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Quattro anni dopo 

“STIIIIIILES TI DAI UNA MOSSA? FREDDIE NON FA ALTRO CHE SALTARE SUL SEGGIOLINO.”

L’urlo arriva direttamente dalla finestra lasciata aperta e che da sulla strada. Stiles si affaccia appena. “Finisco di preparare la merenda e arrivo, Jack” urla di rimando.

“NON PUOI PRENDERE QUALCOSA PER STRADA? SONO IN RITARDO!” 

Stiles alza gli occhi al cielo perché Jack è davvero insopportabile quando fa così: dice sempre di essere in ritardo quando, invece, manca più di mezz’ora all’inizio della causa. “Eccomi” dice Stiles con il fiatone, entrando in macchina. “Amore di papà, smettila di saltare e agitarlo” continua voltandosi a guardare il bimbo che gli sorride. “Tolo se hai fatto pane, mammellata e bullo.”

Stiles ridacchia. “Cosa sono queste minacce?”

“Ma mi piace” ribatte il bambino gonfiando le guance in un broncio.

Stiles allunga il braccio all’indietro e gli scompiglia a capelli. “Certo che te l’ho preparato, ometto. E ora andiamo o il brontolone qui affianco ricomincerà ad urlare” conclude mettendo in moto l’auto.

Arrivano davanti al tribunale dieci minuti dopo e Jack scende baciando prima Stiles e poi Freddie. “Ci vediamo stasera se mi aspetti.”

Stiles storce appena il naso. “Domani comincio presto. È possibile che stia già dormendo al tuo ritorno.”

“Riesci a portarlo tu all’asilo?”

“Si, faccio in tempo” lo rassicura prima che Jack chiuda la portiera. “Dove vuoi andare?” domanda al bambino guardandolo attraverso lo specchietto retrovisore. “PACCO” urla alzando le braccia. 

“E parco sia” acconsente avviando la macchina.

Quando aveva deciso di trasferirsi a New York, quasi un anno prima, sia Scott che suo padre si erano opposti con tutte le loro forze. Non volevano lasciarlo andare in una città così grande, da solo, con un bimbo piccolo. Ma a Stiles Beacon Hills era sempre stata stretta, specialmente negli ultimi tempi. L’arrivo di Freddie, poco più di tre anni prima, era stato del tutto inaspettato e aveva letteralmente sconvolto la sua vita. In meglio direbbe ora. Non la pensava così allora. Così come l’offerta di lavoro in quell’importante azienda informatica che gli aveva garantito orari elastici è un buon stipendio, oltre all’occasione di fare qualcosa che gli piaceva davvero. Così aveva fatto i bagagli ed era partito. Aveva conosciuto Jack due giorni dopo il suo arrivo e, da quel giorno, non se n’era più andato. I primi tempi era stata davvero dura, ora crede di essere piuttosto felice mentre è seduto su di una panchina mentre Freddie gioca proprio davanti a l-  “FREDDIE” urla accorgendosi che il bambino non è più sullo scivolo davanti a lui. Si muove velocemente chiamandolo e cercandolo tra gli altri bambini che, a quell’ora, affollano il parco. Il panico sta prendendo il sopravvento quando un pianto conosciuto attira la sua attenzione e si lancia alla sua destra. Dietro ad un cespuglio Freddie è seduto per terra mentre un ragazzo, che in questo momento gli sta dando le spalle, gli guarda il ginocchio da cui esce un po’ di sangue. “Amore, ti sei fatto male?” domanda preoccupato.

Il fiato gli si sblocca in gola quando la persona si volta verso di lui. “De-Derek?” chiede con un filo di voce.

Derek non risponde, rivolgendo ancora la sua attenzione al bambino. “Non e niente, passa subito” gli dice avvolgendo un fazzoletto attorno alla ferita e legandogliela stretta al ginocchio. 

Freddie si asciuga una lacrima. “Grazie.”

“Freddie vieni qui” ordina Stiles con la voce tremante.

Il bambino deve aver capito che c’è qualcosa che non va perché si avvicina immediatamente a Stiles, aggrappandosi ai suoi pantaloni, anche se il suo sguardo è sempre rivolto a Derek. “Posso tornare a giocare?”

“Sì, vai. Ma non allontanarti” gli concede. Aspetta che Freddie sia abbastanza lontano prima di riprendere a parlare. “Cosa cazzo ci fai tu qui?”

“Ci vivo?” risponde ovvio. 

“E cosa cazzo ci facevi vicino a mio figlio?”

“Secondo te sapevo che era tuo figlio? Ho solo sentito un bimbo piangere e odore del… odore di sangue. Ha un odore stran-”

“NO” urla Stiles.

“È un mannaro, vero? Cristo, Stiles, stai crescendo un mannaro? Come diavolo fai ad avere un figlio mannaro?”

“Tu non sei un cazzo e non devi sapere nulla! Tu hai scelto lei, l’hai sposata, te ne sei andato dopo essere venuto a letto con me sapendo che ti amavo e pretendi pure che ti dia spiegazioni?” urla.

“Ehi, era solo una doman-“ cerca di ribattere Derek, ma viene interrotto.

“Papà” trilla Freddie, correndo incontro a Stiles. “Non rabbiarti con lui, è stata colpa mia” dice pensando, probabilmente, che stia urlando contro Derek per averlo aiutato.

“Tesoro non sono arrabbiato perché ti ha aiutato” spiega.

Il bambino lo guarda e poi si gira verso Derek, annusando l’aria. “Non urlare, lo hai fatto diventae tiste.”

“Scusa, amore, ma non-non puoi capire quello che stavamo dicendo.”

“Non mi piace quando ti rabbi e diventi cattivo.”

“Hai ragione, scusa” dica alzando le braccia in segno di resa.

Freddie si gira verso Derek e gli si avvicina. “Vuoi un gelato? Papà me lo pende sempe se sono tiste.”

Derek si abbassa sulle ginocchia, per essere alla sua altezza. “Grazie, ometto, ma non voglio nessun gelato. E il tuo papà ha ragione ad essere un po' arrabbiato con me.”

“Pechè?” chiede curioso.

“Perché ho fatto una cosa brutta.”

Freddie annuisce indicando che ha capito prima di allungare la mano e appoggiarla sulla guancia coperta di barba dell’uomo. La sfrega un po’, come se lo stesse accarezzando e Derek lo lascia fare, chiudendo gli occhi, facendo stringere un po' lo stomaco a Stiles. Quando la ritira, Freddie la porta al naso e l’arriccia. “Cosa c’è?” gli chiede Stiles con il fiato in gola.

“Papà, è stano.”

“Puzza?” domanda ancora, conoscendo quel gesto del figlio. Accarezza sempre le guance delle persone per riconoscerne gli odori, non essendo ancora troppo bravo a distanza. 

Il bambino ridacchia. “Ma nooooo. Ma non pociuma nemmeno.”

“Magari hai il nasino rotto” dice lasciandogli un piccolo buffetto sul naso.

“Nooooo, il mio pociumo lo sento, ma solo quello” ribatte annusandosi ancora la mano, con le sopracciglia corrucciate.

Stiles lo prende per un braccio e lo trascina lontano da Derek. “Andiamo a casa, subito!”

“Stiles…”

“No, Derek, no. Lasciaci in pace e non fare domande” lo interrompe dirigendosi verso l’uscita senza voltarsi.

In macchina resta in silenzio fino a quando non sente un piccolo singhiozzo arrivare dal sedile posteriore. Stiles accosta e si gira verso di lui. “Amore, cosa succede?”

“Sei rabbiato con me.”

“Ma no, non lo sono.”

“Sei rabbiato con De’ek?”

Stiles vorrebbe mentirgli ma Freddie sa riconoscere le emozioni, specialmente le sue. “Derek era un mio amico ma abbiamo litigato.”

“Tu gli voi bene.”

Stiles non risponde perché, no, non era una domanda e sì, il suo cuore ha perso almeno un battito quando lo ha rivisto più bello che mai. Ma è anche arrabbiato, troppo arrabbiato: per averlo lasciato, per non essersi più fatto sentire, per essere ancora così bello e per essere inciampato in suo figlio, loro figlio, proprio ora che credeva di essere riuscito a riprendere in mano la sua vita.

Become againDove le storie prendono vita. Scoprilo ora