L'uomo che cammina sui pezzi di vetro.

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Da quel giorno passò una settimana. Una settimana le quali uniche volte che vedevo Maxence era quando andava in bagno, oppure a volte andavo a leggere in camera sua e circondava le sue braccia attorno al mio busto, stringendomi forte. Quelli erano gli unici momenti che mi ricordavano che non dovevo mollare, che aveva bisogno di me e che se fosse servito sarei rimasto anche a guardarlo dormire la notte, in caso sarebbero state le uniche volte in cui potevo guardalo senza che gli desse fastidio. Un pò come si fa con i bambini quando cominciano a crescere e vogliono imparare cose nuove ma vogliono farlo da soli perchè si sentono grandi abbastanza, tipo quando imparano ad andare in bici e vogliono solo la spinta iniziare, e anche se cadono e si sbucciano le ginocchia, tu puoi solo disinfettare la ferita, perchè loro torneranno in sella subito dopo essere caduti.

Era venerdì sera. Quella sera avrei raggiunto i miei amici al bar in paese. Dovevo delle spiegazioni, sopratutto il perchè della mia sparizione di quasi due settimane.

"Aspetta, sei stato tu o è stato lui a venire da te?" chiese per l'ennesima volta Charles confuso. Sospirai esausto della situazione. "Entrambi." risposi oramai confuso tanto quanto lui. "È un bel casino amico." disse André bevendo un altro sorso dalla sua birra. "Grazie tante André, senza te non me ne sarei mai accorto." escalmai sarcastico alchè lui rispose con un'espressione altrettanto sarcastica, facendo addirittura una mini riverenza con la testa seguita da un gesto a caso della mano libera. "Si ma il punto è, siete stati a letto?" chiese Clemént facendo ridacchiare gli altri per la sua solita schiettezza nel parlare. "Oddio no! Ma ti pare? Ci conosciamo da poco più che un mese, e nemmeno." risposi oltraggiato.
"Non è questo il punto." ribattei.
"Lo so io qual è il punto. Sei vergine. Per questo non ci hai ancora dato dentro con lui." continuò con nonchalance Clemént.
"Clemént capisci che il problema è molto più grave di quel che pensi? È bipolare e non so se realmente prova qualcosa per me, non voglio essere ferito e grazie tante per avermi ricordato che sono vergine, ma non ci tengo ad andare a letto con una persona senza un minimo di impegno e sentimento. Prima del suo arrivo non sapevo neanche che mi sarebbe mai potuto piacere un ragazzo nella mia vita." buttai fuori finalmente, mettendomi totalmente a nudo davanti ai miei migliori amici.
Tutti e tre si diedero il cinque ed esultarono esclamando dei 'ottimo lavoro, missione compiuta'.
"Eravate messi d'accordo per farmi esplodere o cosa?" chiesi ormai sull'orlo di una crisi isterica.
"Se non ti avessimo obbligati avresti avuto questo nodo perenne, lo sappiamo che hai dei problemi nel parlare di te stesso, ma adesso come ti senti?" mi chiese André notando il mio volto stranamente più rilassato.
Sospirai e presi un sorso della mia birra.
"Axel, non ci devi nascondere niente, siamo qui per aiutarti. Il fatto che Maxence sia bipolare non significa che sia stupido o non provi sentimenti. Parlaci, prova a fargli capire che anche tu hai dei sentimenti e dagli il tuo aiuto, ma nel modo giusto." concluse Charles con l'approvazione degli altri che erano d'accordo su ciò che stava dicendo.
"Dici che dovrei parlargli adesso?" morsi il labbro nervosamente.
"Magari non adesso, quando sarà nuovamente in sé così da potergli parlare chiaramente." consigliò Clemént.
Sospirai e annuì capendo che era la cosa migliore da fare.
"Ce la farai, il nostro choupi." mi presero nuovamente in giro tutti e tre all'unisono e sbuffai fulminandoli con lo sguardo.

Erano circa le 9 di sera quando lasciai il bar. Appena tornato a casa ebbi la felice notizia che erano venuti a dormire da noi i miei cugini, i figli dei due fratelli di mio padre, mentre i miei genitori e i genitori di Maxence avrebbero trascorso la serata fuori, probabilmente saranno andati a vedersi qualche spettacolo teatrale, solito dei mie genitori nei fine settimana. I miei cugini avevano tutti un'età compresa fra i sette e gli undici anni ed erano in nove in tutto. Sentivo un vociare e delle risate provenire dal soggiorno e non appena misi piede all'interno della stanza fui assalito da quella mandria di ragazzini che chiunque comunemente avrebbe chiamato 'cugini'. Alcuni, i più piccoli, rimasero seduti, accanto a Maxence che sorrideva mentre giocava con loro. Lo guardai e anche lui lo fece. I suoi occhi avevano finalmente ripreso il loro colore naturale, li riconoscevo, erano nuovamente talmente cristallini da potermici specchiare dentro. Mi guardò e mi fece un mezzo sorriso, un sorriso colpevole, quasi malinconico. Immediatamente mia nonna capì. "Bambini! che ne dite di andare in giardino a mangiarci un bel gelato?" un 'siiiii' rimbombò nella stanza e prima di scomparire con tutti i miei cugini dietro le mura della cucina mi fece un occhiolino che io ricambiai dolcemente.

Parfois. || Maxel ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora