Mi svegliai presto per un malore improvviso più che meritato, dato che avevo bevuto fino a fare schifo la sera precedente. Guardo la sveglia posta nel comodino e leggo le 05.45 am.
Sospiro e mi sfrego le tempie con le dita per cercare di alleviare quel fastidio, con scarsissimi risultati, così decido di alzarmi e prendere qualcosa per farmi passare quel mal di testa allucinante. Mi avvicino alle scale silenziosamente e guardo per un secondo la porta di Maxence. La tentazione era tanta. Avrei voluto sbirciare per vedere come stesse dormendo. Magari, accucciato nel cuscino e le coperte abbandonate ai piedi del letto. Oppure in mutande, stravaccato in modo scomposto. Okay si, tornai indietro e mi avvicinai alla sua porta. L'irrazionalità si era fatta spazio dentro di me. Abbassai la maniglia lentamente e aprì la porta veramente di poco, il giusto che mi serviva per avere una panoramica della stanza. Quello che vidi era molto meglio di tutte quelle cose a cui avevo pensato. Aveva un cuscino stretto fra le gambe nude. La coperta gli arrivava poco sotto le ginocchia. Le mani abbandonate davanti il viso rilassato. Sembrava un angelo. Il modo in cui stava dormendo si avvicinava tanto ad una visione paradisiaca, perché credetemi, era veramente bellissimo.
Decisi che era meglio andare via per evitare inconvenienti.
Scesi le scale sentendomi per qualche strano motivo molto meglio di prima. Mi diressi in cucina aprendo l'armadietto dei medicinali e presi la mia amata aspirina. Non avevo più sonno e non volevo saperne di tornarmene a letto, perciò andai fuori e mi stesi sull'amaca di mio padre. Era tutto così tranquillo. Un vortice di pace mi avvolse, e mi sentivo terribilmente rilassato. Guardai l'alba, e per un motivo a me ignoto pensai agli occhi di Maxence. Credo che quegli occhi superassero di gran lunga quello spettacolo. Poi mi domandai perché avevo fatto quel riferimento? Perché mi stavo comportando così? Non era per niente nei miei piani pensare a quel ragazzo come invece stavo facendo. Non è normale, pensai. Lo conosco da così poco, perché mi faceva entrare in paranoia a tal punto di dubitare di me stesso? Il che non è che fosse proprio una sorpresa per me, però era molto strano. Quel ragazzo era strano. Come mi parlava era strano. Le sue movenze erano strane. Tutto di lui, mi sembrava strano.
"Già sveglio?" chiese una voce fin troppo pimpante per essere solo le 6 del mattino. Avrei riconosciuto quel timbro fra milioni.
"Papà perché devi fare come i fantasmi? Compari dal nulla e mi provochi infarti." sbuffai e scesi dall'amaca.
"Sei tornato tardi. Strano che tu sia sveglio." continuò lui.
"Appunto, la testa mi fa un po' male." feci una piccola smorfia di dolore. Ridacchiò.
"Una doccia calda ti aiuterà" mi consigliò, e forse avrei preso in considerazione di farla davvero una doccia.
"Tu perché sei sveglio?" chiesi io poi continuando a non capire il perché fosse già in giro per casa così presto.
"Oggi andremo a fare una scampagnata, volevo alzarmi un po' prima per preparare alcune cose." mi spiegò brevemente. Annuì e mi diressi in bagno al piano di sopra e mi fiondai in doccia come programmato.
Uscì circa mezz'ora dopo decisamente più in forma di prima. Afferrai l'asciugamano blu appesa a sinistra della doccia e me la legai in vita, e con un altro ancora mi strofinai i capelli per togliere l'acqua in eccesso prima di farlo col phon.
Poi sentì bussare nonostante avessi già acceso il phon.
"Avanti!" dissi alzando la voce per sovrastare quel rumore.
Dovevo immaginarmelo, e credo di averlo fatto dall'istante stesso in cui ho sentito bussare.
Entrò lui, mentre si sfregava pigramente gli occhi e a sento faceva due passi ogni 3 secondi.
"Posso?" disse indicando il water.
"Si certo, aspetta che esco" dissi velocemente e già pronto ad aprire la porta ma lui mi prese per un polso e mi bloccò.
"No, stai pure." mi disse e mi guardò come per tranquillizzarmi. Abbassai lo sguardo sulla sua mano stretta al mio polso, avevo notato solo ora che delle mani davvero belle, con le vene in rilievo e le nocche di un rosa pesca, molto delicato. La lasciò scivolare via quasi ad accarezzandomi il braccio. Okay.
Dovevo fare finta di essere solo in bagno. Così presi nuovamente ad asciugarmi i capelli mentre lui usava il bagno. Lo guardavo di sottecchi ma sapevo di doverla smettere. E se mi avesse beccato? Che figuraccia che avrei fatto. Fece per uscire ma spensi il phon e lo chiamai.
"Max." dissi e lui si girò subito e mi guardava tipo a dire 'si? dimmi'.
"Mio padre mi ha detto che oggi faremo una scampagnata, quindi, vestiti comodo." e feci un sorrisetto che lui ricambiò.
"Va bene choupi." e alzò le sopracciglia due volte, ovviamente con l'intento di infastidirmi.
"Non la smetterai più vero?" dissi con finto tono disperato. E lui ovviamente scosse la testa ridendo e poi uscì.
Quella risata mi mise di buon umore.
Erano le 8.30 am, ed eravamo tutti giù.
"Avete preso tutto?" chiese mia madre scrutando le nostre borse una ad una.
Annuì e stessa cosa fecero gli altri.
Appena entrato in auto misi le cuffie e attaccaì alla cassetta. Dire che ho dormito per tutto il tragitto è davvero scontato no?Era un posto molto bello, piuttosto montano. Mi guardai attorno e avvertì molta pace attorno a me, era un posto molto tranquillo e rilassante. Era caratterizzato da grandi alberi e da molta erba incolta, piena di rugiada.
Mia madre stese un grande telo attaccato a quello della madre di Maxence. Sistemarono le borse li intorno e insieme alla nonna presero una tazza di caffè. Opera senza dubbio di mia nonna. Ha sempre portato ovunque il caffè, credetemi.
Non sapevo che fare in effetti, quindi mi stesi in un angolo del telo e osservai il cielo, azzurro più che mai quel giorno.
"Ti va di fare una passeggiata?" mi domandò sedendosi a fianco a me ma dal lato opposto, poiché io ero sul telo e lui seduto dalla parte dove c'è poi l'erba.
Mi alzai ma nel farlo, non mi resi conto che eravamo davvero vicini, praticamente spalla contro spalla. Mi scansai facendo finta di cadare. Lui sembrò non farci caso."Adesso?" chiesi.
Sinceramente non me la sentivo di stare solo con lui dopo quello a cui avevo pensato la mattina. Avevo come un presentimento, un presagio.
"Dai su." provò a tirarmi su ma con scarsi risultati. "Credo di avere un'allergia." mentì.
"Si anch'io, forse è la stessa." mi sfidò con lo sguardo. Alzai gli occhi al cielo e mi alzai dsndogliela per vinta. Giuro che non era possibile resistergli."Dove stiamo andando?" chiesi schiacciando dei legnetti sotto le suole delle scarpe ad ogni passo.
"Non ne ho idea" rispose lui tranquillamente guardandosi attorno come un bambino. Era una scena tremendamente tenera.
"Ma se ci buttiamo sotto a qualche albero? Comincia a fare caldo." proposi sventolandomi una mano davanti al viso col la subdola idea di poter in qualche modo generare un campo d'aria che soddisfasse il mio bisogno in quel momento.
"Buona idea." disse lui semplicemente e aspettai che si sistemasse prima lui così potei appoggiare la testa nelle sue gambe. Chiusi gli occhi per qualche secondo. Non so perché ma mi sentivo tremendamente bene in quella situazione, non avrei voluto neanche cambiare una virgola di quel momento. Sentivo come un rumore di mina su un foglio, e okay, avevo capito perfettamente.
"No dai!" sollevai la testa.
"Cosa?" mi chiese senza staccare lo sguardo dal foglio.
"Che stai facendo?" chiedo retoricamente.
"Guarda che la mia lezione sul disegno dal vero sui bambini è domani." inarcai un sopracciglio. No. Non l'aveva detto sul serio. Mai, e dico mai darmi del bambino, potrei comportarmi anche peggio. "Voglio vedere!" mi impuntai, non mi avrebbe persuaso più. "Non ho finito." si oppose ancora sbattendo le ciglia in modo teatrale. Neanche mi resi conto di essere fino in mezzo alle sue gambe mentre cercavo di allungarmi per prendere il quadernetto dei suoi disegni e protestavo dicendo continuamente un "Dai!", "Voglio vederlo!".
Poi però realizzai di essere praticamente spalmato su di lui. Me ne resi conto eccome. Me ne resi conto quando lo feci finire con la schiena a terra mentre lo sovrastavo. Me ne resi conto sentendo la sua mano poggiata nella mia schiena mentre l'altra al lato della sua testa per ricercare di non farmi prendere lo sketch book.
Me ne resi conto quando finimmo faccia a faccia. Quando i nostri respiri si intrecciarono, così come i nostri occhi. Non scherzo quando dico che mi venne il fiatone. Fu proprio dopo quell'episodio che dedussi che io dentro quegli occhi mi ci sarei perso, totalmente.
Restammo una quantità abbondante di secondi, così, dopodiché "Axel! Maxence! È ora di pranzo!".
Mi alzai da lui e, silenziosamente, sia io che lui, ci dirigemmo verso l'area dove sostavamo.
STAI LEGGENDO
Parfois. || Maxel ||
RomanceEstate del 1982. Marsiglia, Francia. Una data che Maxence e Axel non dimenticheranno facilmente. (volevo dire in anticipo che farò dei riferimenti alla serie TV in sè "Skam" e ad alcune parti dell'omonimo film "Call me by your name." La storia sar...