Capitolo 1

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PRIMO CAPITOLO

La strana avventura che mi ha visto protagonista è iniziata un sabato sera, mentre ero impegnato ad aprire un concerto del grande Larry Child. Ero il suo opening act per le uniche tre date italiane del suo tour d'addio, un onore mica da poco.

Finito il mio concerto ero uscito dal locale con una sigaretta stretta tra le labbra, e mi ero fermato a cercare l'accendino nelle tasche; la notte era uno schifo di pesantezza novembrina, il cielo completamente andato a farsi fottere dietro le nuvole. La serata era stata la stessa solfa di sempre, non era cambiato nulla. Speravo di cominciare a raccogliere qualcosa di buono vista l'opportunità di suonare prima di un nome a suo modo importante, e invece era stato un fiasco completo.

Rimasi per un po' a fissare un cartellone pubblicitario. Eccola lì, sempre presente, ovunque: labbra carnose, capelli neri fluenti, corpo esotico avvolto da pelle color ebano, un culo tondo da fare rabbia. Nel cartellone teneva in mano un tubetto di dentifricio, lo stesso che in teoria le donava il suo sorriso bianco come spuma di onde marine. Isa Tar la trovavi dappertutto: riviste, pubblicità, programmi TV. Appariva più lei del Presidente della Repubblica e io, come qualsiasi italiano medio che si rispetti, me la sarei volentieri scopata a sangue.

Anche se il mio cuore già palpitava un po' per una lei in carne e ossa, più vicina a me ma ugualmente irraggiungibile.

Gettai la sigaretta nel tombino dopo poche boccate, e rientrai nel locale a vedere come buttava la situazione.

Ma chi volevo prendere in giro?

Larry Child era un vecchio rocker sul viale del tramonto. Un cantante reduce degli anni d'oro, i '70's, dell'hard rock inglese, che si era convertito poi al glam negli anni '80 seguendo l'onda delle nuove generazioni. Uno che con la sua band, i Rize, arrancava dietro i nomi più celebri come un eterno comprimario, riuscendo tuttavia a piazzare un paio di piccoli classici per i cultori del genere.

Non diventò mai famoso, si ritrovò il suo gruppo funestato da continui cambi di formazione, oltre a qualche morto lasciato lungo il cammino, ma si era tolto delle soddisfazioni nei suoi quarant'anni di carriera, aprendo i concerti dei Deep Purple e di Ozzy, girando un bel po' di paesi. Alla fine degli anni ottanta la creatività di Larry Child era giunta agli sgoccioli e gli ingaggi diminuirono rapidamente, finché arrivò il grunge a spazzare via il rock classico e tutti i piccoli gruppi che ne facevano parte. Sciolse la band ritirandosi dalle scene, senza grandi rimpianti da parte di nessuno, tranne di se stesso.

Ma da qualche anno si era rimesso in gioco visto il ritorno in voga delle sonorità classiche, ottenendo ingaggi per suonare in piccoli locali insieme ad altre vecchie quasi-glorie, sempre davanti a pochi presenti.

Il Guazza Buio era uno di quei locali, nascosto nelle pieghe ridicole e sfatte della periferia romana, che con suoni indecenti e spazi ristretti consentivano di organizzare qualche live e racimolare un po' di soldi. Larry Child si esibiva sul piccolo palco con la sua nuova band, i Glam Street, accompagnato da un paio di giovani leve e un attempato tastierista che era anche suo fratello. Tentava di sparare ancora qualche bordata metallica con la sua ugola arrugginita, la lunga criniera nascondeva sotto una improbabile tinta rossastra i capelli ingrigiti, i pantaloni neri attillati scatenavano l'ilarità dei tizi in prima fila, la camicia hawaiana aperta sul petto villoso per richiamare i suoi vent'anni era una parodia, ma le pose gigionesche e ammiccanti figlie della vecchia scuola gli donavano ancora un'aurea da grande interprete, e la voce, almeno nelle tonalità medie, lo sosteneva quanto bastava.

A sessant'anni marchiati dai vizi, cercava di rivivere più per se stesso un'epoca tramontata da un pezzo in uno stanco festival della nostalgia.

Sua figlia Abbey lo seguiva a ogni serata, e sembrava il ritratto della noia. Se ne stava seduta in un angolo, piegata in avanti, i gomiti poggiati sul tavolino e il mento tra le mani. Guardava per lo più in basso, noncurante di quello che il padre combinava sul palco.

Il demone di NiniveWhere stories live. Discover now