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Kanna Endō POV

Restare. Nel. Personaggio.
Da adesso in poi agli occhi della società, Kanna Endō è una giovane studentessa 14enne che frequenta la prestigiosa accademia per eroi U.A. E nulla le impedirà di vivere la sua vita in pace.

“Anf..”

Accettabile? Sì. Credibile? ...Mhe.
Dovrei sognare, avere aspirazioni, desideri, esplorare i primi amori, prendere le cose con leggerezza.

È questo che dovrei essere, ma non importa chi decido di impersonare tutto mi riporta alle luci notturne di questa città adulta, i cartelli neon, le strade affollate, il richiamo del luogo a cui appartengo e al quale sempre apparterrò.
Non importa quanto lontano io riesca a scappare, tornerò sempre indietro.

Mi sento come se mi guardasse. Questo posto sa chi sono veramente. Lo so anche io. A volte penso che ci sia un motivo dietro al fatto che non ho potuto avere la vita di una normale studentessa, una ragazza come le altre. Dare la colpa al destino mi distrae ogni tanto. La verità è che non so perché.

5:30 a.m

Una fredda brezza passa dalla finestra aperta e mi fa salire un brivido lungo la schiena, insolito dato che è solo aprile. Un mal di testa fastidioso mi colpisce e istintivamente mi tocco la fronte con le dita fredde. La mia vista è ancora offuscata ma sento il calore di lui accanto a me e allora capisco di trovami nella sua stanza.

Non avrei mai voluto abituarmi alla vista di questo soffitto scadente a quasi ogni mio risveglio, ma ormai quasi non ci faccio più caso. Mi alzo dal letto liberandomi dalla sua presa che mi cinge il fianco. Mi dirigo silenziosamente verso il bagno e mi preparo per farmi una doccia. La sensazione delle gocce calde sul mio corpo è piacevole, ma non riesco a distogliere la mia mente dal quello che è successo ieri sera, dal fatto che è successo un’altra volta.

Odio il modo in cui per lui è così facile abbindolarmi, farmi credere che non lo faccia solo per il mio corpo o perché è ossessionato da me.

Odio illudermi sul motivo di quello che mi ha fatto, come se non fosse abbastanza evidente che non sono altro che un oggetto per lui. Per lo meno adesso ho iniziato il liceo, avrò meno tempo libero in casa quindi questi episodi potrebbero capitare più raramente no? O almeno è quello che spero, ma… in realtà non so nemmeno io ciò che voglio.

Esco dalla doccia con cautela e mi avvolgo in un asciugamano bianco.
Mi soffermo a guardarmi allo specchio. A volte non mi sembra neanche di riconoscermi… vorrei non dover vivere con tutti i miei errori impressi sulla mia pelle. Tutte le cicatrici, gli ematomi, i succhiotti, le bruciature. Ogni singolo centimetro del mio corpo mi ricorda qualcosa che vorrei tanto dimenticare.

Ogni volta mi sento come se mi venisse trafitta l’anima. Strano da parte mia, oramai dovrei essere capace di trattenere le lacrime, far finta di stare bene per l’ennesima volta, ma una dopo l’altra scivolano pesanti sul mio volto in un silenzio tombale.
È stupido da parte mia pensare che lo fa perché mi ama, so bene che non è così. So bene che non è quel tipo di persona che chiede scusa per il male che fa.
Per il male che mi ha fatto. Nonostante mi abbia praticamente sfigurata. La colpa è anche mia, che non imparo mai, ma a me va bene così. Che io voglia o no, devo fare l’attrice e recitare il mio ruolo. Continuerò ad andarci a letto se è questo quello che lo spettatore ha pagato per vedere.

Immagino che se qualcuno potesse vedermi ora in questo stato pietoso riderebbe sicuramente di me.
Cammino a piedi nudi fino a camera mia, mi guardo attorno nel tragitto.

Questa casa è un vero proprio disastro, per quanto sia un bel appartamento, spazioso e con una bella vista, è un vero casino. Ci sono indumenti sparsi ovunque, ci sono bottiglie di birra vuote su ogni superfice piana che permette di appoggiarci qualcosa sopra e alcune anche per terra. Nell’aria si sente un leggero odore acre mischiato a quello di erba, alcol scadente e tabacco. La sporcizia certo non manca e dovunque ci sono contenitori di cibo precotto che dovevano essere nel bidone della spazzatura già da un pezzo.

In alcuni punti il muro è scrostato e crepato il che è dovuto a tutte le volte in cui esageriamo con i litigi e finiamo per usare i nostri quirk.
Ogni tanto quando guardo i segni sul muro penso che forse anche quelle sono cicatrici. Ripensandoci, le cicatrici sul muro e le cicatrici che ho addosso, non hanno storie tanto diverse.

L’unica stanza che si salva è la mia, profumata ed abilmente decorata dalla sottoscritta. Non appena entro prendo un respiro dell’aria non contaminata e il mio occhio cade sulla divisa scolastica che avevo riposto ordinatamente sul mio letto la mattina scorsa, quando l’ho ritirata dalla scuola dopo essermi iscritta.

La sollevo analizzandola per poi indossarla. Avevo intuito che fosse un po' stretta ma non così tanto… sembra fatta apposta per risaltare le mie curve! Non che mi dispiaccia solo che mi stranisce che sia fatta per una scuola…

Inaspettatamente una voce profonda mi attira la mia attenzione. Dabi è appoggiato alla parete che mi fissa con un ghigno schifoso sulla faccia.

"Stai molto bene in divisa, ma personalmente penso che tu stia meglio senza."

"hahaha… sei davvero simpatico l’hai studiata o sei un mago dell’improvvisazione?"

Gli rispondo sarcastica, fulminandolo con lo sguardo.

"Vuoi che ti aiuti a toglierla?"

Commenta il corvino. Il solito sguardo si fa spazio sul suo volto, quell'espressione mi fa schifo, non la sopporto. Va sempre così, come vuole lui, vivo situazioni di questo tipo tutti i giorni.

"Finiscila di fare il coglione!"

Si stacca dalla parente e si avvicina con calma a me, riesce a sfiorarmi il volto con le dita in modo tanto delicato quanto di sfuggita. Il tocco mi fa sobbalzare e faccio un passo indietro.

"Sei tu che mi provochi, sei tu che te la cerchi... e poi perché sei sgattaiolata via dal letto così? Non ti avevo dato il permesso"

Dabi mi prende per la vita, immobilizzandomi in una specie di abbraccio, che stringe sempre di più.

"Devo andare a scuola, lasciami! Mi fai male, scansati o ti spiaccico contro la parete!"

Il suo fiato sul collo si fa sempre più pesante, riesco a percepire ciò che prova in questo momento, mi lascia un piccolo morso sull'orecchio, il contatto mi fa davvero arrossire.

"Kanna... non sei tagliata per la scuola, non è la tua realtà, resta qui con me.."

Mi sussurra questa frase, lui non capisce come ogni sua singola parola mi faccia salire il sangue al cervello!

"Un fallito come te non può dirmi per cosa sono o non sono tagliata di fare, nemmeno hai trovato un lavoro, non mi aiuti neanche economicamente, insomma non hai un briciolo di diritto a dirmi queste cose!"

Proferisco queste ultime parole con cinismo, allontanandolo da me prendo, la mia cartella ed esco velocemente fuori dalla stanza sbattendo la porta violentemente.

" Kanna aspetta!"

Ogni volta le stesse frasi: “Kanna aspetta!” o “non andare, scusami!” e “sai che non è colpa mia...”
Ah! Non è colpa tua e di chi sarebbe?

"No Dabi! Non puoi fare così per poi dire le solite cazzate e usando tutte le scuse possibili! Non ci crede nessuno e neanche tu probabilmente."

Il mio tono freddo non lascia spazio ad ulteriori discussioni. Esco di casa e sbatto l’ennesima porta. Ed ecco che arriva, il pensiero di rimorso, il senso di colpa.

È inutile che continuiamo a fare così, è inutile che continuiamo a fare i bambini, lui a usarmi e io a pentirmi ogni volta che l’ennesima porta chiusa ci separa dopo un litigio. È tutto così sbagliato.

Dabi POV

Quelle sue ultime parole mi ricordano la ragazza impertinente fredda che è Kanna.

Da quando la conosco, pressoché da quando viviamo insieme, è sempre stata così. E’ cresciuta con la consapevolezza di non potersi fidare di nessuno.

Lei si ostina a negarlo ma non siamo tanto diversi io e lei. So bene che non cambierà mai e so anche che non cambierà idea sul fatto che vuole tanto andare a scuola.

In un modo o nell’altro capirà che non fa per lei. Anche sa fa finta di essere qualcun altro, lei è sempre Kanna Endō.

_TOXIC_      [Dabi, Aizawa x reader] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora