♡_Un angelo caduto dal cielo

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Buio.
Sentivo la testa pulsare, il mio cuore battere con costanza. Percepisco i raggi del del sole sulle palpebre, mi invade una sensazione di calore, molto lentamente mi abituo alla luce, aprendo gli occhi. Mi giro dall'altro lato del letto, mi avvicino di più le lenzuola al viso decidendo di chiudere gli occhi per altri 5 minuti.
Nella mia mente cerco di formulare un pensiero: Che giorno è oggi?
Dopo un attimo di esitazione mi alzo di scatto dal letto provocando un dolore lancinante alla testa, gli occhi semi-aperti "Devo andare a scuola" bisciacco ancora assonnata.
"Tranquilla, oggi non si va"
Giro la testa del tutto sorpresa.
"Oggi la scuola é chiusa: per i primi mesi di inizio corsi si entra a giorni alterni" mi dice, puntandomi i suoi occhi di un blu penetrante dritti nei miei. Faccio un profondo respiro cercando di calmare i nervi tesi. Tanti pensieri si fanno strada nella mia mente controvoglia. Mi guardo intorno in cerca di qualcosa di familiare, ma nulla. Quella in cui mi trovavo non era la mia camera e di fronte a me si trovava seduto su una poltrona proprio lui: Mark Kennisor. In un lampo alcuni ricordi sorgono indistinti: Serena, la festa, un ragazzo che mi teneva stretta in vita ballando con me a ritmo di musica, poi mi ricordo dell'alcol, la quantità esorbitante che avevo ingerito. Mi ricordavo di piccoli episodi della festa, ma mi apparivano alla mente come immagini sfocate e confuse.
"Oddio scusami, non so perché mi trovo qui, non volevo, io..." cerco di dire mentre mi alzo dal letto il più in fretta che posso. Mi sentivo tutta appiccicata e assonata. Il mal di testa lancinante aumenta ancora di più appena mi alzo, cercando di stare in equilibrio un senso di nausea mi pervade. Cazzo, avevo proprio esagerato.
Mi sento la mano bloccare, incontro lo sguardo del ragazzo di fronte a me, ne rimango ipnotizzata. Cavoli proprio a casa di Kennisor mi sarei dovuta trovare.
"Tranquilla, questa è una stanza per gli ospiti, penso che tu sia svenuta a causa dell'alcol" Mi dice con una nota di preoccupazione nella voce. Mi invita a sedermi, esitante faccio come mi dice.
"Verso le 5 le persone hanno iniziato ad avviarsi verso casa, ho scomberato anche le stanze dei piani superiori dai soliti incivili che scopano nelle case altrui"
Un piccolo sorriso si fa largo sul mio viso, come se lui non l'avesse mai fatto. Certo, certo.
"Sono salito anche qui, ti ho vista e mi è sembrato inutile svegliarti, viste le condizioni in cui eri, inoltre abiti ad un passo da casa mia" finisce il suo discorso di spiegazione.
Mi sento a disagio di fronte questo ragazzo che sembra diverso dal tipo strafottente che viene descritto a scuola. Mi sembra persino dolce, ha un atteggiamento diverso da quando è con i suoi amici, meno sbruffone, meno impostato. Non per questo non mi sento a disagio. Mi accorgo infatti di indossare ancora gli abiti della festa, arrossisco all'istante. Mark se ne accorge, infatti nasconde un sorrisetto divertito, tenendo lo sguardo sulla mia figura più del previsto. Indossa una maglietta nera con dei jeans scuri, i capelli scopigliati. Cavoli, perché proprio qui penso imbarazzata alla bella visione di questo dio greco.
Ripenso immediatamente alla condizioni in cui deve essere il mio viso e i miei capelli, mi assale il panico.
Mark seduto di fronte a me mi scruta il viso per un pò "Come ti senti?"
Il mio cuore stranamente sussulta.
"A disagio. Non volevo causarti dei problemi. Mi sento fuori posto in questo momento. Scusami ancora" gli rivelò. Mi sento stranita dalla mia stessa rivelazione, dall'altro mi sento sollevata. Essere sincera è la cosa che più mi caratterizza, però non sono sicura che questo mio lato mi porti dei vantaggi di fronte questo ragazzo.
"Guardala così: hai reso questa giornata meno noiosa delle altre" mi sorride, mentre si alza e mi indica una pila di quelli che sembrano abiti sopra un mobiletto di legno.
"Puoi farti una doccia e mettere questi vestiti, sono di mia madre, penso ti vadano" mi rivolge uno sguardo dolce, forse gli facevo pena. Incantata dai suoi occhi l'unica parola che mi esci é un flebile "grazie"
Si sente la porta sbattere, mentre la figura di Mark sparisce dietro di essa.

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Mi guardo più del dovuto nello specchio del bagno. Indossavo una camicetta bianca semplice e un paio di pantaloni neri aderenti, si trattava di un completo da lavoro. Chissà di cosa si occupava la madre penso. Dagli abiti proveniva un dolce profumo di lavanda. Mi accorgo, ammaccandomi i capelli biondi con le mani, della trasparenza inaspettata della camicetta, d'altronde indossavo un reggiseno nero, cosa mi sarei dovuta mai aspettare.
Ero riuscita a ripulirmi di tutto il trucco della sera prima, trovando con mia fortuna in quel bagno delle salviette struccanti. Decido di staccarmi dallo specchi e scendere velocemente le scale che portavano al piano di sotto. Mi stavo già intrattenendo troppo tempo in quella casa, la testa continuava a pulsare costantemente e l'unica cosa che desideravo era ritornarmene a casa e buttarmi nel MIO letto, mettendo fine a quella situazione imbarazzante: avevo dormito a casa di uno sconosciuto, neanche uno qualunque d'altronde.
Appena mi ritrovo giù non credo ai miei occhi: la sala da ballo di ieri, piena di ragazzi drogati e alcolizzati si era trasformato in un meraviglioso salotto che profumava di lavanda. Ma tutto profumava di lavanda in questa casa?
"Ci hai messo tempo a prepararti?" sento una voce provenire dal lato sinistro. Mark é appoggiato allo stipite della porta di quella che ieri era la cucina e mi guarda con uno sguardo divertito.
Non mi trattengo dalla curiosità e gli chiedo "Come hai fatto a sistemare tutto in così poco tempo?"
Lo vedo avvicinarsi a me e quasi ho l'istinto di indietreggiare, i suoi occhi fissi nei miei "Semplicemente ho chiamato la ditta delle pulizie" dice fermandosi ad un passo da me.
Ingoio insistentemente per la troppa vicinanza. Ma cosa mi prendeva, perché ero così agitata.
"I tuoi lo sanno che dai queste feste?"
Un altro sorrisetto si fa largo sul suo viso "I tuoi lo sanno che stanotte stavi per finire in coma etilico?"
Mi maledico per aver parlato. Arrossisco ma non stacco gli occhi dai suoi "Capito" mi limito a dire.
Questo suo modo di fare mi aveva dato un pò sui nervi.
Senza che me ne accorga mi sento prendere il braccio " hey, mi vuoi rapire?" Gli chiedo sdrammatizzando mentre mi trascina in cucina.
"Per chi mi hai preso" mi dice lui mentre mi fa segno di sedermi su una sedia.
Proprio come il salotto la cucina era in perfetto ordine. La massa di bottiglie di alcol era ormai scomparsa dal bancone, per terra non c'erano più bicchieri sparsi, e l'odore di vomito e droga aveva lasciato spazio a quello della lavanda.
"Tutto profuma di lavanda in questa casa" dico quasi senza accorgermene.
"È l'odore preferito di mia madre" mi risponde Mark. Vedo il suo viso al pronuniciare quel nome accendersi di emozioni positive. Doveva davvero provare un grande affetto per la madre.
Inaspettatamente mi porge una tazza di quello che sembra caffè e latte, affiancata da un piattino di pancake.
"Non dovevi, già hai fatto molto" mi ritrovo a dire sorpresa.
Lui si siede di fronte a me riempindosi un bicchiere con del latte "Sei pur sempre la mia vicina, penso che dovremmo andare daccordo"
Inizio a ridere. Se davvero la pensava così perché non mi aveva salutato il primo giorno di scuola?
"Ahh, per questo. Capisco, capisco" dico divertita, mentre mi decido a mangiare il pancake.
Vedo i suoi occhi scrutarmi il viso più del previsto, poi abbassarsi su un punto in particolare.
La camicetta è trasparente, penso subito arrossendo.
Poso il bicchiere di latte sul tavolo provocando un piccolo ticchettio, e lui risvegliato da pensieri non del tutto angelici mi guarda sorridendo
"Anche perché mi stai simpatica dai"
"Sto simpatica a tutti" gli dico, facendogli occhiolino. Mi stavo iniziando a sciogliere, non era del tutto male questo ragazzo, se conosciuto al di fuori di quelle che erano le mura scolastiche e le voci che giravano su di lui.
"Modesta la ragazza" dice più che infastidito divertito.
"Se sto antipatica a qualcuno, quello che ha problemi è lui non io, perché sono un angioletto" gli dico facendo il segno dell'aureola sulla mia testa.
"Angioletto, come ti senti dopo la sbornia di ieri?" Mi chiede lui ridendo.
"Beccata" dico piú divertita che offesa.
"Non pensavo fossi così.." Mi dice prima di bloccarsi.
Lo guardo soddisfata "Simpatica dici?"
Lui annuisce pensieroso.
"Dai allora non hai problemi, sei normale" gli dico ridendo di gusto.
"Ma sei seria?" Mi chiede quasi offeso nell'orgoglio, con un faccino che sembrava quello di un bambino.
Gli faccio no con la testa "No, onestamente penso che un pò di problemi tu ce li abbia"
Lo vedo alzarsi dal tavolo, prendere qualcosa da una mensola della cucina e avvicinarsi a me.
Mi alzo di scatto quando vedo quello che ha in mano.
"Non mi vorrai buttare quella farina addosso?" Gli dico seria.
"Hai detto che ho problemi" mi dice sfidandomi con lo sguardo.
"Infatti ce li hai, se me la lanci" provo a fargli cambiare idea. Avevo ancora i mal di testa della sbornia, inoltre quello che avevo addosso erano i vestiti di sua madre.
Metto le mani in alto in segno di resa.
"Pensavo sarebbe stato più difficile, invece vedo che ti arrendi presto angioletto"
Mi avvicino a lui lentamente, Mark mi fissa con un sorrisetto compiaciuto.
Vedo il suo sguardo al mio avvicinarsi abbassarsi sulla mia camicetta.
Gioco sporco, lo so bene.
Proprio nel momento in cui crede di aver vinto, gli prendo il pacco aperto di farina che ha tra le mani e scappo in salotto.
Non pensavo che questa mattinata avrebbe preso questa piega, che mi sarei ritrovata a giocare con Kennisor come due bambini.
Mi ritrovo dietro il divano del salotto, come se lui avesse potuto proteggermi da Mark, che aveva un aria agguerrita "Non hai capito che io vinco sempre" dice mentre si avvicina a me, cercando di prendere il pacco che ho in mano.
"Tesò non hai capito che con me non vinci" gli dico sfidando la sua troppa sicurezza.
Riesce con una veloce mossa del braccio a prendere il pacco di farina, fortunatamente non me lo versa addosso, ma lo posa su un tavolino di legno.
Adesso la sua preda sono io.
Si avvicina un pò troppo a me.
L'aria nella stanza da giocosa diventa pesante. La sua mano arriva a sfiorarmi il viso, i suoi occhi nei miei "sei proprio carina" mi sussurra.
Arrossisco di botto. Sento il calore delle sue mani sul viso.
Lo guardo meglio: i contorni del suo volto erano perfetti, il suo naso era perfetto, i muscoli che si intravedevano sotto la sua maglia erano spettacolari. Era sicuramente un bell ragazzo, ma penso che quello che attirava tutte le ragazze era il suo modo di essere: così sicuro, pieno di se e particolare a modo suo.
Vedo i suoi occhi posare lo sguardo sulle mie labbra e avvicinarsi.
Chiudo gli occhi per un secondo e rifletto.
Prima che la sua bocca potesse arrivare alla mia, mi protendo verso di lui e gli do un bacio dolce sulla guancia. Lui rimane immobile, sorpreso dal mio gesto.
"Grazie per l'aiuto di stamattina, ma non l'avrai vinta con me."
Lo supero e esco velocemente da quella casa, senza neanche voltarmi per vedere la sua espressione.
Appena mi ritrovo fuori all'aria aperta, ritorno a respirare normalmente, dopo aver trattenuto il fiato per un bel pò.
1-0 per me Mark Kennisor penso sorridendo, mentre mi avvio verso il vialetto di casa.

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