CAPITOLO 3

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In tutta la stanza risuonava la suoneria impostata per la sveglia. Faceva eco negli angoli delle mura fino ad arrivare nelle orecchie di Valentino. Sobbalzò dal divano come se qualcuno lo avesse scosso con forza, si guardò intorno e dalla sua bocca fuoriuscì un verso misto tra sospiro e gemito. Con un dito cercava il cellulare per bloccare la sveglia, con gli occhi ancora serrati, senza trovarlo. Si convinse ad aprire gli occhi, tenendoli però socchiusi, e si accorse di avere il cellulare sotto di se. Lo prese e lo spense, poi si mise seduto sul divano e con il dorso delle mani si stropicciò gli occhi, togliendosi la sabbiolina che gli era rimasta come ricordo della scorsa estate. Un'estate finita ma dai raggi di sole infiniti, così lunghi da arrivare fino ad Ottobre. Dopo essersi alzato, Valentino andò in bagno a prepararsi e, una volta uscito, prese chiavi, zaino e cellulare per tornare in facoltà. Fu una camminata molto lenta, una di quelle che non vivi come vorresti perché sei ancora arrabbiato per il sonno disturbato, perché sei troppo occupato a toglierti dalla mente i troppi pensieri. Camminava con le mani nelle tasche del giubbotto e le cuffie nelle orecchie, era uno di quelli che ancora usavano gli auricolari con i fili perché quelli bluetooth avevano rovinato il mondo.

"Questo mondo è stato creato per avere solo i cuori Bluetooth, certe cose si condividono solo con poche persone e tramite l'uso di codici. Per me quella del filo rosso è una stronzata che ci hanno tramandato per farci credere negli amori eterni e impossibili. Gli amori non possono essere eterni, pazienza" pensava Valentino. Quando cammini con la musica nelle orecchie e parli tra te e te non ti godi mai i luoghi in cui sei. In quel momento Valentino attraversò strade, incrociò semafori, persone, autobus pieni zeppi, calpestò terra e asfalto senza accorgersi di nulla. Poi si dovette fermare a fine viale Unità d'Italia, ad aspettare probabilmente uno dei semafori più fastidiosi che esistano a Bari. Uno di quelli in cui il rosso è progettato per durare minuti interminabili e il verde per il tempo che basta ad attraversare quel pezzetto di strada a cui si affacciano delle scale maestose, un ponte, sempre affollato di gente. Mentre aspettava vicino al semaforo, qualcuno gli tolse le cuffie dalle orecchie, Valentino si girò con aria assonnata e nervosa, era così intontito che non ricordava neanche cosa avesse sognato e perché all'università si dovesse andare anche il pomeriggio. Una volta girato, gli occhi semichiusi si aprirono e l'altra cuffia venne giù da sola.

"Ci sei?"

"Sì, scusa. Mi sono svegliato poco fa"

"Ti corro dietro da un po', ti ho anche chiamato per nome sperando ti fermassi"

"Non ti sei accorta delle cuffiette?"

"Solo ora"

Seguirono attimi di silenzio, spezzati dalla folla che iniziò ad attraversare una volta scattato il verde del semaforo. Valentino cambiò strada e decise di arrivare all'università prendendo il sottopassaggio. Una volta arrivato in facoltà, prese l'ascensore, stranamente vuoto, e raggiunse l'aula di storia greca. L'interno sembrava un macello: gente che scavalcava banchi, gente che gridava per uscire dall'aula, gente sudata, troppa gente. In mezzo al casino vide una mano alzata, era Gaia.

"Come fa ad essere già qui? Poco fa eravamo al semaforo insieme" pensò. Lei era già seduta, aveva preso due posti nel blocco di destra, più o meno a metà altezza.

"Posso?"

"Ti ho fatto venire fino qui apposta"

Valentino si tolse il giubbotto e posò la zaino in terra, si sedette.

"Questo odore è familiare, ma non credo sia Gaia" pensò. Poco dopo entrò la prof in classe e iniziò subito a fare lezione. Una professoressa strana, parlava velocemente e non era chiarissima, passava da un argomento interessante ad altri tre inutili, sia agli studenti che al piano di studio.

"Sai, pensavo avessi gli occhi azzurri"

"Stamattina hai avuto modo di vedermi, non te ne sei accorto?"

Ed effettivamente no, Valentino non se ne era accorto, ma non perché ci fossero altri dettagli da vedere di lei, non perché fosse impegnato a guardare il suo corpo o altro, semplicemente perché era molto imbarazzato. Al colore degli occhi non ci pensò proprio, ed ora, che si sentiva più tranquillo, stava renderizzando un'immagine più nitida della ragazza che gli stava accanto. In ogni caso, non rispose alla sua domanda, preferì virare il discorso in altre direzioni. Una parola tira l'altra e la lezione risultò meno noiosa per loro che per tutti gli altri. Avevano entrambi il sorriso sulle labbra, labbra scoperte da denti vivi, mentre gli altri si muovevano in modo lento, sbadigliando e cercando di uscire da quella camera lavica. Valentino si alzò dal suo posto e fece per andarsene quando ad un certo punto si sentì tirare dal braccio. Si fermò e Gaia gli sussurrò qualcosa nell'orecchio.

"Aspettami fuori tra venti minuti" e se ne andò.

Valentino sorrise e si incamminò verso la fine della fila. Scese gli scalini dell'aula e si mise in una fila di ragazzi per uscire dalla stanza.

"Quell'odore!" pensò.

"Ei, anche tu qui?"

Era Aurora, l'ultima ex di Valentino nonché unica ragazza che lui potesse definire come "storia seria". Storia finita nel modo più insperato.

"Senti non mi va di parlare, devo andare" disse Valentino voltandole le spalle, ma lei lo trattenne dal braccio, facendolo roteare di fronte a lei. Con i palmi delle mani toccò le sue spalle e lo baciò. Valentino aveva gli occhi serrati, tremava, non voleva. Mentre le labbra di Aurora erano posate sulle sue, delle lacrime scalfirono il suo viso e scesero fino alle guance. Si staccò dal bacio ed uscì dalla classe, percorse in fretta e furia le scale senza neanche riuscire a distinguere dove stesse mettendo i piedi a causa delle lacrime negli occhi. Aveva bisogno di aria e corse giù, nel porticato dell'ateneo. Aurora lo seguì.

"Ti prego fermati, ti sto cercando da mesi"

"Ti sei mai chiesta il perché? Ti ho bloccata su ogni social e ti ho espressamente chiesto di lasciarmi andare, di lasciarmi stare. Va via" disse Valentino, con i solchi delle lacrime ancora sul viso. Sembrava una statua, ferma e impassibile, priva di emozioni positive, non capace di esprimersi. Rimase zitto per un po' mentre continuava ad avere spasmi al livello della gabbia toracica, le lacrime avevano smesso di fuoriuscire, erano rimaste negli occhi, compromettendogli la vista.

"Fatti asciugare" disse Aurora, e con le maniche della felpa pulì il viso di Valentino dal dolore. Valentino ora riusciva a vedere meglio, smise di singhiozzare e sospirò. Quiete...

"Se ti ho mollata c'è un motivo e quel motivo ha un nome"

"È stato un errore"

"Il mio errore è stato amarti e farlo ancora. Il mio errore è aver pianto ancora per te. Tu non lo sai quanto pesano le lacrime di una persona ferita. Perché tu adesso vedi solo le lacrime, solo una persona che sta male, solo un viso umido e tetro. Dentro c'è di peggio. Dietro ogni lacrima c'è un graffio dentro all'anima, una pugnalata al cuore, tu mi hai calpestato"

"Ti amo anche io" e lo baciò ancora. Valentino non si trattenne, pianse ancora, strinse i pugni, volle scomparire. Alla fine si arrese e la abbracciò. Di fatto scomparì.

"Amor vincit omnia" disse Aurora.

"Di che ti stupisci? Eros ha cacciato anche Zeus giù dall'Olimpo" pensò Valentino.

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