III. the forgotten.

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Un'elegante melodia d'altri tempi eccheggiava leggiadra tra i petali dei fiori i cui steli si concatenavano fino a formare rampicanti selvaggi, per poi annodarsi intorno alle ringhiere ed alle colonne che delimitavano lo spazio della corte interna di quella dimora totalmente fuori dal tempo; erano dei musicisti a comporla, in eleganti abiti da sera, sfiorando le corde dei loro strumenti e dando vita ai ricordi del padrone di casa, il quale aveva conservato quelle precise note nel proprio cuore, per secoli, custodendone la memoria. Il giorno dopo, neanche uno di loro avrebbe ricordato la vibrazione esatta del proprio cuore nell'udire quella melopea, né sarebbe stato in grado di raccontare di essere stato lì, invitato a quella che si presentava come una festa – qualcuno avrebbe avuto cura di far scorrere via dalla loro mente ogni singola immagine, ogni singola palpitazione, ogni singolo accordo scivolato in quella notte in cui tutto pareva destinato a danzare. Era un cielo di una tonalità di blu molto intensa screziata da polvere di stelle, a far da tetto a quello spazio che era stato addobato appositamente per l'occasione, immergendosi in un fondersi di viola e nero, fino a perdersi in quella che sembrava l'ambientazione di un'antica fiaba, piuttosto che di un semplice evento di New Orleans. Tra gli invitati che già affollavano la dimora della famiglia Mikaelson, si potevano riconoscere creature d'ogni genere: dagli umani che si cibavano al tavolo del buffet (posto trasversalmente vicino al loggiato nord), ai vampiri che avrebbero invece voluto cibarsi di loro – dai lupi mannari, in minor numero e costantemente sulla difensiva, ai due ibridi che si intrattenevano cordialmente con le varie fazioni. Era un'equilibrio instabile, quello su cui pareva reggersi l'intera nottata, in cui una patologica diffidenza sembrava esser stata messa da parte per far spazio a quella che appariva come la richiesta di un compromesso da parte di Klaus, colui che aveva portato nuovamente la guerra in città, e che aveva fatto recapitare un ricercato invito ad ognuno di loro.
"Devo considerare casuale la scelta di questo giorno, per organizzare una festa?"
Elijah affiancò il fratello, stringendo nella mano destra un bicchiere stracolmo di liquido ambrato; l'altro si girò, rivolgendogli un sorriso, per dargli una leggera pacca sulla spalla.
"Non corrucciarti così, Elijah: non ti sei neanche dovuto scomodare ad indossare qualcosa di particolare, considerando che questi abiti da funerale rientrano nel tuo vestiario quotidiano."
"Sei di buon umore, Niklaus, nonostante il tuo umorismo non sia migliorato negli ultimi mille anni." Commentò, schiarendosi la gola. "Mi riferivo, comunque, al fatto che mi sia sembrato strano che tu abbia voluto portare avanti le tradizioni di famiglia organizzando una festa per celebrare la luna scarlatta, così come faceva nostra madre; pensavo che.."
"Oh, fratello, tu pensi troppo!" Esclamò, indietreggiando di un passo. "Goditi la festa, ma lascia che determinati ricordi brucino all'inferno come il corpo della donna che chi ci ha generato."
Si scambiarono uno sguardo di semplice intesa, prima che Klaus lo superasse, per raggiungere Marcel, appena arrivato in compagnia di alcuni dei vampiri che stava addestrando.
"Facile a dirsi, fratello, se non fosse che anche i ricordi – come nostra madre, amino tornare da noi per perseguitarci." Si lasciò sfuggire, mentre lo guardò allontanarsi; avvicinò il bordo superiore del bicchiere alle labbra, schiudendole appena per assaporare un sorso di whiskey, deciso a reprimere quella sgradevole sensazione che l'aveva attanagliato fin dal primo istante in cui Klaus gli aveva comunicato che aveva intenzione di organizzare quella serata.
"Elijah.." Un sussurro alle sue spalle, e si voltò per riconoscere il volto di una ragazza che difficilmente avrebbe potuto dimenticare.
"Gia, non pensavo saresti venuta." Rispose, rivolgendo un sorriso alla neo-vampira che era ormai diventata la sua protetta, e chiudendo la propria mente a quei pensieri che non avevano fatto altro che renderlo instabile, e confuso. "Sei incantevole." Commentò subito dopo, ammirandone la figura stretta in un abito nero, così come il codice formale della serata richiedeva. 
"Ti ringrazio." Arrossì appena, distogliendo lo sguardo, lusingata da quel genere di attenzione che sapeva essere solitamente riservato ad un'altra delle donne che ormai faceva parte della famiglia Mikaelson – la stessa che adesso stava rivolgendo loro uno sguardo indecifrabile, ma severo. "Ti andrebbe di ballare con me? Mi sembri preoccupato, e non è certo l'umore migliore per una serata così bella, non credi?" Domandò, porgendogli poi la propria mano.
Si allontanarono, insieme, per unirsi alle coppie che già danzavano, come sospinte da un'invisibile magia, in una tranquillità che pregnava l'aria, nella sensazione che neanche una goccia di sangue sarebbe più stata versata, dopo quella notte. Era una dolce illusione in cui cullarsi, una lenta utopia che lasciava chiuder loro gli occhi per abbandonarsi alle braccia del proprio partner, tra le note che mitigavano ogni paura, ed ogni avversione personale.
Quella sera, il mondo era stato fermato per la prima volta, dallo stesso uomo che ora sedeva sul secondo scalino della rampa che conduceva alle logge superiori, osservando con indiscreta attenzione ogni essere che aveva varcato la soglia di quella che era, e sarebbe sempre stata casa sua.

the scarlet moon.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora