Amarti. Amarmi. Amare.

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Caro M.,
ti scrivo, ancora una volta.
Ripensavo oggi al periodo in cui, prima di lasciarti, mi assalì il dubbio di non sapere, davvero, cosa mi piacesse di te. Quante angosce, quante insicurezze, era forse solo per la tua apparenza? E me ne convinsi, davvero.
Eri bello, per questo tu.
Ma allora di belli ce ne erano altri, ed infatti poco dopo decisi di andare avanti, decisi che tu non mi bastavi più.
Oggi ne è passato di tempo e realizzo, guardando indietro, che ho avuto bisogno di perderti per apprezzarti.
Ad oggi, in parte forse più matura, mi rendo conto che di te mi piaceva la tua banale semplicità. Eri tu e basta, niente muri, niente maschere, forse anche molti meno giudizi. Eri tu ed andava bene così ed io ero io e ti andava bene così. Ho imparato, poi, quanto questa stupida semplicità fosse una cosa rara. Quanto sia difficile per gli uomini accettare la vita per quella che è o se stessi per quello che sono. Quanto crescendo si tenda a rifugiarsi nel mondo delle proiezioni e perdervisi dentro, inconsapevolmente.
Di te mi piaceva il tuo cuore buono, il tuo naturale istinto ad aiutare l'altro, chi di suo era più tendente a cadere vittima delle ingiustizie. E tu che con i tuoi occhi dolci ti accostavi a lui, confortevole, non lasciavi che l'umanità nella sua forma più pura ti scandalizzasse.
Ecco, tu forse, con la tua spiazzante, semplice autenticità, smontavi pezzo pezzo la mia personalità ben costruita, il mio mondo di dimostrazioni, ragionamenti, trucchi. Maschere. Crollava tutto, era tutto così piccolo ed insignificante, di colpo, davanti alla tua grande semplicità.
Quando ho capito, davvero, che mi avevi superata, questo per un lungo tempo mi ha distrutta.
Anche davanti alla tua parola, alla obbiettiva verità, ho sentito la necessità di rifugiarmi nel mio mondo di finzioni e continuare ad ingannarmi. Per tanto, tanto tempo ti ho giudicato, perché il mio amore diventava una cosa sporca, umiliante di fronte al tuo non amore. Io stessa lo ho disprezzato e ho disprezzato me stessa per quel sentimento di tenerezza che continuava a fremermi dentro anche davanti al tuo rifiuto. E dopo averti giudicato per anni per il tuo non amore, e dopo essermi giudicata per anni per il mio amore, ho capito che anche questo mio dolore era stata tutta una illusione.
Non eri tu la causa, non lo era il tuo non amore. Era la mia reazione, il mio accorgermi che il mio stesso amore era condizionato; era la mia incapacità di accettare il mio amore a prescindere dal tuo. Era quello che usciva da me, non da te, era sbattere contro il mio amore umano ed egoista la vera causa del mio dolore.
E quindi, infondo, non ho sofferto del non essere stata amata ma del non essere stata capace di amare, nonostante tutto.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 20, 2019 ⏰

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