"Hai la voce stanca, Lydia, va tutto bene?"
"Forse passo troppo tempo sui libri, ma niente di cui ci si debba preoccupare."
"Sono sicuro che in meno di un mese avrai la media più alta di tutta la scuola, e dimostrerai ai tuoi nuovi compagni quanto sbagliato sia sottovalutarti."
Sorrisero entrambi, nello stesso istante, pur non sapendolo – da un lato, la ragazza dai capelli rossi sfilava un 45 giri di David Bowie dalla propria custodia in cartone rigido, per depositarlo con delicatezza sul giradischi, chinandosi poi sulle gambe per porsi allo stesso livello della puntina che avrebbe presto messo in movimento; dall'altro, l'indice della mano destra di un ragazzo dagli occhi color nocciola giocherellava con un filo di cotone color sangue che era appena stato sfilato dal muro della sua camera per essere sostituito da uno di colore verde.
"Allora, hai fatto qualche amicizia? Non dirmi che ti sei già dimenticata di noi!"
"Non fare l'idiota.." scoppiò a ridere, scuotendo il capo con aria divertita. "..come potrei dimenticarmi di voi? A proposito, come vanno le cose a Beacon Hills?"
In risposta ottenne un sospiro colmo di esitazioni, segno che probabilmente Stiles avrebbe cercato ancora una volta di proteggerla da una realtà che incombeva su quelli che invece erano rimasti nel luogo che aveva regalato loro solo un incommensurabile dolore. "Problemi sovrannaturali, ma in un modo o nell'altro ce la stiamo cavando – sono felice che tu sia abbastanza lontana da non dover fronteggiare tutto questo." Pronunciare quelle parole fu una liberazione, che per qualche istante riuscì a colmare l'assenza che invece pesava su di lui come fosse un macigno. "Cosa si prova a vivere una vita normale, senza nessuno che si trasforma in qualche spaventosa creatura con zanne, artigli e che potrebbe potenzialmente fare a pezzi tutti coloro a cui vuoi bene?"
"Bella domanda.." Rispose sottovoce Lydia, sedendosi sul bordo del letto; si spostò i capelli su una spalla con un gesto della mano, sollevando lo sguardo sul soffitto prima di chiudere gli occhi e prendere un profondo respiro. "Stiles, se qualcuno ti dicesse che – ipoteticamente parlando, fuori da Beacon Hills esistono creature molto più pericolose di quelli dei bestiari degli Argent, mi crederesti?"
"Se me lo dicessi tu, ci crederei." Seguì solamente un lungo silenzio, durante il quale le supposizioni che affollavano la mente di entrambi sembrarono impedir loro di approfondire quell'argomento. "Devi.. devi dirmi qualcosa, Lydia?"
"No, assolutamente niente; sto solo farneticando, credo di essere solo facilmente suggestionabile: mi è difficile credere di essere circondata da persone normali, ed a volte finisco per insospettirmi inutilmente." Si strinse nelle spalle, mordendosi insistentemente il labbro inferiore, forse per impedire a se stessa di raccontare invece una verità che non avrebbe portato nulla di buono. "Deformazione professionale, credo di poterla definire."
"Cerca di lasciarti alle spalle tutto quello che è successo; meritiamo tutti di poter ricominciare, e tu hai avuto il coraggio di farlo prima di me, o di Scott. Non sentirti in colpa per questo e, per l'amor del cielo, non cacciarti nei guai. Per quanto instancabile sia la mia jeep, non credo riuscirei a raggiungere New Orleans in tempo utile, nel caso in cui ce ne fosse bisogno – a meno che non imparassi a volare, in quel caso sono sicuro che-"
"Stiles, torna con i piedi per terra!" Si trattenne dal ridere, di nuovo. "Starò bene qui, e non avrò bisogno del vostro aiuto, quindi non state in pensiero per me: me la saprò cavare meglio di quanto non crediate!"
Il ragazzo prese a farneticare in maniera piuttosto sconclusionata, alleggerendo la conversazione con qualche aneddoto sull'ultima partita di lacrosse e sull'infarto del coach scampato per miracolo, mentre Lydia, invece, dovette portarsi una mano sulla bocca e soffocare un urlo di puro e razionale terrore; accanto a lei, seduto sul letto, Klaus Mikaelson osservava con aria incuriosita la copertina del vinile che proprio in quel momento riempiva la stanza con le note leggere di 'Moonage Daydream'. Al suono stridulo della voce femminile fu costretto a contrarre il viso in una smorfia di puro dolore, e per un istante il colore dei suoi occhi mutò in un dorato intenso e fluido, segno che la sua forma umana faticasse a sovrastare quella ibrida; prese un profondo respiro, contenendo quel dibattersi delle due nature fin quando non fu certo di essere tornato completamente in sé. La ragazza scattò in piedi, allontanandosi da lui e cercando al contempo di rassicurare il povero Stiles che non aveva ovviamente idea di ciò che stava accadendo; chiuse la telefonata, sotto gli occhi dell'altro, che sembrava addirittura furioso con lei per la reazione avuta.
"Che cosa ci fai qui?" Domandò lei, il cuore che le martellava nel petto.
"Ho aspettato più di mille anni per vedere mia madre marcire all'inferno, penso di avere tutto il diritto di non volermela prendere con calma.." Aggrottò le sopracciglia, come se nulla fosse, alzando lo sguardo su Lydia. "..e, per rimanere in tema, devo dire che la tua, di madre, è davvero una donna molto disponibile: è stato piuttosto facile convincerla ad invitarmi ad entrare, non ho neanche dovuto soggiogarla." Le sorrise, arricciando appena l'angolo delle labbra. "Ora, per favore, se hai finito con le tue telefonate da adolescente in piena crisi ormonale, dovremmo andare."
La ragazza provò a ribattere, ma alla fine decise semplicemente di indossare una giacca sopra la blusa tuchese che le lasciava scoperta una spalla e seguirlo fino al piano di sotto dove trovarono la signora Martin impegnata in una telefonata – Klaus alzò gli occhi al cielo, rendendosi conto che in effetti doveva trattarsi di un vizio di famiglia – la quale, nel vederli dirigersi verso la porta d'ingresso, rivolse loro un cenno di saluto con la mano.
"Posso sapere dove stiamo andando, oppure dovrò considerarlo un rapimento?"
"Quanto sei pessimista, Lydia – addirittura un rapimento? Potresti considerarlo un appuntamento con sorpresa, sarebbe molto più poetico." Aprì la portiera del suv che aveva parcheggiato nel vialetto appena fuori casa della ragazza, salendo poi a bordo ed infilando la chiave nel quadro.
"Questo non è appuntamento."
"E la mia non è neanche una sorpresa, in effetti." Convenne, mentre l'altra prendeva invece posto sul sedile passeggeri accanto al suo, allacciandosi la cintura con aria piuttosto abitudinaria. "Stiamo andando a parlare con Elijah: dobbiamo esporgli il piano, e tu dovrai convincerlo di potersi fidare di me più di quanto non abbia fatto in passato." Ingranò la retromarcia, e si immise nella carreggiata principale con un paio di manovre – poi, senza aspettare una risposta da parte di Lydia, accese lo stereo, impostando la riproduzione sul cd che era già inserito.
Bastarono un paio di note perchè la ragazza riconoscesse la canzone che colmò il silenzio nell'abitacolo; spostò lo sguardo su Klaus, inarcando un sopracciglio e guardandolo con aria scettica. "I Black Keys – hai più di mille anni, ed ascolti i Black Keys."
"Oh, tesoro, tu ne hai.. quanti? Diciassette o diciotto, ed ascolti David Bowie; non per risultare scortese, ma nessuno sano di mente vorrebbe tornare indietro agli anni 70! E' stato un decennio sufficientemente imbarazzante, lasciatelo dire."
In risposta, si limitò a roteare gli occhi e ad alzare leggermente le mani con aria arrendevole, non avendo alcuna intenzione di litigare con lui; ci ripensò poco meno di un minuto dopo, voltandosi nuovamente nella sua direzione. "Non posso credere che non ti piaccia Bowie, Klaus!" Esclamò, come se quella rivelazione la colpisse nel profondo, quasi dimenticando di avere a che fare con una creatura che in realtà la terrorizzava, e che avrebbe potuto ucciderla in pochi istanti.
"Non ho detto che non mi piace, è solo che preferisco lasciarlo in una delle parentesi più buie della storia dell'umanità." Si giustificò, fermandosi al rosso di un semaforo ed osservando la ragazza con la coda dell'occhio, divertito da quel suo intestardirsi su un dettaglio così insignificante. "Preferisco rimanere al passo con i tempi, tutto qui."
Premette sull'acceleratore, e non poté fare a meno di sorridere nel sentirla canticchiare sottovoce la quarta traccia dell'album, che evidentemente doveva averla distratta dalla discussione; tamburellò le dita sul volante, a tempo di musica, e finalmente il Quartiere si aprì davanti a loro, in tutta la sua mistica ed indecifrabile bellezza fuori dal tempo.