Un raggio di luce si posava sulla superficie in legno scuro del tavolo, filtrato dalle pesanti tende che sfioravano soffitto e pavimento alle rispettive estremità, ed avvolgevano l'intera stanza in una carezza di elegante penombra; il silenzio annientava qualunque forma di distrazione, fatta eccezione per il ritmico ticchettio dell'orologio che l'uomo portava al polso, e che scandiva il tempo con incessante precisione. Vi era una certa metodicità nell'incedere delle ore che erano trascorse da quando l'uomo si era seduto su quella sedia, nel profondo della notte che aveva preceduto quell'esatto momento - una sorta di rigore che non aveva tradito nemmeno per un misero secondo il tormento che quegli occhi avevano lasciato insinuare in lui. Come l'incubo di un dannato, il viso della fragile umana dai capelli color dell'alba più intensa che in mille anni Elijah avesse mai visto aveva annientato ogni sorta di serenità, o di mal celata pace. Erano trascorsi appena due giorni ed altrettante notti da quando quel paletto era stato estratto dalla sua carne, eppure neanche il desiderio di nutrirsi aveva distratto il vampiro dalla sua folle ricerca di una spiegazione, o di una ragione secondo la quale una provvidenziale sconosciuta gli avesse donato nuovamente vita. Aveva scavato a fondo nella propria memoria, scivolando perfino tra i ricordi più dolorosi, incapace di riconoscere tale sguardo, o tale purezza – una parte di sé ripercorreva la discussione che i due avevano avuto durante quella notte, ed un'altra continuava a rimembrare con spaventosa accuratezza il profumo di quella pelle diafana, che pareva perfino riflettere i raggi della luna. Era terrorizzato, Elijah, e bramava quel sangue con una follia primordiale che non sentiva contorcergli le viscere da tanto, forse troppo tempo. Aveva imparato a controllarsi, a domare l'animale che si nascondeva in lui, ed adesso, d'improvviso, si trovava a provare le stesse sensazioni che pareva aver dimenticato, dopo centinaia di anni, annientando qualunque genere di emozione, di sentimento, di connessione con un io umano che aveva sempre creduto di essere riuscito a mantener vivo in sé – era un modo malato di desiderare del sangue, come se si trattasse del veleno più puro che fosse mai stato distillato, come se una parte di lui urlasse e ripetesse incessantemente che sarebbe stato la morte ad accoglierlo se avesse anche solo sfiorato quella ragazza. Così, stordito ed incapace di ragionare, si era rintanato nel proprio studio, dove conservava alcuni testi che adesso era certo sarebbero stati d'aiuto, sperando che tanto sarebbe bastato per poter dare un nome a quel nuovo pericolo che sembrava incombere nella sua vita. D'improvviso scattò in avanti con il busto, poggiando il pesante tomo malamente rilegato sulla scrivania, facendo scorrere l'indice della mano destra su quello che pareva essere un foglio piuttosto antico, divorando avidamente quelle brevi righe; sgranò gli occhi, mentre una strana sensazione parve impadronirsi di lui.
"Un bestiario, fratello?" La voce di Klaus infranse inaspettatamente quel sottile limbo in cui Elijah si era cullato per giorni, estraniandosi dal resto del mondo. "Non te ne vedevo sfogliare uno da almeno un paio di secoli, più o meno da quando ti sei convinto di essere onniscente." Una risata rauca, seguita dall'avanzare dei suoi passi; si fermò all'altro capo della scrivania, di fronte al fratello, e poggiò entrambe le mani sul piano, curvando appena la schiena. "Deduco che qualcosa ti turbi, Elijah, e mi chiedo se non sia lo stesso tarlo che ossessiona me, ormai da qualche giorno."
L'altro alzò finalmente lo sguardo, incrociando i suoi occhi, d'improvviso attento.
"Lydia, dico bene?" Soffiò Klaus, mutando la propria espressione in un ghigno di consapevolezza, di muto stupore ed inarrestabile soddisfazione. Si inumidì le labbra, prima di allontanarsi, cominciando a percorrere la stanza a grandi passi, facendo scorrere distrattamente lo sguardo sugli arredi, come se attendesse una risposta di cui in realtà non avesse bisogno.
"Non amo che qualcuno interferisca con i miei piani, ma ancora meno accetto che a farlo sia un'umana, e che questa non abbia poi il coraggio di sfidarmi apertamente, così come invece dovrebbe."
Elijah si limitava a seguire il suo vagare, senza proferir parola, sfiorandosi la barbetta incolta che quei due giorni di assenza dalla realtà avevano lasciato crescere sul suo mento, solitamente glabro ed elegantemente immacolato.
"L'ho cercata, fratello, mi sono scomodato – eppure non ho trovato nulla, se non una leggera scia del suo profumo sui tuoi vestiti."
"Non sapevo avessi preso determinate abitudini, Niklaus. Annusare i miei abiti come un cane randagio, non me lo sarei mai aspettato." Schioccò, nascondendo un sorriso appena accennato.
"Ridi pure di me, ridi a gran voce se preferisci." Fece un cenno con la mano, serio. "Sono sicuro che ricorderò questo suono, quando vedrai il suo corpo dissanguato giacere sull'uscio di questa casa."
L'altro scattò in piedi, istintivamente, stringendo la mano sinistra in un pugno.
"Non permetterò che tu lo faccia, le ho promesso che l'avrei protetta."
Klaus fece scorrere il proprio dito sul dorso di un Grimorio sistemato su uno scaffale, inumidendosi le labbra e scuotendo appena il capo. "Non trovi sia grottesco che tu decida sempre di salvare coloro che io desidererei invece uccidere?"
"Ero convinto che in mille anni, tu avessi imparato ad acquietare la tua sete di vendetta – o almeno a placarla sufficientemente da non dover uccidere una qualunque ragazzina che, per pura casualità, si è ritrovata sulla tua strada."
Si girò verso il fratello, allargando le braccia. "E' proprio questo il punto, Elijah!" Sgranò gli occhi, facendo un passo in avanti. "Lei non è una qualunque ragazzina, non è vero?" Nel distogliere lo sguardo del fratello, riconobbe un assenso. "Lei è qualcosa che va oltre la sciocca umanità, e questo qualcosa ti sta ossessionando tanto quanto sta ossessionando me."
"Credo sia un vizio che non ci toglieremo mai, Niklaus." Si abbandonò di nuovo alla sedia, portandosi una mano tra i capelli. "Erano passati quattrocentocinquant'anni dall'ultima volta che la morte aveva bussato alla nostra porta sotto forma umana, e qualcosa mi suggerisce che nessuno dei due sia ancora riuscito a dimenticarlo. Ma che sia bastato davvero così poco, stavolta?"
L'espressione sul viso di Klaus si trasformò, ed un brivido percorse la sua schiena. "Non può essere vero, io.. pensavo non ne esistessero più, pensavo avessimo bruciato viva l'ultima della sua razza, quella notte."
Elijah scosse il capo, girando il Bestiario ancora poggiato sulla scrivania, mostrando al fratello la pagina su cui era aperto; un semplice nome, una definizione, un cenno storico. Klaus si voltò, avanzando verso la porta a grandi passi, con una risolutezza che forse non dimostrava da qualche anno.
"Dove stai andando?" Per quanto quella nuova certezza li stordisse entrambi, uno dei due avvertiva ancora un forte senso del dovere nei confronti della propria promessa, e questo l'avrebbe portato a difendere quella ragazza, soprattutto dal fratello.
"A scegliere le mie vittime, Elijah: stanotte, nell'esatto momento in cui la luna raggiungerà il punto più alto sopra le nostre teste, lei sarà davanti ai nostri occhi."
"Temo di non seguire il tuo ragionamento."
"Solo la morte può richiamare una banshee, e per essere sicuro di non fallire, sarà necessario un sacrificio umano: una serie di morti che la tortureranno, che le faranno perdere il controllo abbastanza da ricongiungerla al suo elemento naturale. Arriverà, per richiamare a sé le anime dei defunti, per accompagnarle nell'aldilà con il proprio pianto, e noi saremo lì, ad attenderla."
Seguì un breve silenzio, interrotto subito dopo dal fratello ancora seduto. "La banshee che abbiamo conosciuto noi, Venoa, era praticamente una strega, era un'anima corrotta, che per raggiungere l'apice dei propri poteri era diventata un demone.." Incrociò lo sguardo di Klaus, che si voltò, per ascoltarlo. "..e se Lydia non fosse arrivata a questo punto? Se nessuno l'avesse istruita, se.. se fosse ancora un'umana che sente delle voci nelle propria testa?"
La domanda rimase sospesa, fin quando non ottenne una risposta secca, che apriva però un misero spiraglio. "Allora dobbiamo fermarla prima che diventi lei stessa la morte, Elijah."