CAPITOLO 1

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La mattina del primo giorno da matricola universitaria, Valentino si svegliò al sorgere del sole, anticipando ancora una volta la sveglia. È uno di quei ragazzi che ha molta fiducia in se stesso, così tanta che ogni sera impostava almeno quattro sveglie per il giorno dopo, a distanza di cinque minuti una dall'altra. Alla quarta sveglia spenta si alzò e si stropicciò gli occhi, vizio che aveva fin da piccolino, e si diresse in bagno. Accese le luci e socchiuse gli occhi dal fastidio, poi si gettò dell'acqua fresca in viso per riassestarsi. Come ogni mattina si lavò i denti e si iniziò a vestire con uno dei suoi soliti outfit, con l'immancabile giubbotto di pelle. Uscì di casa con lo zaino su una sola spalla meditando sul perché stesse andando all'università, proprio lui che odiava tutte le istituzioni sociali. Più che le istituzioni sociali odiava le persone, non tutte, solo quelle che gli davano pregiudizi negativi. Dopo una lunga camminata arrivò all'ateneo di Bari, notò la folla incastrata in un fazzoletto di mattoni ad aspettare l'ascensore e decise di prendere le scale, sapendo di dover fare due piani soltanto. Non sapeva, però, e se ne accorse subito, che quei due piani avevano molti più scalini di tutti gli altri due piani normalissimi che si trovano nelle scuole superiori o nei condomini. Solitamente un piano è formato da due scale, quelli dell'ateneo no, e gli sembrò una bella e affannosa metafora della vita, o perlomeno della vita sociale: più si va avanti e più la strada è faticosa e difficile, ma la meta più vicina. Arrivò al secondo piano con i polmoni agitati e il fiatone.

"Bene, prima lezione: Geografia. Aula C." pensò. Guardò attentamente i cartelloni che indicavano il punto esatto delle aule senza che i suoi piedi si fermassero. Dietro di lui la folla avanzava. Svoltò a destra per qualche lungo corridoio e vide una grande porta grigia con l'insegna "Aula C". Sotto di essa una folla poco meno numerosa di quella che stava arrivando da dietro. Si aprì una porta e tutti iniziarono ad entrare: gente che sorpassa, gente che avanza, gente che parla troppo forte per essere solo le otto del mattino.

"Spero di non capitare dietro" pensò, e si fece spazio tra la gente. Trovò un posto in sesta fila, nel blocco centrale. Poco dopo l'aula si riempì. Arrivò la prof di geografia e iniziò quella che sarebbe stata una lunghissima e noiosissima lezione. Valentino non seguì quasi nulla di quella lezione, guardava il verde della lavagna e pensava a quello di Parco 2 Giugno, guardava il numero sugli adesivi attaccati ai banchi e pensava alla sua squadra del cuore, guardava il display dell'iPhone e pensava a quando aveva solo un Asus. Mentre il suo sguardo si muoveva come il pendolo di un orologio che spesso si vede nelle case delle signore anziane, notò una chioma molto interessante. Erano dei capelli ricci, non riccissimi, biondi, ma con delle sfumature più scure. Rimase a guardarla per un po', ogni tanto lei si girava ma senza guardarlo. La lezione era così noiosa che tra gli studenti c'era molto movimento: chi aveva caldo, chi stava al telefono, chi sonnecchiava, chi chiacchierava col compagno di banco. In uno di questi movimenti la ragazza si girò e incontrò lo sguardo di Valentino. Lui, immobile, spostò subito lo sguardo nella direzione opposta. Lei, scomposta, fece finta di prendere qualcosa dallo zaino. Qualche secondo dopo lui ricominciò a guardarla. Lei ricambiò lo sguardo, reso possibile grazie ai banchi vuoti dovuti alle sedie mancanti e agli studenti sparsi per l'aula a macchia d'olio. Da lontano gli sembrò una ragazza carina, interessante. Tra loro, in diagonale, non vi era nessuno: si guardavano semplicemente attraverso le lenti dei loro occhiali. Lei iniziò a giocare con i suoi riccioli utilizzando l'indice, lui sorrise. Lei si alzò e uscì dall'aula.

"Vado a bere dal distributore" disse Valentino allo sconosciuto compagno vicino a lui, "tienimi il posto". Il tipo gli rispose con un cenno. Valentino uscì, lei era fuori, accanto alla porta.

"Ciao, ho visto che mi guardavi..."

"Oh ciao, scusa. Ho notato che tu lo stessi facendo già da un po'"

"Beh" venne interrotto.

"Eri l'unico rasato in mezzo a tanti ricci e ciuffi", effettivamente Valentino si era rasato i capelli poco prima di iniziare l'università in quanto non riusciva a gestire i suoi ricci ribelli e la maggior parte degli altri ragazzi aveva dei grandi capelloni che si abbattevano sulle fronti sudate.

"Si, mi davano fastidio prima" disse improvvisando un sorriso imbarazzato.

"Uh, peccato. Lì in mezzo ce ne sono di ricci carini"

"Maledizione, sapevo di dover aspettare a rasarmi" pensò, ma si limitò ad un sorriso nervoso. Silenzio.

Lei ruppe il ghiaccio con "stavo scherzando eh... comunque piacere. Gaia" e gli porse la mano.

Dopo tanti anni Valentino si ricordò del suo difetto più odioso: le mani che sudano nelle situazioni più inopportune. Infilò subito le mani nelle tasche del suo giubbotto ai fini di asciugarsele, poi cercò di tirare fuori la mano destra per presentarsi, ma lei non ne voleva sapere proprio di uscire. Il risultato fu una goffa rappresentazione di quello che aveva pensato accompagnata dal sorriso di lei, che disse "mano sudaticcia, eh?". Ed ecco che la faccia di Valentino divenne più rossa della batteria dell'iPhone sotto il 10%. Gaia fece finta di non accorgersene e disse "allora, Valentino, non ti piace proprio la geografia"

"Può darsi, o forse è solo noiosa la prof"

"Almeno non mi annoio sola" e portò Valentino in classe prendendolo dal braccio. Entrambi si diressero alle sedie vuote poste in prima fila, sprovviste di banco, e si sedettero vicini, con lei che continuava a tenergli il braccio. Lui rimase fermo per tutta la lezione, meditando sul fatto se fosse lecito o no lasciare le sue cose sotto la protezione di uno sconosciuto.

"Ma che stai facendo?" "Fa' qualcosa" "Di solito non sei così con le ragazze" e altri pensieri di questo genere vagavano senza meta nella mente di Valentino. Quando la lezione finì tutti si alzarono. Gaia disse "grazie della compagnia, Vale".

"Oh, non chiamarmi così"

"No? D'accordo signor Giubbotto di Pelle!", gli diede un bacio sulla guancia e se ne andò.

Valentino prese il suo zaino dal posto lasciato precedentemente incustodito e volò verso casa sua. Aveva bisogno di pensare al perché era rimasto fermo e zitto per tutto il tempo, lui che ai tempi delle superiori era quello che gli amici chiamano Bomber, in campo e fuori. Si accorse che il mondo dell'università era completamente un altro universo. Pensò che parlando con altre ragazze avrebbe avuto lo stesso effetto, ma dopo la terza sconosciuta a cui si presentò capì di dover cercare la risposta altrove.

Suonò il cellulare: una nuova notifica su Whatsapp.

"Ci vediamo oggi pomeriggio a storia greca"

"Chi sei?"

"Eddai Vale, sono la ragazza con cui hai fatto un figurone prima!"

"ah"

Valentino rise nervosamente e spense il cellulare, in passato soltanto una ragazza lo aveva fatto sentire così impacciato. In passato soltanto una ragazza era riuscita a fargli così tanto male.  

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