Capitolo 5-Io basita

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Sono passati dieci giorni dalla festa a casa di Pierpà e finalmente è domenica.
E finalmente partirò per la Spagna.

Da quando mia madre mi ha riferito che saremmo partite per Madrid per incontrare nostri lontani parenti, non penso ad altro.

Mi sono pure scordata del bacio di Erick e Chris.
Mi piace definirlo un piccolo incidente di passaggio per la mia conquista.

L'aeroporto in cui mi trovo ora è orrendo, non che sia stata in molti aeroporti, ma questo e proprio brutto.

Mi siedo su una sedia e aspetto con impazienza il mio volo, con mia madre affianco.

No, mio padre non è morto. Semplicemente non voleva venire.

Dopo poco siamo sedute su degli scomodissimi sedili dirette verso la capitale spagnola.
Sono troppo gasata per ciò.

***

Uscite dall'aeroporto io e mia madre cerchiamo invano di fermare un taxi per poter arrivare a casa dei miei remoti zii.
Simpatici gli spagnoli.

Dopo diversi minuti riuscimmo a far fermare un tassista e cominciai a ringraziare tutti i santi mentalmente.

《Via Pettolicchio, grazie》disse mia madre all'uomo che subito mise in moto l'auto.

Durante tutto il tragitto pensai e ripensai alle mie amiche rimaste da sole in America. Come faranno senza di me?
L'ultima volta che me ne sono andata sono rimaste tutte e tre incastrate in un cancello.

Per non dimenticare quella volta che Nicole è caduta dalle scale della scuola facendo una figura di merda davanti a tutti, compreso il ragazzo che le piaceva.

O quella volta che, correndo per i corridoi, Chantal ha sbattuto contro l'insegnate di sociologia rompendole due costole.

O quando Moana è entrata in un negozio Tim e ha chiesto una ricarica Vodafone.

O quando sono andate ad un concerto degli One Direction senza di me. Quelle stronze...

《Tesoro, dovresti uscire prima di domani!》mi rimbecca mia madre. Persa nei miei pensieri come ero, non mi ero neanche accorta che l'autista si era fermato e mi aveva chiesto gentilemnte più volte di uscire.
Che figura.

《Arrivo subito》grido di rimando e mi slaccio la cintura diretta verso il bagagliaio.

Con tutta calma prendo la valigia e la borsa che ho portato per il viaggio, e mi dirigo verso la porta della casuccia dei miei zii.

Tutto sommato non è male. Due piani, pareti bianche e finestre molto ampie.
Mi piasce.

Arrivata alla porta faccio per aprirla, ma qualcosa me lo impedisce.
Spingo e tiro per svariati secondi con mia madre dietro di me, affannata a tenere tutti i bagagli.

Quando finalmente riesco ad aprire la porta rimango basita.

Davanti a me ho qualcosa, o meglio qualcuno, che non mi sarei mai aspettata.

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