pensava che sarebbe morto in quel nido, che avrebbe passato tutta la sua vita rinchiuso lì dentro e alla fine, quando se ne andarono anche i suoi fratelli, lui imparò a piangere.
Non smise più di farlo.
Rimase solo, senza cibo, la sua casa cadeva a pezzi.
Come avrebbe fatto?
Arrivò l'inverno e la piccola rondine stava per morire. Era debole, malmesso, aveva fame, aveva freddo, si sentiva estremamente solo.
Erano i suoi ultimi momenti di vita.
Quando i suoi occhi stettero per chiudersi, il nido cadde, atterrando fra le braccia di un ragazzo.
Quel giovane subito si rese conto che il piccolo uccello era quasi sul punto di morire e constatando che l'avessero abbandonato, capì che non era stato il gelo di quel Novembre sconsiderato ad averlo quasi ucciso ma l'assenza di cibo.
Si chiese perché si trovasse lì e non in volo, emigrato in chissà quale posto caldo.
La piccola rondine provò a sbattere le ali e sentì dolore. Emise un verso, un flebile cinguettio.
Il ragazzo, allora, comprese che c'era qualcosa che non andava e lo portò al caldo, dentro casa sua.
Gli diede finalmente da mangiare e lo aiutò a rimetterlo in sesto, giorno dopo giorno.
Ora l'uccellino aveva una casa tutta sua ed era circondato dall'affetto.
Sbatteva le ali, si sentiva pronto a volare, ma la sua casa era un luogo bello, confortevole, caldo e aveva così deciso che non sarebbe andato da nessuna parte, che sarebbe rimasto lì per sempre.
Un giorno il giovane ragazzo decise di fare uscire la rondine dalla gabbia e di fargli provare l'ebbrezza del volo.
Se lo portò sul dito e l'uccellino non seppe cosa inventarsi.
"Vola, piccolino!" Gli disse il ragazzo, la rondine cinguettò, in difficoltà.
"Vola! Sei libero!"
Ma lui non voleva restare da solo, di nuovo.
In quel momento, allora, gli venne un'idea. Provò a sbattere le ali e con molta naturalezza si librò nella stanza. Volò e si sentì libero, dopo tanto tempo. Quell'idea, quella brutta idea che gli balenò per la testa, venne sostituita dalla felicità.
Cominciò a prenderci gusto.
Volare era bello, era qualcosa di intrinseco alla sua essenza, faceva parte di lui.
"È il momento di andare!"
E così, se ne andò, felice, come forse non lo era mai stato.
Non importava, a quel punto, se sarebbe rimasto da solo, avrebbe imparato a bastarsi.

Il mio sentiero più buio.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora