Una sottilissima e fastidiosa pioggia scivolava copiosa sui prospetti degli edifici, ombreggiandone i colori solitamente tendenti a gradevoli gradazioni pastello; pesanti e dense nuvole incupivano il cielo che altrimenti terso avrebbe reso piacevole perfino quel giorno d'autunno, in cui la monotonia pareva aver preso il sopravvento. Solamente qualche sporadico ed avventuroso turista trovava il coraggio di avventurarsi per le strade di New Orleans, talmente desideroso di dedicarsi alle bellezze di quella città da impedire ad un temporale di fermarlo – tra questi, una ragazza minuta, avvolta da un'ampia sciarpa di lana blu e da un berretto dello stesso tessuto e dello stesso colore che lasciava trapelare qualche rara ciocca di capelli dal colore dell'alba, camminava lungo Bourbon Street, arteria principale del Quartiere Francese. Si riparava dalla pioggia grazie all'intricato sistema di logge che sottostava i piani residenziali delle abitazioni, e dal freddo grazie ad un trench color panna che la avvolgeva. Manteneva un passo cadenzato, ma non veloce, mentre i suoi occhi si dedicavano con aria ammirata agli edifici in stile coloniale da cui era circondata, studiandone con cura ogni dettaglio e respirando quell'atmosfera completamente fuori dal tempo – le sembrava di passeggiare in una città coloniale del 700, e questo risvegliava in lei istinti mai avvertiti prima di quel momento: la sua mente produceva immagini rapide e ben poco a fuoco di quella stesse strade, probabilmente anni ed anni prima, popolate da individui che mai aveva visto prima. Si domandò, per un istante, da dove provenissero quelli che sembravano addirittura ricordi, ed ebbe la sgradevolissima sensazione di star osservando quella città con occhi che non erano i suoi. Avvertì un profondo disagio coglierla e, stringendosi nelle spalle, affrettò il passo, scacciando quei pensieri dalla propria mente, per una volta al riparo da incubi, e demoni.
Camminava, e le sue scarpe producevano un rumore curioso calpestando il marciepiede ed a tratti delle pozzanghere, ma nulla sembrava realmente preoccuparla; quasi immersa in una realtà parallela, lontana da quel momento e da quel luogo, sobbalzò d'improvviso quando inavvertitamente urtò una seconda persona, di cui neanche si era accorta.
"M-mi perdoni, io.." Tentò di scusarsi, prima che i suoi occhi si posassero sul collo di quello che si rivelò un uomo, e distinsero una specie di rosario che affiorava appena dal tessuto di una maglietta color cenere.
"Non preoccuparti, cara, capita di essere un po' sbadati." Rispose lui, piegando il capo da un lato e rivolgendo alla ragazza un mezzo sorriso. "Anche se non tutti hanno la fortuna di concedersi una passeggiata, ed imbattersi in una banshee – deve essere proprio una mattina propizia, la mia."
Lydia alzò lo sguardo nel suo, gli occhi verdi che lasciavano trasparire tutta la sua indisposizione nell'aver incontrato proprio lui, che più di tutti avrebbe voluto evitare. "Ho un nome.." Si limitò a schioccare, inarcando un sopracciglio con aria piuttosto infastidita. "..e ti sarei grata se tu decidessi di utilizzarlo, una volta tanto."
L'ibrido si riservò un secondo per osservare il volto di quella ragazza, talmente umana da farlo sempre indietreggiare di un passo quando si trovava in sua presenza, e non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso nel notare le sue guance arrossate dal freddo, così come la punta del naso che compariva appena dalla sciarpa con cui tentava di riscaldarsi. Nel notare quell'accenno di divertimento, lei si voltò, incamminandosi nella direzione opposta rispetto a quella seguita fino a quel momento, congiungendo le braccia al petto; Klaus dovette accelerare il passo, per raggiungerla. "Dove stai andando?" Domandò a quel punto, un po' sorpreso da quella reazione.
"Di sicuro non starò qui mentre tu ti prendi gioco di me." Fu la frase che ricevette in risposta, e non potè fare a meno che roteare gli occhi con una punta di esasperazione, afferrandole il braccio e strattonandola appena, per fermarla. "Non ridevo di te, Lydia." Asserì, guardandola negli occhi, e la ragazza si sorprese del fatto che lui ricordasse davvero il suo nome; si divincolò dalla presa, rimanendo però dov'era, senza andar via come lui pensava avrebbe fatto.
"Non sapevo che tra i passatempi di un ibrido ci fosse anche lo stalking." Commentò a quel punto, decidendo di lasciar da parte almeno per quel momento il risentimento dovuto alla discussione che aveva in un certo senso appena deciso di troncare.
"Piuttosto egocentrico da parte tua pensare che io ti stessi cercando." Rise, inarcando appena un sopracciglio a quell'affermazione, piuttosto sorpreso dalle conclusioni a cui la ragazza era arrivata. "Si dà il caso che questo sia il mio Quartiere."
Lydia si guardò intorno, riducendo gli occhi quasi in due fessure, come fosse in cerca di qualcosa, mentre un'espressione concentrata le increspava i lineamenti del viso. "Mi dispiace, ma non vedo scritto 'Quartiere di Klaus' da nessuna parte." Si strinse nelle spalle, rivolgendogli una leggera smorfia. "Comunque sia, apprezzo che tu non abbia compiuto un massacro, pur di poter parlare con me – è un progresso non indifferente."
Sorpreso da quella sagace risposta, schiuse le labbra per poter ribattere, ma in quel momento avvertì un impercettibile mutamento nella frequenza cardiaca della ragazza, che scandiva il tempo con insopportabile precisione, giungendo all'udito di Klaus; si guardò intorno, riconoscendo l'insegna del Rousseau's ad un isolato di distanza, e tornò poi a rivolgersi a lei. "Continueremo questa discussione in un luogo chiuso, al riparo." La sua voce risuonò autoritaria. "Per chiarire fin da subito le mie buone intenzioni, ci sposteremo in quel locale.." Glielo indicò con un cenno del capo. "Immagino tu proverai a contraddirmi, ma temo di doverti fornire due piccole informazioni: il tuo cuore sta accelerando la frequenza del battito, segno che la temperatura comincia ad abbassarsi troppo. Se questo non fosse abbastanza, spero tu ti arrenda prima che io sia costretto a soggiogarti – penso sarebbe meglio per entrambi se tu fossi più accondiscente, anche solo per un paio di minuti."
Lydia puntò infantilmente i piedi, pronta a rifiutare quell'offerta, ma non poté camuffare il lunghissimo brivido di freddo che le attraversò la schiena, portandola a stringersi ancora di più nel proprio trench; si arrese, senza proferir parola, incamminandosi verso il pub poco distante, aperto a quell'ora probabilmente per servire la colazione a quei pochi avventori che avevano deciso di riversarsi in città. Camminarono insieme, l'uno accanto all'altra, fin quando non raggiunsero il luogo prestabilito, e Klaus non tenne aperta la porta per lasciar passare la ragazza, dimostrando una galanteria ereditata in mille anni di vita. "Prima un kanima, poi un lupo mannaro, ed ora un ibrido – devo dire che ho un certo talento nello scegliere con chi trascorrere il tempo." Borbottò tra sé, addentrandosi in quel locale dall'atmosfera un po' cupa, in perfetta armonia con l'intero Quartiere; si guardò intorno, prima di dirigersi verso uno dei tavoli posti accanto le finestre, così da poter essere ben in vista nel caso in cui Klaus avesse deciso di fare un passo falso. Lui la raggiunse, prendendo posto di fronte a lei. "Sei molto più caparbia di quanto non sembri." Ghignò, passando un braccio dietro lo schienale della propria sedia, sbilanciandosi così appena all'indietro.
"Ti sorprenderebbe sapere quanto, credimi."
Una cameriera dai capelli castani, probabilmente assunta da poco, li raggiunse, porgendo due menù ai nuovi arrivati. "Benvenuti al Rousseau's!" Sorrise ad entrambi, cordiali. "Vi lascio un paio di minuti per dare un'occhiata ai menù, e quando volete mi chiamate."
Lydia le rivolse un sorriso, subito dopo essersi tolta il berretto e la sciarpa, lasciando liberi i selvaggi capelli rossi, che ricaddero sulle spalle, ormai spogliate a loro volta del cappotto, per lasciar spazio ad un semplice maglioncino di cotone bianco; la cameriera si allontanò, lasciandoli soli come promesso, e la ragazza aprì il proprio menù, cominciando a scorrere le varie voci, in cerca di qualcosa che stuzzicasse il suo appetito.
"Come mai non sei a scuola?" La voce di Klaus interruppe il silenzio, mentre i suoi occhi rimanevano fissi sulla ragazza, senza neanche prestare attenzione alla cameriera o ai menù, troppo impegnato a studiare la persona che aveva davanti.
"Sono un paio di giorni che non vado." Rispose, scrollando appena le spalle, girando poi una pagina e dedicandosi agli infusi. "Il nostro incontro dell'altra notte, durante la tua festa, non mi ha messa dell'umore giusto – anzi, permettimi di dire che sarebbe meglio se tu contattassi una buona agenzia di catering, la prossima volta.. o, per lo meno, sarebbe gradevole se tu aggiungessi negli inviti la voce 'buffet con gli invitati': dubito sia stato un buon epilogo di serata, per quei poveretti."
Dovette trattenersi dal ridere, per focalizzare la propria attenzione sull'assoluta tranquillità con la quale sembrava trattare l'argomento; avrebbe voluto addentrarvisi, ma sapeva che non avrebbe ottenuto neanche una risposta – o meglio, non ancora. "Cerchi di evitare qualcuno, a scuola?"
"E'.. possibile." Si schiarì la gola, spostandosi una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio, fingendo assoluta indifferenza, nonostante fosse piuttosto colpita. "Non amo particolarmente chi cerca di dirmi cosa fare e come comportarmi."
"Siamo molto simili in questo." Si lasciò sfuggire Klaus, celando un breve sorriso dietro uno sguardo enigmatico. "Posso sapere chi sta cercando di controllarti?"
"A parte te, intendi?" Aggrottò le sopracciglia, tamburellando distrattamente le dita sul tavolo, ancora indecisa su cosa ordinare e non pienamente a proprio agio. "Davina Claire." Articolò, con una precisione quasi esaspetante, cogliendo poi ogni singola reazione sul viso del suo interlocutore. "La conosci, non è così?"
"Dovevo immaginare che ci fosse lei, dietro tutto." Si inumidì le labbra, guardandosi intorno per la prima volta, cercando di inquadrare le persone che avevano intorno, per capire se fossero o meno al sicuro. "Non posso dire che sia in cima alla lista delle persone con cui vorrei trascorrere una mattina autunnale, mentre fuori piove."
"In cima a quella lista ci sono io, non è così?"
Klaus rise, annuendo appena con il capo. "Considerando che sei l'unica in questa città che non ha ancora cercato di conficcarmi un paletto nel cuore, devo dire che sì, quel posto spetta a te."
"Puoi stare tranquillo, non ci proverò." Lo rassicurò. "Ci riuscirò, prima o poi."
Quella velata minaccia rimase sospesa quasi nel vuoto, ad un soffio dal sorprendere Klaus, e proprio quando la ragazza terminò l'ultima sillaba, la cameriera li raggiunse, tenendo un bloc notes per le ordinazioni, con uno di quei sorrisi un po' fuori luogo.
"Cosa prendete?" Domandò, speranzosa.
"Per la ragazza, una cioccolata bollente alla cannella, con biscotti secchi." Ordinò lui, senza attendere che Lydia comunicasse ciò che desiderava; in realtà, non aveva in mente di prendere nulla, ma non volle ribattere. "Per me, invece, niente." Aggiunse, vedendo che la cameriera ancora attendeva. "Grazie." La liquidò, rivolgendole un breve sorriso.
Una volta rimasti nuovamente da soli, Lydia non potè fare a meno di dar voce ai propri pensieri. "Ti comporti come se ci conoscessimo da una vita." Asserì, poggiando le braccia sul tavolo e congiungendo le mani. "Mi parli con una certa confidenza, ti aspetti che io mi fidi di te, ordini per me la colazione, ed addirittura me la offri.."
"Nessuno ha parlato di offrirti la colazione, Lydia." Si accigliò, ma nel notare l'espressione della ragazza – un sopracciglio alzato e le labbra arricciate in una smorfia, si limitò ad alzare le mani in segno di resa, concedendole quella piccola vittoria.
"Prima di oggi, ci siamo incontrati solo una volta, e nessuno dei due era davvero in sé.." Continuò, sostenendo la propria tesi. "..eppure, il tuo atteggiamento dimostra il contrario."
L'ibrido sospirò, passandosi una mano tra i capelli ancora umidi a causa della pioggia, abbassando sensibilmente il tono della voce. "Non sei la prima banshee con cui mi ritrovo ad avere a che fare, e credimi se ti dico che se c'è una cosa che ho imparato sulle persone con la tua capacità, è che nessuna di voi muore davvero." Scrollò le spalle. "Avete questo strano modo di.. sopravvivere: vi trasformate in voci, ed infestate altre banshee vive, secondo una linea di successione non genetica." Spiegò, cercando di trovare le parole adatte. "Da quando ti sei trasferita qui a New Orleans, è stato più difficile controllarle, quelle voci, non è così?"
Lydia si limitò ad annuire con il capo, rendendosi conto di aver appreso sui suoi poteri più in quei brevi minuti, che negli ultimi anni.
"Ho ragione di credere che tu sia in contatto con Venoa Lemaire, una ragazza nata e cresciuta in questo Quartiere." Abbassò lo sguardo nel pronunciare quel nome, quasi come fosse sacro. "Secondo alcuni antichi scritti, è possibile che tu sia in qualche modo legata alla mia famiglia ed alla sua storia e che, per questo, quando la morte si avvicina a me o ad uno dei miei fratelli, tu ne avverta un effetto devastante, ed incontrollabile."
L'ordine della ragazza comparì in quell'istante, ed il dolce odore della cannella parve allietare le rivelazioni che si riversarono su entrambi, sebbene in modo diverso; con mano appena tremante, Lydia afferrò il cucchiaino, e prese a farlo girare nella cioccolata, per far sprigionare il sapore.
"Se me lo permetti, voglio aiutarti a rispedire Venoa nell'oltretomba, ed a scioglierti da questa condanna eterna." Asserì. "In seguito, ci dedicheremo al massacro dei miei genitori."
Il cucchiaino si avvicinò alle rosee labbra della ragazza, che gustò un primo assaggio della sua colazione, la quale si rivelò essere deliziosa; quando deglutì, allungò appena una mano verso la sua, quasi come a volerlo rassicurare, senza però sfiorarlo.
"Ci aspetta un incantevole viaggio all'inferno, Klaus."