Siege

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"Il diavolo sorella? Non ero a conoscenza di questa tua improvvisa e inaspettata nomina; dimmi Estereth da quando il nostro signore ti ha concesso il privilegio di essere un demone superiore, di essere come nostro padre?" - Zakareth affinò lo sguardo sulla donna dalla chioma di cobalto e contrasse la sua espressione rilassata in un ghigno, ottenendo il semplice inarcamento di un sopracciglio da parte di lei. "Tieni a freno la lingua fratello, se non vuoi che debba tagliartela di nuovo, non credere che la nostra posizione mi impedisca di far tornare la tua essenza nelle nostre terre e lì lasciarla a marcire, Xhonox a chi ha lasciato il suo trono d'ombra? Mentre il suo corpo si dissolveva non ho percepito alcuna parola che facesse riferimento a Zakareth, il demone che ha versato più liquori che anime" - il demone dalla carnagione scarlatta sbuffò con lieve disappunto per le parole non propriamente lusinghiere, soffocando nei meandri della sua mente una risposta che avrebbe di certo esasperato gli animi non propriamente distesi. Facendo passare in secondo piano il breve diverbio con Estereth si alzò dal soffice sedile imbottito, tirò leggermente il cappotto marrone cercando di sistemarlo per bene sulle spalle; con un gesto rapido spalancò il palmo della mano materializzando su di essa uno specchio rettangolare, incastonato in una cornice d'ossidiana dai bordi frastagliati. Lo specchio fluttuò a mezz'aria, venendo seguito dallo sguardo della piccola Lucretia, andando a collocarsi di fronte al volto del suo evocatore, il demone passò una mano fra i capelli ancora umidi per la pioggia sistemandoli come meglio poteva per poi spalancare la bocca: un antro irto di denti aguzzi e giallognoli, seguiti da una lingua appuntita e violacea come quella di una serpe. Senza indugiare oltre raschiò con l'unghia dell'indice un pezzo di cibo rimasto incastrato tra quelle zanne - "Sarebbe deplorevole presentarsi dinanzi a tutta quella gente lì senza un aspetto dignitoso, siamo vicini alla fine del mondo ma preferirei cadere con un aspetto rispettabile" - la risposta sarcastica di sua sorella non tardò ad arrivare - "Non avresti un aspetto rispettabile nemmeno indossando le vesti Adramalech [1] stesso, perciò evita di farmi perdere ulteriore tempo..." - lui fece spallucce volgendo lo sguardo sulla piccola vampira, la quale scattò subito in piedi sul sedile, desiderosa di novità. "Sorella non è nelle mie intenzioni far perdere tempo a te e a me stesso, sono o non sono il generale della guardia magica imperiale... la vittoria di questa... chiamiamola battaglia dipenderà anche da me." - disse con tono inaspettatamente serio - "La situazione nella sala è migliorata o continuano a non delineare un quadro sul da farsi? Non c'è molto tempo per organizzare una difesa, almeno non credo che quelli in Serbia possano tenere più di quanto ci si aspetti." - Estereth rispose al fratello con un cenno del capo battendo poi due volte il piede sulla piattaforma in legno della carrozza. Il sedile sul quale era ancora comodamente adagiata vibrò leggermente prima di indietreggiare varcando la soglia di una sala, prima celata alla vista dei passeggeri. "Magia!" esclamò Lucretia osservando l'evento, il mezzo su cui stava viaggiando possedeva l'incredibile capacità di essere più vasto all'interno che all'esterno, con addirittura una sala come quelle che si vedevano nelle grandi capitali del continente. Per quanto fosse abituata a vivere in stretto contatto con il mondo del sovrannaturale, essendo ella stessa una creatura non umana, ma mai aveva ammirato nulla del genere. Zakareth la scrutò pe qualche istante - "Hai frignato fino ad ora per tua madre, perché non corri da lei? Almeno mi libererai dall'obbligo di starti dietro vampira" - lei lo ignorò completamente dirigendosi di corsa all'interno del grande salone salone.

"... perciò stando alle conclusioni giunte in questa assemblea non vedo altre possibilità all'infuori di adoperarla, non vedo altre alternative per contenere i danni che quella cosa causerà non appena le sue mire giungeranno nella vostra capitale. La lotta su due fronti porterebbe esclusivamente alla disfatta della nostra alleanza e poi alla caduta di questo continente così come lo conosciamo. Abbiamo superato la minacciosa vena sovversiva che investì queste terre, abbiamo respinto l'autoproclamatosi imperatore e ora anche un dio apprenderà una dura lezione. Nulla può sfuggire al potere della lancia capace di epurare ogni cosa, resa invincibile dal sangue angelico, questo sedicente dio del caos si prostrerà a noi. Dopo la sua caduta penseremo nel dare supporto agli alleati prussiani, Jena è un duro colpo per tutti noi." - tuonò lo Zar Alessandro I rivolgendosi agli alleati, disseminati lungo l'ampio tavolo circolare; la sala era vasta e di forma vagamente tondeggiante, era impossibile scrutare il limite in altezza in quanto il soffitto si celava in una sorta di foschia, nella quale scomparivano anche le due grandi scale che dal fondo della sala si diramavano. Le pareti erano totalmente decorate da un gigantesco affresco che avvolgeva l'intera sala, ma l'opera non era statica e inanimata bensì viva, le figure al suo interno si muovevano e lottavano proprio come nella battaglia che rappresentavano. La miriade di candelabri da muro in oro massiccio, dotati ognuno di un cristallo dorato irradiavano l'intera area, donando una sensazione piacevole e accogliente andando in netto contrasto con la palpabile tensione del momento. Al centro vi era il grande tavole, Lucretia scorgendo oltre la "muraglia" di guardie attorno riconobbe alcuni volti familiari: suo zio, l'imperatore, sedeva attorniato dai suoi ministri e stregoni oltre che a suo padre, collocato sulla destra dell'imperatore con al seguito i suoi uomini migliori; in aggiunta a loro avevano preso posto, sotto forma di proiezione magica incorporea, altre note figure del panorama europeo: il re di Prussia Federico Guglielmo III era posto dirimpetto al sovrano austriaco, ma supportato da un seguito più modesto limitato all'anziano mago Hans-Joachim Isfried, sempre impeccabile e pomposo nel vestiario, e a un suo accolito tale Hellmut Ausgesetzt, colosso privo di un occhio, dai capelli lunghi e bianchi e dal sorriso aguzzo. Ai lati avevano preso posto la delegazione imperiale russa, che faceva riferimento allo Zar, a una parte dei suoi ministri e a un trio di stregoni, e quella inglese rappresentata dal primo ministro, il Barone Grenville, e dai relativi maghi; nel frattempo sia Zakareth che Estereth si erano uniti alla seduta, prendendo posto nello schieramento austriaco.

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