Capitolo 1 (E)

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7 anni dopo
Allison

Era l'ultimo anno. L'università ormai era come un gioco: studiavi, ti presentavi, e se avevi studiato bene, oppure se avevi un professore dalla tua parte, passavi con tutti i crediti meritati. Altrimenti no. Dopo le varie lezioni, entrai nell'aula 369, dove nella targhetta accanto alla porta era inciso il cognome del mio nuovo professore di Storia dell'Arte per quest'ultimo anno.
PROFESSOR KING.
Evander King.
Il solo nome mi dette i brividi alla schiena. Nell'aula non c'era ancora nessuno, così mi accomodai su uno dei pochi banchi presenti. Non dovevamo essere molti quell'anno, in pochi erano interessati a prendere "Storia dell'Arte". Tirai fuori il mio quaderno da schizzi e iniziai a tracciare il volto di un uomo sul foglio con una matita accuratamente temperata. Era sempre la stessa storia, lo stesso uomo. Per anni era stato così, e non capivo seriamente chi fosse. Quando Lisa Donnel e Patrick O'Neill, amici che conoscevo sin dal primo anno di università, fecero il loro ingresso, mi salutarono, sedendosi uno da una parte e uno dall'altra. Lisa era una ragazza alta, non particolarmente magra come una top model, ma con le curve al posto giusto, i capelli rossi e gli occhi sempre pesantemente truccati di nero. Patrick invece era il classico ragazzo della porta accanto: non palestrato, con portamento e occhiali da nerd, scotchati al centro; in poche parole un bel bocconcino normale.
«Guarda guarda chi si vede! Ritornata dall'oblio... Allison Trice!» annunciò con fare da finto sorpreso Patrick, ridendo come un imbecille insieme a Lisa, che da due anni pendeva dalle sue labbra come una schiava si inchina al suo dominatore. Sorrisi e chiusi il quaderno guardandoli.
«Voi non siete ancora finiti a letto, vero?» domandai, velenosa come una vipera, con un sorriso provocatorio dipinto sulla bocca. Sapevo che c'era del feeling tra di loro. Lisa si ricompose, arrossendo e mimetizzandosi con i suoi capelli, e Patrick finse di prendere qualcosa dalla borsa a tracolla improvvisamente silenzioso.

"Mi siete mancati, ragazzi" pensai ridacchiando e riportai il mio sguardo sul quaderno, riaprendolo per continuare il disegno. «Buongiorno.» Un tono duro e autoritario attirò la mia attenzione, costringendomi a cercare con gli occhi il proprietario di quella voce. Incontrai uno sguardo intenso, azzurro tendente al grigio, che mi fissava. No, fissava il mio quaderno. Più precisamente... il disegno. «Spero che durante la lezione non continui questo scarabocchio, signorina...?» Rimasi un attimo impietrita: quell'uomo che stavo guardando assomigliava terribilmente all'uomo dei miei disegni...
«Ha intenzione di rispondermi oppure no?»
«Ehm, Trice. Allison Trice» mormorai imbarazzata, ricomponendomi, abbassando lo sguardo e strappando il foglio per nasconderlo in fondo al quaderno. Ma cosa mi prendeva? Quando riportai lo sguardo su di lui, vidi le sue labbra dischiudersi. Erano delle belle labbra sottili... quasi familiari.
«Bene, Signorina Trice» disse allontanandosi e sistemandosi dietro la cattedra, appoggiando i libri che teneva in mano e la ventiquattrore. «Io sono il Professor King, Evander King, e penso che non ci sia bisogno che io lo scriva da qualche parte per mostrarvi lo spelling.» La sua figura era imponente, eccessivamente attraente, tanto che le altre ragazze, oltre a me e a Lisa, si sostenevano il viso sognante con la mano e il gomito appoggiato al banco.
«Quest'anno sostituirò il Prof. Johnson. Il mio metodo di insegnamento è molto rigido, complesso, e chi riuscirà a seguirmi arriverà a fine anno, chi non riuscirà... immagino sappiate cosa succederà. Il programma è suddiviso in tre esami: Arte Gotica e Rinascimentale, Arte Barocca e Neoclassica, Pop Art e Arte Contemporanea. Studieremo e analizzeremo nel dettaglio la vita degli artisti, i loro lavori. La parte più bella sarà lo stage lavorativo in Europa, riservato ai più idonei. Oggi, iniziamo con l'Arte Gotica. Prendete appunti e, mi raccomando, seguitemi.» Il professore estrasse dalla ventiquattrore un computer e lo collegò al proiettore. Spense la luce e si avvicinò, con un telecomandino in mano, alle immagini proiettate. Il suo viso illuminato era così bello. Non riuscii a distogliere lo sguardo da lui. Ero come stregata dalla sua presenza, e di tutto ciò che stava dicendo non capii nulla. Lui, era come... Oh, smettila, Allison! È solo il tuo professore!
«Signorina Trice, sta ascoltando?» mi riprese lui, notando la mia disattenzione.
«Sì! Sì!» balbettai, imbarazzata per essermi fatta beccare. Guarda cos'hai combinato, cretina!
«Bene, le nostre ore sono finite. Arrivederci e buono studio» disse lui, spegnendo il proiettore e accendendo la luce. Mentre gli altri si preparavano, io seguii ogni suo singolo movimento. Quando si voltò verso me aveva uno sguardo strano, quasi confuso. Abbassai gli occhi, mentre dentro avevo la confusione più totale, e iniziai a mettere nella borsa il libro, poi mi alzai e feci per dirigermi verso la porta. Prima di uscire completamente, mi girai un' ultima volta per guardarlo e ancora incontrai i suoi occhi. Perché mi stava guardando? Sussultai leggermente a quella strana sensazione e accelerai il passo. Basta, Alli! Smettila! È solo il tuo professore! Finite le lezioni, tornai a casa, se casa quello stanzino si poteva chiamare. Era un piccolo appartamento monolocale in un vicolo stretto, fuori dal campus universitario, il che stava solo a significare che non partecipavo alla vita universitaria. Venivo mantenuta da mio padre che pagava mensilmente l'affitto e annualmente i miei studi. E, come se non bastasse tutto ciò che faceva per me, mi aveva fornito una carta di credito collegata al suo conto corrente per acquisti... che non facevo quasi mai. Appoggiai la borsa sul tavolino e accesi il riscaldamento. Presi una tazza e versai dentro del tè caldo, riscaldato sul momento nel microonde. Quando fui pronta, mi sistemai sul letto, dopo essermi cambiata con il pigiama, con la tazza del tè in una mano e una matita e il quaderno degli schizzi nell'altra. Lo aprii sul disegno dell'uomo fatto in classe e con la matita lo corressi, invecchiandolo leggermente e ritoccando così soltanto alcune parti. Era incredibile quanto ora il disegno sembrasse proprio il ritratto del Prof. King. Sospirai, improvvisamente nervosa per la mattina successiva. Non volevo rivederlo, dopo la figura che mi aveva fatto fare quel giorno... Spensi l'abat-jour e poggiai il quaderno, la matita e la tazza vuota sul comodino; mi coprii fino al mento con il piumone. Settembre stava per finire, ancora un paio di giorni.

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